Educazione

Educazione come dispositivo di consapevolezza

Che ruolo giocano le arti a scuola nella comprensione delle disparità? Individuare stereotipi di genere, classe e razza per rendere visibile l’invisibile

È fondamentale presentare modelli a cui anche le (future) donne possano ispirarsi, ritagliandosi una parte attiva nello studio dell’arte
(ti-press)

Seguendo alcune linee teoriche che interessano l’art education internazionale – pedagogia critica, studi culturali, femminismi e studi postcoloniali – le pari opportunità si introducono nel lavoro didattico mediante la decostruzione del sapere egemonico, e attraverso l’integrazione di apporti marginalizzati o delegittimati. Si tratta cioè di illuminare le zone d’ombra, come proponeva il filosofo tedesco Walter Benjamin, riconoscendo che il cosa insegnare e con quale modalità didattico-pedagogica implica automaticamente escludere altri contenuti e modi d’insegnare.

La donna relegata a ruolo di musa ispiratrice

Per fare un esempio pratico, pensiamo alla scelta di orientare le discipline artistiche su aspetti tecnico-esecutivi a discapito di contenuti teoretici, come quelli legati alla storia dell’arte o alla didattica museale. Quando l’insegnamento della storia dell’arte è proposto, il suo curricolo già marginale viene prevalentemente dedicato ad autori maschili e occidentali. I contributi femminili restano invisibili e normalizzano la concezione, spesso inconscia, che gli artisti “bravi e importanti” con poche eccezioni siano stati, e siano tuttora, uomini (bianchi e occidentali). Anche per un/una docente specialista è arduo, in contesti specifici, proporre referenze non egemoniche in quanto questo processo di invisibilizzazione avviene anche a livello accademico.

La costruzione del sapere dunque non è neutra, né tanto meno paritaria: fino al secolo scorso, le possibilità di accesso alle accademie di belle arti erano ostacolate alle donne, i loro contributi invisibilizzati o appropriati dai colleghi uomini; quando ricordata, la donna era perlopiù relegata al ruolo di “musa ispiratrice” dell’artista uomo. Spesso oggetto del quadro e meno spesso autrice, la donna è frequentemente dipinta in pose di fragilità, arrendevolezza e valorizzata per la bellezza fisica. Accade dunque che senza volere queste preconcezioni siano implicitamente rafforzate anche nell’insegnamento.

Decostruire i codici culturali dominanti

Proporre in maniera equilibrata referenze maschili e femminili nelle discipline artistiche, ma non solo, permette alle bambine di rafforzare il proprio senso di autoefficacia, disponendo di modelli con i quali potersi identificare. Sentirsi rappresentate solo come oggetto e mai come soggetto-competente e capace di presentare la propria visione del mondo, infatti, non incoraggia le bambine, future ragazze, ad abbracciare lo studio delle materie artistiche. Fortunatamente, la sensibilità e l’attenzione su questi aspetti stanno crescendo molto in ambito scolastico, non altrettanto però si riconosce il fatto che le discipline artistiche siano un terreno particolarmente fertile per promuovere la discussione sulle tematiche legate al genere, proprio a partire dall’analisi iconografica del passato e del presente, confrontando i rispettivi immaginari e contesti storico-sociali.

Nel sistema-scuola, così come nella mentalità comune, alle arti è purtroppo conferito quello che possiamo definire un ruolo subalterno. Eppure, facendo di necessità virtù, tale subalternità può creare le condizioni per favorire il pensiero critico, per esempio puntando i riflettori sull’invisibilizzazione e consentire una visione più complessa del sistema-mondo; dato che le arti visive prospettano spazi di riflessione ed espressione che travalicano le parole, aprono a possibilità di comprensione e di ridefinizione della realtà. Nella scuola pubblica, luogo di incontro tra vissuti con estrazioni socioeconomiche differenti, è fondamentale evitare che si rispecchino o si perpetuino i codici culturali dominanti. Le arti visive costituiscono un campo ideale in cui sfidare questi schemi.

Un mezzo contro gerarchie e disparità

Secondo il sociologo francese Pierre Bourdieu, il gusto e le preferenze culturali, anziché essere innati, sono modellati da strutture sociali che producono e perpetuano le gerarchie: una sorta di disparità naturalizzata che si traduce in una forma invisibile di violenza simbolica. E poiché tale disparità riguarda anche l’accesso alle arti e alla cultura, proprio l’educazione alle arti visive può contribuire a contrastarla, con un’esperienza estetica che coinvolga percezione, intuizione e riflessione. Come evidenziato dal filosofo John Dewey, l’educazione artistica può contrastare la marginalizzazione dell’esperienza estetica, mettendo al centro della sua agenda il pensiero creativo e critico, piuttosto che la mera riproduzione di modelli precostituiti.

Ecco perché nel contesto scolastico non si propongono solo attività espressive o s’introducono le classi alle tecniche, ma si stimolano la percezione e l’interpretazione, anche promuovendo la conoscenza degli apporti femminili ai saperi artistici. La Scuola ticinese si è impegnata attivamente in questo senso, dandosi un Piano di Studio all’altezza e sensibilizzando il corpo insegnante. I programmi di educazione visiva e alle arti plastiche diventano così dispositivi di consapevolezza: allieve e allievi imparano a decodificare la realtà che ci circonda, a mettere in discussione le categorie imposte, le verità messe in ombra e a riflettere sulle loro esperienze e i contesti di vita. Il pedagogo brasiliano Paulo Freire parlava di educazione come pratica della libertà: l’educazione alle arti visive, attraverso percorsi inclusivi e pregnanti, permette di sviluppare “agentività”, cioè la capacità di agire intenzionalmente nel contesto sociale in cui si vive per produrre un cambiamento.

Riteniamo proprio dell’educazione alle arti il potenziale di rompere il circolo vizioso che perpetua la gerarchia culturale e sociale, consolidando il vantaggio di chi già parte da una posizione privilegiata. Pensiamo che presentare gli apporti femminili ai saperi artistici permetta un accesso alla conoscenza più paritario. In conclusione, implementando un approccio democratico e inclusivo, l’arte a scuola diventa un’opportunità per superare la riproduzione delle disuguaglianze, offrendo strumenti per decodificare la realtà e costruire nuove prospettive sulla propria identità, sulla cultura e sulla società.

In collaborazione con il Dipartimento formazione e apprendimento/Alta Scuola Pedagogica