Non ricordo esattamente quando iniziò a perdere i capelli, ma so che fu allora che smisi di cercare i quadrifogli
La zia sorride sempre, anche quando va tutto a rotoli.
Quando ero piccola mi prendeva in braccio e mi faceva girare, e il giorno del suo matrimonio portai le fedi. Era bella, vestita di bianco, scarpe comode perché eravamo sulla spiaggia. Il sole la baciava, sua moglie la guardava innamorata ed io osservavo come fossero sorridenti nei loro abiti candidi. Quella sera trovai un quadrifoglio e desiderai che tutto restasse così per sempre.
Non ricordo esattamente quando iniziò a perdere i capelli, ma so che fu allora che smisi di cercare i quadrifogli. Nessuno si premurò mai di dirmi cosa stesse succedendo. Fu papà a dirmi qualcosa ad un certo punto. “Perché la mamma non c’è?”. Gli uomini sono pragmatici, poco emotivi. “La tita non sta bene. Mamma voleva stare con lei”. Mi sentii un po’ adulta, perché qualcuno me l’aveva detto, e un po’ bambina, perché l’avevo chiesto. Comunque mi feci andare bene quella spiegazione e non chiesi più nulla. Ai tempi ero piccola, (ma mia cugina lo era più di me), ed odiavo i quadrifogli. A Natale comprammo a zia un cappello, e sua suocera le prese una parrucca.
Quando la sentivo ridere mi chiedevo perché. Avevo smesso di credere nelle favole, nella bontà. Lei stava male, non sapevo esattamente perché ma stava male. Eppure cantava, ballava, a volte addirittura lavorava. Ci fu un giorno in cui parlai con mamma. Il mio intento era quello di dimostrarle che io vedevo, sentivo e capivo, ma lo sapeva già. Mi rivelò che a volte piangeva, che nemmeno lei sapeva perché la vita era stata cattiva. Quel discorso fu il primo confronto che ebbi con lei riguardo qualcosa di importante. Ci facemmo una moltitudine di domande. Perché proprio a lei? Zia aiuta le persone disabili, gli stranieri, ha un asilo nido. Non c’è nemmeno un briciolo di cattiveria in lei. Arrivammo alla conclusione che era l’unica persona abbastanza forte per sostenere la cosa, e la vita non avrebbe potuto essere cattiva con qualcuno di debole o, peggio ancora, di cattivo a sua volta. La cattiveria è l’arma degli infelici, e contro la zia non funzionava. Trovai in quel discorso una sorta di conforto, ed imparai l’importanza dell’assenso, della speranza, della bontà e del confronto.
I miei ricordi su quel che successe dopo sono confusi. So che mi ci volle un po’ per capire che ciò di cui avevo parlato con mamma, in quel discorso che ci aveva forse aiutate entrambe, zia l’aveva sempre saputo. A lei non l’ho mai chiesto, ma credo non si sia mai interrogata troppo sul perché le stesse capitando. O forse l’aveva fatto, ma aveva trovato una sorta di pace, come se non fosse importante capire perché ma solo essere gentile e buona come sempre, perché la cattiveria è l’arma degli infelici e lei non voleva esserlo. E ce la fece, ad essere felice.
Ad oggi io credo nei quadrifogli, e la zia ha i capelli poco sopra la spalla. Ovviamente continua a sorridere sempre, anche quando va tutto a rotoli. Forse sorride perché sta bene, forse sta bene perché sorride.