Mondiale Endurance e Mondiale di Formula 1: due realtà agli antipodi. Una al settimo cielo dopo il nuovo trionfo a Le Mans, l’altra in declino
In ambito di motorsport, il mondo della Ferrari assomiglia sempre più alla luna. Esiste un lato chiaro, abbagliante nella sua luccicanza, che appartiene alla categoria della Endurance, dove nel campionato principe dei prototipi – il Wec riservato alle hypercar – negli scorsi giorni è arrivata la terza vittoria consecutiva alla 24 Ore di Le Mans; e il lato oscuro, legato alla Formula Uno e un declino malinconico che sembra non avere mai fine, figlio di management deficitari, guerriglie interne e narrazione il più delle volte compiacente e scollegata dalla realtà. Due lati della stessa medaglia riguardante il team più iconico della storia, il più tifato e amato, eppure mai come oggi distante, nelle sue citate ramificazioni, a livello di risultati. Si tratta di due ambienti non pienamente ‘sovrapponibili’, per ovvie ragioni, ma la differenza di risultati appare oggi talmente stridente, soprattutto per le modalità con le quali sono maturati, da rendere impossibile non metterli a confronto.
L’unico campionato del mondo da sempre sfuggito alla Ferrari in tutta la sua storia è quello dei piloti Wec. La spiegazione è semplice: negli anni dei titoli Ferrari, ovvero dal 1953 al 1972 per un totale di 13 allori, venivano premiate solo le marche e non anche i conduttori. Questi avrebbero dovuto attendere fino al 1981 per ottenere il proprio trofeo, ma all’epoca la Rossa aveva già salutato da cinque anni la categoria Endurance, per farvi ritorno con una nuova macchina, la 499P, solo nel 2023. Un progetto partito da zero che subito al primo anno ha trionfato nella gara del centenario di Le Mans, ripetendosi poi alla Sarthe anche la stagione successiva. Quest’anno la tripletta, già esaltante di per sé, è stata impreziosita anche dalle premesse con le quali Ferrari si è presentata all’appuntamento, ovvero da leader del Mondiale Wec, grazie ad altre due triplette, una orizzontale e una verticale. Quella orizzontale è arrivata in Qatar, nella gara d’esordio del 2025, con l’intero podio occupato dalle tre 499P, le prime due di colore rosso composte dagli ormai tradizionali equipaggi Antonio Fuoco-Miguel Molina-Nicklas Nielsen (vettura #50) e Antonio Giovinazzi-Alessandro Pier Guidi-James Calado (vettura #51), e la terza gialla (con Philip Hanson-Robert Kubica-Ye Yifei, vettura #83) in quanto teoricamente frutto del team cliente privato Af Corse di Piacenza, ma di fatto una Ferrari a tutti gli effetti. Un dominio che ha ricordato il 25 giugno 1972 a Zeltweg, quando sull’Osterreichring la scuderia di Maranello portò addirittura quattro vetture nelle prime quattro posizioni, con la quinta staccata di ben 16 giri dalla vincente, guidata da Brian Redman e Jacky Ickx. L’hat trick verticale si è invece concretizzato nelle gare successive, a Imola e Spa-Francorchamps, entrambe vinte dalle Rosse. Riguardo alla vittoria in Italia, era dalla 1’000 km di Monza del 1973 che una Ferrari non vinceva sul suolo amico. Le Mans, quarto appuntamento della stagione, ha infine portato sul gradino più alto del podio la #83, l’unica che mancava ancora all’appuntamento con il bottino grosso.
Non solo una Le Mans tornata di proprietà Ferrari, ma due titoli Mondiali sempre più vicini. Da qualsiasi parte la si guardi, il ritorno della Ferrari nel Wec è stato un successo senza mezzi termini, frutto di capacità tecnica e progettuale, ma anche di una grandissima visione di insieme architettata da Antonello Coletta, Global Head Gt ed Endurance Ferrari, che ai tempi della pandemia presentò in video conferenza al presidente John Elkann una relazione tutta costruita attorno all’idea di agganciarsi alla storia e alla tradizione più gloriosa del marchio Ferrari tornando in un contesto che aveva contribuito a costruire e alimentare il mito della casa di Maranello. Aveva un colpo solo da sparare, ha ricordato Coletta, e lo ha fatto puntando sul nuovo regolamento Hypercar nato sulle ceneri della categoria Lmp1, abbattuta dai costi eccessivi. Il suo è stato un capolavoro di equilibrio tra prestazioni sportive e sostenibilità economica, anche se il diretto interessato preferisce attribuire i meriti al sistema creato, e quindi al lavoro collegiale svolto da un gruppo solido, competente e affiatato. Un successo corale ben rappresentato proprio da Le Mans, che in tre anni di successi Ferrari ha visto trionfare tre vetture diverse: la #51 nel 2023, la #50 nel 2024 e la #89 nel 2025. Un’ascesa che ha trascinato con sé tutto il movimento Wec, notevolmente incrementato a livello di pubblico, come evidenziato dallo stesso Coletta: «Quando siamo entrati, tanti altri costruttori ci hanno seguito, e la visibilità del Mondiale Endurance è aumentata del 92%. Quanto a noi Ferrari, da soli rappresentiamo il 72% della visibilità del campionato. Sono dati frutto di indagini, non opinioni. Quando nel 2022 corremmo a Monza c’erano 6mila spettatori. Nel 2023, dopo aver vinto Le Mans, ne arrivarono 47mila».
Si tratta di uno scenario opposto rispetto a quello della Ferrari di F1, alle prese con l’ennesima stagione deludente, frutto di una monoposto che non funziona come dovuto, con tutte le ripercussioni del caso, dalla crescente frustrazione dei piloti – i più incolpevoli della situazione, specialmente Lewis Hamilton, passato in pochi mesi da elemento salvifico a pensionato da rottamare secondo lo schema mediatico, di derivazione calcistica, dove non esistono mezze misure, ma solo geni e cialtroni – alle sempre più evidenti crepe in seno al team. La vigilia del Gran Premo di Montréal si è aperta con le voci sul possibile addio di Charles Leclerc, stanco dello sviluppo di una macchina che non segue l’evidente crescita prestazionale del pilota monegasco, ed è proseguita con il criptico sfogo di Fred Vasseur su una Ferrari dove nel corso degli anni è cambiato tutto – piloti, team principal, tecnici – tranne una sola cosa. Indipendentemente dal bersaglio del francese, emerge chiaramente l’immagine di una squadra lacerata e sfilacciata, dove accanto a team radio al veleno tra piloti e ingegneri di pista e a evidenti deficit di comunicazione si affianca l’ennesima direzione tecnica finita nel tritacarne dopo un nuovo progetto rivelatosi non all’altezza. La macchina non è competitiva ai più alti livelli, e i pochi podi arrivati finora sono stati frutto di un’impresa dei piloti (Leclerc in Arabia Saudita e a Monaco) o di buona sorte (la penalità di Verstappen in Spagna). Nemmeno a livello mediatico la direzione sembra cavarsela bene, con mancate assunzioni di responsabilità, riassumibili nel mantra sul “potenziale da estrarre” che ha sostituito il “dobbiamo capire” di binottiana memoria, mentre altri – Toto Wolff in Mercedes, lo stesso Coletta nel Wec – hanno messo la faccia anche davanti ai media. Proclami non onorati, svolte mai arrivate, la paura che un gruppo di lavoro poco amalgamato (non è un mistero che all’interno della Ferrari esistano varie correnti, quelle tradizionali italiane inglesi e quella francese portata dall’attuale direzione) possa inficiare anche lo sviluppo del progetto 2026, quando entrerà in vigore il nuovo regolamento tecnico. Non aiuta una narrazione, in Italia, spesso esagitata e sopra le righe, capace di coniare soprannomi letali (quel ‘Predestinato’ appiccicato sulle spalle di Leclerc è stato il peggiore servizio possibile fatto al pilota) e incapace di andare oltre le veline, oltre che palesemente contraddittoria. Altrimenti qualcuno dovrebbe prendersi la briga di spiegare perché la brillante Sf-24 arrivata a giocarsi il Costruttori all’ultima gara del 2024 era l’auto di Vasseur mentre la fiacca Sf-25 è quella di Enrico Cardile, l’ingegnere dimessosi lo scorso luglio per andare in Aston Martin.
La Ferrari Wec è modernità e tradizione, e deve tutto il suo successo al suo elemento primigenio: le corse. La Ferrari F1 sfrutta il marchio come un contenitore lifestyle e rimane un successo commerciale e fashion, ma da tempo non più sportivo. È sufficiente confrontare la magniloquente presentazione della Sf-25 al Castello Sforzesco di Milano, dove sembrava davvero la festa celebrativa di un titolo (il Piloti manca dal 2007, il Costruttori dal 2008), con quella del media day della Endurance a Fiorano dove, davanti all’iconica casetta bianca con la zoccolatura decorativa in mattoncini e le imposte rosse, c’era la Ferrari 250 Lm, quella che vinse la 24 Ore di Le Mans nel 1965, l’ultimo successo prima della 499P. Macchina che, oggi, rappresenta la perfetta incarnazione del concetto di sostanza, opposto all’apparenza della sua collega monoposto a ruote scoperte.
Keystone
La Ferrari 250Lm vincitrice nella Sarthe nel 1965