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Storie di stadi, di pallone e cartoline

Il ticinese Stefano Mussio, oltre che affermato fotografo, è collezionista di immagini di campi da calcio, dai più celebri a quelli più periferici

23 aprile 2025
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Chi ha già soffiato su almeno una cinquantina di candeline – ed è cresciuto a pane e pallone – ricorda bene una rubrica che occupava le ultime pagine del mitico Guerin Sportivo dedicata agli oggetti da collezione legati allo sport.

Si chiamava ‘Il Mercatifo’, e consentiva agli appassionati di tutto il mondo di creare una rete per la compravendita o lo scambio di maglie da gioco, sciarpe, almanacchi, gagliardetti, poster, programmi di partite, foto, autoadesivi e altro materiale di vario tipo.

«È stato proprio così che sono diventato un collezionista di cartoline raffiguranti gli stadi da calcio, dopo essere rientrato una volta da Udine, dove mio padre – originario di quella zona, per la precisione di Casarsa della delizia, il paese di Pier Paolo Pasolini – mi aveva portato a vedere un’amichevole fra Italia e Svizzera giocata allo Stadio Friuli che era appena stato inaugurato. Con le persone con cui entravo in contatto, divenne una bella abitudine spedirci cartoline dei campi da gioco delle rispettive città o regioni», racconta Stefano Mussio, classe 1968, locarnese che da qualche anno vive in Val Morobbia. Per moltissimi anni fotografo ufficiale del Locarno film festival e collaboratore di diverse testate anche oltre Gottardo, con le sue immagini sono stati realizzati alcuni libri, e ha esposto le sue opere in Svizzera e all’estero, perfino in India, dove il suo lavoro ha suscitato grande interesse.

Ex calciatore a livello giovanile – Locarno, Valle Maggia e Bellinzona –, poco più che bambino si appassiona appunto alle cartoline postali degli stadi di calcio, concentrandosi in particolare su quelle dedicate agli impianti italiani, ma non disdegnando nemmeno quelle relative alla Svizzera, all’Inghilterra, alla Francia e al Sudamerica.

«Dopo qualche tempo, forse una ventina d’anni fa, feci l’errore di vendere in blocco tutto ciò che avevo raccolto. Poi però, da qualche anno, la passione mi è ritornata e ho ricominciato ad accumulare materiale. Ho ricominciato la collezione con un paio di cartoline dello stadio di Genova, il Ferraris di Marassi. Ora naturalmente, a differenza di quanto avveniva negli anni Ottanta, i collezionisti non comunicano più fra loro tramite riviste e giornali, ma attraverso siti specializzati, ma non disdegnano nemmeno i portali tipo e-Bay o le bancarelle dei classici mercatini delle pulci. In poco tempo, ad ogni modo, ho rimesso insieme una bella quantità di immagini». Parliamo di 3 o 4mila cartoline postali, preferibilmente spedite e timbrate, ma anche intonse. «Pare un numero enorme, ma in realtà è abbastanza esiguo, considerando che io sono in contatto con altri appassionati le cui collezioni sono formate anche da 30 o 40mila pezzi».

Stefano mi mostra una parte del suo tesoro, tre spessi classeur pieni di meravigliose immagini perfettamente catalogate di stadi grandi e piccoli, celeberrimi o mai sentiti nominare, a colori, in bianco e nero o colorate in un secondo tempo, lavorando sulle lastre. Si va dagli enormi impianti in cui giocavano e tuttora giocano i più prestigiosi club del mondo a stadietti di periferia in cui si vedono pascolare mucche o pecore. «Per noi appassionati di pallone, gli stadi sono un po’ l’equivalente delle cattedrali per chi è religioso».

In base a quale criterio decidi se acquistare le tue cartoline? «All’inizio di solito sei portato a volerle comprare tutte, ma poi ognuno cerca di restringere un po’ il campo, decidendo di dedicarsi soltanto a certi temi. A me, ad esempio, interessa moltissimo – oltre all’immagine – vedere a chi erano indirizzate, chi le aveva spedite e cosa c’è scritto o disegnato. E ne ho trovate alcune davvero geniali, particolari. Alcune ad esempio venivano indirizzate al fronte, a figli o fratelli che stavano combattendo la Prima guerra mondiale. Altre invece provenivano dai teatri di combattimento, mandate a casa o agli amici da chi il conflitto lo stava vivendo in prima linea. Posseggo una cartolina indirizzata al Generale Airaldi, che fu degradato e poi radiato per essersi rifiutato di mandare a morte sicura, in un’inutile azione suicida, gli uomini della 23a divisione, nel Basso Isonzo: a spedirgliela fu un suo ex soldato, come ringraziamento per avergli salvato la vita. Altri pezzi della mia collezione sono stati invece indirizzati a famosi calciatori, in certi casi viceversa sono i campioni che le hanno firmate, ad esempio Andrea Pirlo o Geoff Hurst: ne ho anche una con tutti gli autografi della Nazionale italiana spedita in Italia da Vigo, dove gli azzurri giocarono il primo girone del Mondiale del 1982. Fra le più toccanti ci sono quelle destinate a persone chiuse nei penitenziari, oppure imbucate dagli stessi detenuti, tutte ovviamente corredate del timbro dell’Ufficio censura. Segno che, in certe situazioni, il calcio può servire anche da consolazione e conforto. Mi piace anche procurarmi più versioni della stessa immagine, quella originale in bianco e nero e quelle successivamente colorate, oppure a cui sono stati aggiunti dettagli in ‘post produzione’, come ad esempio bandiere sventolanti in curva eccetera».

A volte ritornano

Una passione che può riservare anche sorprese che hanno dell’incredibile: «Più di una volta mi è capitato, magari acquistando diversi pezzi in blocco, di ritrovare cartoline che io stesso avevo spedito ad altri collezionisti in giro per l’Europa oltre quarant’anni fa, materiale che nel frattempo è passato per chissà quante mani, per poi ritornare – come detto – nel medesimo luogo da cui erano state imbucate. Curioso anche l’episodio che mi ha visto entrare in possesso – senza farlo apposta – di due cartoline separate che però sul retro riportavano un unico testo vergato dalla stessa persona, che cominciava sulla prima per poi continuare e terminare sulla seconda».

Perdonami la curiosità, ma quanto si può spendere per impossessarsi dei vari esemplari che vanno a integrare una collezione? «Dipende ovviamente dal valore del pezzo in questione, che dipende chiaramente da quanto risulta raro e antico. Si può andare dai 10 franchi, ai 20, ai 50 per poi salire fino a diverse centinaia o addirittura migliaia di franchi, livelli fuori dalla mia portata. Pensa che una cartolina dello stadio di Lisbona – firmata e spedita dai giocatori del Torino un minuto prima di imbarcarsi sull’aereo poi caduto a Superga – non molto tempo fa è stata venduta per 14mila euro. Molte volte i pezzi vanno all’asta, e allora c’è il rischio che i prezzi raggiungano davvero cifre improponibili. In altri casi, invece, puoi essere molto fortunato, nel senso che magari coloro che vendono non sono così coscienti del valore del materiale che hanno in mano, e così riesci ad accaparrarti autentiche rarità per pochi soldi. Mi è anche capitato di acquistare cartoline a basso costo e poi scoprire solo in seguito di aver messo le mani su roba preziosa, dando un’occhiata alle domande più che alle offerte: c’era qualcuno disposto a spendere belle cifre per qualcosa che io avevo invece pagato molto poco. In generale, comunque, io vendo di rado, preferisco comprare e poi tenermi stretto ciò che riesco a procurarmi».

Progetto per il futuro

Immagino che oggi non rifaresti più l’errore di vendere la tua collezione, come ti è successo in passato… «Esatto, anche perché ora mi piacerebbe trasformare ciò che posseggo in qualcos’altro: ho infatti l’intenzione di raccogliere i pezzi migliori per farne un libro, accompagnato ovviamente da testi esplicativi che raccontino un po’ l’origine di una certa cartolina, il suo significato, il suo valore e la sua storia, che in molti casi – come abbiamo visto – può rivelarsi davvero curiosa. Il lavoro di scelta e assemblaggio è già cominciato, e ora non mi resta che trovare un editore disposto ad assecondare questo mio progetto».