Formatosi nelle giovanili dell’Acb, Alessandro Grano è sicuro che domani la squadra dimostrerà un’altra attitudine. ‘C’è solo bisogno di tempo’
Novanta minuti, ben cinque gol incassati. Un ruolino di marcia decisamente preoccupante, ancor di più se il match inaugurale (che verrà recuperato interamente mercoledì prossimo) del Brügglifeld non fosse stato interrotto a causa dell’impraticabilità del campo. Trascorsa da poco l’ora di gioco, infatti, l’arbitro Johannes von Mandach aveva mandato tutti a bere il classico tè caldo sul risultato di 3-1 a favore dell’Aarau. Questo timido scorcio di campionato non può tuttavia bastare a delineare una tendenza. La rosa è infatti stata completamente stravolta, poche le frecce nella faretra di Benavente uguali alla passata stagione. Come dal profilo amministrativo, in cui la società cerca una quadra, pure sul terreno da gioco è necessario del tempo così da cominciare a costruire qualcosa di concreto. È concorde Alessandro Grano. «Abbiamo bisogno di conoscerci, capire in quale modo vuole ricevere la palla ogni compagno di squadra e dove posizionarci facendo nostre le richieste del mister. Il campo tornerà dunque a raccontare la sua verità. Sono però sicuro che riusciremo a completare un’ottima stagione a partire da sabato», quando l’Acb affronterà in trasferta lo Stade Losanna. Battuti a loro volta dall’Yverdon, i romandi cercano riscatto puntando di nuovo sull'imprevedibilità di Warren Caddy. Laureatosi capocannoniere l’anno scorso in compagnia dell’ormai ex granata Rilind Nivokazi, che a Sion ha già lasciato il segno, il 28enne torna disponibile scontata una giornata di squalifica.
Formatosi nel settore giovanile del Bellinzona, Alessandro ha calcato a lungo i campi della capitale. Nato e cresciuto nei pressi del Comunale, il giovane ha infatti «completato tutta la trafila dalla scuola calcio fino alla under 14 qui. E, dunque, ho cullato fin da bambino il sogno d’indossare la maglia della prima squadra. Un sogno esaudito grazie fra l’altro all’esperienza maturata nel Team Ticino. È una sensazione molto speciale, soprattutto ripensando all’esordio di sabato. Un punto di partenza importante per la mia carriera». Appena ricevuta la chiamata del club sopracenerino, il centrocampista ha pensato che fosse «il momento di schiacciare ancor di più il piede sull’acceleratore rispetto a quanto fatto in precedenza cercando di aiutare i miei nuovi compagni di squadra». Un compito in cui è sostenuto da capitan Dragan Mihajlovic e Aris Sörensen, due bandiere granata, che aiutano il 18enne a integrarsi e ‘abbordare’ il mondo del professionismo. «È anche grazie a loro due, se riuscirò a diventare un giocatore completo». Il centrocampista è uno dei pochi, o meglio pochissimi, prodotti del settore giovanile dell’Acb capace nelle ultime stagioni di stuzzicare l’interesse della prima squadra. Un peso? «No, assolutamente! È un onore rappresentare questa città, davanti alla mia gente, e cercare di fare tutto il possibile così da ripagare la fiducia riposta nei miei confronti dalla società. Per chi non è nato a Bellinzona, invece, può essere una motivazione farsi notare».
Una società che rispetto alla passata stagione ha cambiato, e parecchio, la sua identità. «Siamo una rosa in costruzione, che deve ancora conoscersi siccome alcuni giocatori sono arrivati solo da poche settimane. Ci sono molte lingue, come pure culture, però una squadra dev’essere una famiglia. Stiamo cercando di costruire tutto ciò». Durante la preparazione il viceallenatore Xavi Andrés Ibarra, che ha diretto praticamente tutto l’allenamento di venerdì (dopo una buona mezz’ora passata in sede a ‘analizzare’ video, ha predicato un gioco più offensivo. Un gioco che sabato il centrocampista ha mostrato di apprezzare, soprattutto tramite inserimenti. «Il mio ruolo è maggiormente centrale, ma in qualunque posizione il mister intenda mettermi sono felice. Ho solo voglia di scendere in campo: se ad esempio Benavente chiede alle fasce di ricercare la profondità, provo a buttarmici... Magari, qualche volta, riceverò una palla da insaccare». Una determinazione (e umiltà) che rispecchia quella di Gennaro ‘Rino’ Gattuso, il giocatore che Alessandro sceglie per descrivere le sue qualità. «Difesa e aggressività, ma se c’è bisogno di mantenere la palla fra i piedi non c’è nessun problema». Il 18enne confessa tuttavia di essere di fede bianconera, come i suoi due idoli. «Mi è sempre piaciuto Alessandro Del Piero, mentre per il mio ruolo mi sono ispirato a Paul Pogba».
Il Bellinzona ha finora mostrato lacune difensive piuttosto evidenti, esercitate in allenamento. Troppo permissivi dinanzi a Sebastian Osigwe, che in carriera ha subìto raramente dei cappotti. «Non più di una manciata – puntualizza il diretto interessato –. È una situazione difficile perché abbiamo una squadra composta da molti nuovi elementi. Non dev’essere comunque utilizzata come scusa, nulla può giustificare queste due controprestazioni. Fortunatamente la partita di Aarau è stata posticipata... Possiamo solo fare ammenda con i nostri tifosi e promettere loro che lavoreremo ancor più duramente così da risalire la china». L’estremo difensore, sbarcato nella capitale da Lugano, rimane dunque più che sicuro della scelta di salutare le rive del Ceresio. «Dopo cinque stagioni trascorse in bianconero, ho abbracciato volentieri questa nuova sfida. Cercherò di spremere ogni briciolo di energia per la squadra».
Il 31enne non si aspettava tutte queste difficoltà ma, precisa, «parliamo della serie cadetta e ripeto la squadra è differente rispetto all’anno scorso. È più che normale faticare in questo inizio di campionato. Ora, però, dobbiamo cercare di guardare avanti». Pure il natio di Lucerna ha messo l’accento sul tempo. «La rosa ha del potenziale, può contare su molti giovani. Abbiamo solo bisogno di continuare a lavorare». Una pazienza che l’estremo difensore chiede inoltre alla tifoseria, che sabato ha lasciato sconsolata il Comunale, promettendo una reazione. E sì che l’Acb aveva iniziato a spron battuto l’incontro, beneficiando della complicata entrata in materia del Neuchâtel Xamax (che doveva smaltire quasi cinque ore di treno e il cambio di terreno, da sintetico a naturale), prima di calare in termini di ritmo nonché rendimento. Come la passata stagione, il Bellinzona è dunque ricorso alla tattica dei retropassaggi. «Credo sia in primis una questione di condizione, abbiamo faticato a correre. Se continueremo a essere così difensivi, sarà tuttavia difficile segnare».