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Gabriel Bortoleto, il rookie che ha resuscitato la Sauber

Cresciuto nei kart col mito di Senna, il giovane pilota brasiliano è stato fin qui la più lieta sorpresa della prima parte della stagione

In sintesi:
  • Fra tutti i giovani approdati di recente in Formula 1, il 20enne è quello che sta maggiormente impressionando
  • Il suo buon rendimento sta contribuendo alla rinascita della scuderia elvetica, che da anni navigava sportivamente parlando in pessime acque
  • Ayrton Senna, Fernando Alonso e Max Verstappen sono tre campioni che, in un modo o nell'altro, hanno condizionato l'ascesa dell'atleta paulista
9 agosto 2025
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L’effetto-Senna è una costante con la quale ogni pilota brasiliano deve confrontarsi. Ma nelle nuove generazioni questo è molto più sfumato, a livello di pressione, rispetto alle precedenti, quelle che avevano come piloti di punta Rubens Barrichello e Felipe Massa, per i quali spesso nemmeno la vittoria sembrava essere sufficiente a colmare il vuoto. Oggi il tempo ha cambiato le prospettive.

Se il mito di Senna rimane inscalfibile, lo scorrere degli anni e il mutare delle circostanze ha diluito ciò che per l’immaginario collettivo del popolo verdeoro rappresentano i propri piloti. Anni di assenza dal Circus, uniti a interpreti di qualità non elevata, hanno abbassato l’asticella. Più che avanti, il motorsport brasiliano sembrava guardarsi indietro, proponendo parenti d’arte delle stelle di prima grandezza del passato, come se bastasse un legame di sangue per trasmettere frammenti di talento: Nelsinho Piquet, Bruno Senna, Pietro Fittipaldi. Fino al completo digiuno, interrotto quest’anno dall’arrivo di Gabriel Bortoleto, primo brasiliano a tornare in Formula 1 dopo Felipe Nasr, anch’egli su Sauber nelle stagioni 2015-2016, non contando la toccata e fuga del citato Fittipaldi in due gare del 2020 con la Haas.

L’esempio di Ayrton

Bortoleto corre con un casco ispirato a Senna, che per lui non rappresenta fonte di ulteriore pressione. “Mio padre”, ha detto ad Autosport, “mi ha raccontato cosa abbia rappresentato Senna per il nostro Paese. Quando correva, quando parlava, il Brasile tornava a essere un corpo unico, senza barriere politiche, economiche o sociali. Un aspetto che poi si è concretizzato anche con il lavoro della sua fondazione. Il mio casco è un omaggio a lui e al mio Paese, all’idea che erano e sono un’unica cosa. C’è solo orgoglio nel portare questi colori che rimandano a quel nome”.

Nella stagione dei rookie, Bortoleto ha rappresentato finora la gemma nascosta. Quella meno visibile ma che, una volta venuta alla luce, manda i bagliori più intensi. Soprattutto, tra i giovani è il pilota che ha mostrato la maggiore simbiosi con la propria monoposto, lottando con lei (a talvolta anche contro di lei) nei primi, difficili mesi, per poi crescere, gradualmente ma con decisione, fino a raggiungere l’apice ai margini della pausa estiva, in Ungheria, quando ha portato la sua C45 al sesto posto ottenendo il suo miglior piazzamento stagionale. Una prestazione finita sotto gli occhi di tutti, visto che il brasiliano è stato votato Pilota del giorno dagli appassionati di F1 nel tradizionale sondaggio indetto a ogni Gran Premio sui canali Fia.

La sfida interna con Hülkenberg

L’inizio è stato di basso profilo, con la caduta nel trappolone della pioggia australiana e le successive gare trascorse gestendo a fatica una monoposto che si imbizzarriva ogniqualvolta viaggiava in aria sporca. Poi la Kick è cresciuta, gli aggiornamenti portati dalla Spagna hanno lasciato il segno e la curva prestazionale di Bortoleto si è impennata, arrivando anche a superare quella del compagno Nico Hülkenberg, l’uomo copertina della Sauber 2025 grazie al primo podio conquistato in carriera, a Silverstone. Quella inglese è stata l’unica delle ultime quattro gare in cui il tedesco è finito davanti al compagno di squadra, ritiratosi per un errore commesso mentre correva con gomme slick sul bagnato.

Per il resto, Bortoleto ha sopravanzato Hülkenberg di una posizione (8° contro 9°) al Red Bull Ring, per poi chiudere a punti sia a Spa (9°) che all’Hungaroring (6°). In Belgio ha chiuso nella top 10 ogni sessione competitiva (10° nella qualifica shootout del venerdì, 9° nella sprint race, 10° nella qualifica del sabato, 9° in gara), un risultato straordinario considerando che quello della Sauber era stato l’unico team assieme alla Haas a non aver portato alcun aggiornamento nella pista tra le Ardenne. Infine, storia recentissima, l’Ungheria, con una macchina con un passo da Q2 portata in Q3 e una gara senza sbavature terminata una posizione più in alto rispetto alla piazzola di partenza.

I dati hanno indicato chiaramente come Bortoleto sia stato capace lungo tutto il weekend di estrarre il massimo potenziale dalla sua C45. La velocità nel giro secco è sempre stato uno dei suoi punti di forza, come dimostra anche il confronto con Hülkenberg, un altro dal piede pesante: il brasiliano conduce 8-6 il testa a testa nelle qualifiche e 10-8 se si aggiungono anche i risultati nelle shootout delle sprint races. Del resto, Mattia Binotto aveva scelto lui, preferendolo a Valtteri Bottas e Guanyu Zhou, proprio in quanto lo riteneva un upgrade in termini di velocità rispetto ai citati colleghi. Il brasiliano è però cresciuto molto anche nella gestione della gara e nella costanza mostrata nei long run.

Gli inizi

Quella di Bortoleto non è la favola di Cenerentola, ma la storia di un ragazzo proveniente da una famiglia agiata (il padre Lincoln Oliveira ha fatto fortuna negli anni 90 nell’industria delle telecomunicazioni) che si è costruito il proprio sogno con dedizione, impegno e lucidità nei momenti topici della carriera. La scintilla per le corse scatta a sei anni vedendo correre il fratello maggiore Enzo. Così il padre lo mette su un kart per una gara, senza prove né nulla. Gabriel fa più testacoda che giri di pista, arriva ultimo ma viene comunque premiato perché i concorrenti erano solo sei ed erano previste delle coppe fino al sesto classificato. Poi l’hobby è diventato una carriera, con la prima importante decisione di lasciare il Brasile a 13 anni per andare in Europa. Con lui va Francesco di Mauro, il suo allenatore, il cui figlio compete nelle serie brasiliane.

Per tre anni corre con la Crg di Giancarlo Tinini: non vince alcun campionato ma ottiene ottimi risultati. “Nei kart c’è molta politica”, ha ricordato Bortoleto in una intervista di qualche tempo fa. “Non tutti giocano pulito, girano tanti soldi, qualcuno ha motori migliori degli altri. Nella Crg ho trovato un team esemplare, dove si otteneva il massimo con i mezzi a propria disposizione. Ma certi trucchetti li ho visti anche ai piani più bassi delle open wheels, la Formula 4 e la Freca, dove rispetto a Formula 3 e Formula 2 ci sono meno controlli su motori e monoposto, e a volte le differenze sono notevoli”.

L’importanza di Alonso

La strada verso il top è talmente ingarbugliata e trafficata, per tutti, da rendere le prestazioni in pista una condizione necessaria ma non sufficiente per emergere. C’è chi entra nella Academy di una scuderia top e può quindi essere ‘scortato’ fino al gradino sotto la F1. Gli altri devono trovare vie alternative. Quella di Bortoleto si chiama A14 Management, l’agenzia fondata da Fernando Alonso assieme ai soci Albert Resclosa Coll e Alberto Fernandez Albilares.

Gabi è reduce da un sesto posto in Formula Regional (Freca), un risultato che non garantisce il salto in F3. Per il loro nuovo cliente, la A14 pensa alla Trident Motorsport, team italiano di recente fondazione (2006). Bortoleto ricostruisce così il primo incontro con Giacomo Ricci, team manager Trident: “A cena iniziammo a parlare di statistiche, e lui mi disse che attraverso la lettura dei numeri riusciva a capire le differenze di motore nella Freca. Aveva notato che ero un pilota che con una macchina da quarto posto finiva quarto, con una da sesto finiva sesto. Quindi aggiunse che se avessi confermato il mio livello prestazionale anche con loro, avrei potuto lottare per il titolo. È andata proprio così”. Bortoleto vince la F3 al suo primo anno.

L’endorsement di Max

È in un top team della categoria (la Trident ha vinto anche le stagioni 2024 e 2025 di F3, rispettivamente con Leonardo Fornaroli e un altro brasiliano, Rafael Camara) e il suo rendimento risulta pienamente conforme alle potenzialità. Lo scorso anno il brasiliano concede il bis in F2 con l’Invicta, ex team Virtuosi, eguagliando Charles Leclerc, George Russell e Oscar Piastri quali piloti capaci di vincere consecutivamente, e al primo tentativo, entrambe le categorie sotto la F1. Come nella stagione precedente, sono costanza e adattabilità alla vettura, uniti all’istinto di tenersi lontano dai guai nelle bagarre, il suo marchio di fabbrica: in F3 è campione con una sola gara vinta, in F2 è invece finito in due occasioni sul gradino più alto del podio. Numeri che inducono Helmut Marko a bollarlo come pilota di categoria B tra i rookie, riservando il massimo dei voti ad Andrea Kimi Antonelli e Oliver Bearman.

Non la pensa come Marko la Kick, ben lontana dalla politica del tutto e subito che in Red Bull ha bruciato fior di piloti, e alla quale altri team (si veda l’Alpine) si sono ispirati. Ma non la pensa come il suo mentore nemmeno Max Verstappen, uno dei principali sostenitori di Bortoleto. “Jonathan (Wheatley, attuale team principal Sauber, nda) mi diceva che Max aveva un’altissima considerazione di me ai tempi delle categorie minori, e che parlava bene del sottoscritto con diverse persone nel mondo della Formula 1. La cosa ha rappresentato per me una spinta incredibile, considerato che il giudizio proveniva da un pilota non solo fortissimo ma contemporaneamente piuttosto parco nelle proprie esternazioni, soprattutto sui media”.

La guida simulata

Bortoleto era il rookie che, al debutto in Australia, aveva percorso meno chilometri di tutti sulla sua monoposto, a causa delle restrizioni regolamentari della Fia (circa 500 i chilometri sulla C45 quando, per rendere l’idea, ai tempi del suo debutto su McLaren, Lewis Hamilton ne aveva percorsi 5’000). Verstappen lo ha avvicinato consigliandogli con quale mescola di gomme partire. Un legame, quello tra i due, rafforzatosi nel corso del tempo attraverso i videogiochi, soprattutto i sim racing, tanto che il brasiliano è diventato ambasciatore del Team Redline, la scuderia professionistica di sim racing fondata da Verstappen. “Puoi imparare molte cose dai simulatori, testare i vari set-up e sperimentarne gli effetti. Ovviamente non puoi fare un set-up delle attuali F1 a livello virtuale, ma è possibile ricavare un sacco di informazioni importanti”.

Bortoleto dice di essere nella top 100 mondiale dei piloti virtuali, ma che è impossibile raggiungere i primi perché “fanno quello tutto il giorno. Però nella categoria F1 Assetto Corse sono tra i primi 10, forse anche tra i primi 5 al mondo”. Avanti così e arriverà il giorno che occuperà la medesima posizione anche nella F1 reale.