Battendo la Norvegia, la Svizzera si regala un sabato di tranquillità e il biglietto per i quarti. Moy: ‘In powerplay, però, possiamo migliorare’
Stavolta non c’è nemmeno bisogno di spingere per tutti i sessanta minuti. Per venire a capo della Norvegia, e validare il ticket per i quarti di finale, alla Svizzera basta infatti praticamente un tempo e mezzo, o giù di lì.
Nel giorno che segna la prematura fine del Mondiale di Nico Hischier (problema muscolare non grave, ma a seguito del quale dovrà restare a margine per il resto della rassegna iridata), i rossocrociati trovano altri motivi per sorridere. Primo fra tutti quello per il successo, il quarto in cinque partite sul ghiaccio di Herning. Stavolta a spese della Norvegia, per una vittoria che di fatto spalanca ufficialmente le porte dei quarti di finale. E quando all’appello mancano ancora le partite contro Ungheria, domenica, e Kazakistan, martedì, questo non è che il punto di partenza di una prima fase che potrebbe (e dovrebbe) portare gli uomini di Patrick Fischer decisamente più in quota. Nell’attesa di sapere quanto in alto chiuderà questa prima fase, e di riflesso come proseguirà il suo cammino nel torneo iridato, la Svizzera può godersi uno spensierato sabato di tregua, con la consapevolezza, e non è cosa da poco, che malgrado la defezione del suo capitano – il quale ha comunque scelto di restare con il resto del gruppo, e pure questo è indice di quanto affiatamento regni all’interno dello spogliatoio di Patrick Fischer – di leader questa squadra ne ha più d’uno. Come Sven Andrighetto, che contro la Norvegia si ripresenta sul ghiaccio con lo stesso straordinario piglio messo in mostra contro la Germania. E soprattutto, ed è quello che in termini contabili fa stato, con la stessa mira, quella che gli permette di indirizzare subito la partita sui binari giusti, andando a togliere la ragnatela dall’angolino alla destra di Arntzen a metà del primo periodo in powerplay, dopo una bella triangolazione con Malgin e Kukan. Col disco che si appoggia sull’incrocio dei pali prima di andare a gonfiare la rete.
In un primo tempo giocato in maniera egregia dalla Svizzera, a ergersi a protagonista è pure Grégory Hofmann che, ributtato nella mischia come tredicesimo attaccante dopo due partite in soprannumero, festeggia il suo rientro nei ranghi timbrando il cartellino con una conclusione ravvicinata che trafigge Arntzen sotto il braccio. È il punto finale di un’azione nata da un disco mantenuto con caparbietà nel settore offensivo dal quintetto rossocrociato.
Tanto e tale è il divario tra le due squadre che nel tempo di mezzo solo le diverse penalità sul conto degli elvetici permettono alla Norvegia di contenere i danni, limitandoli alla sola rete di Moy. Anche questa peraltro figlia di una scaltrezza che sembra essere una delle qualità migliori nel clan rossocrociato in quel di Herning. Con il numero 95 che dopo aver rotto il bastone nell’ingaggio difensivo, trova il modo di recuperare in fretta e furia un nuovo attrezzo di lavoro e sparire dai radar dei difensori avversari, ma non da quello di Meier, che lo cerca e trova sulla blu offensiva per lanciarlo verso il 3-0.
Che il diretto rossocrociato sia ormai lontano lo intuiscono pure gli uomini di Tobias Johansson, i quali nel terzo tempo non riescono nemmeno più a scagliare un disco (!) verso la porta difesa da Charlin che, altra nota positiva della serata, chiude così la partita da imbattuto, imitando quanto fatto dal suo collega Genoni contro gli Stati Uniti.
Tutti buoni, anzi ottimi argomenti per una Svizzera che, liquidata (senza troppi patemi d’animo) anche la pendenza con la Norvegia, davanti a sé ha ora un finale di fase a gironi tutta in discesa, prima della fase a eliminazione diretta. L’unica nota forse un po’ stonata della serata, a voler guardare di fino, è allora il powerplay, che dopo aver partorito la prima segnatura del confronto con i norvegesi, non ha più portato a frutti concreti.
«Abbiamo disputato una buona partita, lavorando molto bene sul piano offensivo: il nostro sistema ha funzionato», racconta a fine partita un soddisfatto Tyler Moy, autore del punto che ha dato allo score la sua forma definitiva. «Il mio gol? Beh, se posso contribuire alla causa della squadra mi fa piacere, specie in un torneo come questo. Con i miei compagni di serata di reparto abbiamo subito trovato la giusta chimica, creando spazio sul ghiaccio. In generale, tuttavia, la nostra linea di powerplay deve ancora migliorare». E l’assenza di Hischier si è fatta sentire? «Nico è un leader, e per noi è una grande perdita. Ma stasera tutti hanno fatto un passo avanti, sopperendo alla sua assenza».
Rientro bagnato dal gol per Grégory Hofmann, che a fine partita ha un largo sorriso: «Non è mai bello stare a guardare gli altri dalla tribuna, ma sapevo che prima o poi sarebbe arrivata la mia chance. Dovevo solo cogliere l’attimo e sfruttarla. Così ho fatto, senza cercare di strafare... Poi, quando Moy mi ha messo sul bastone quell’invitante disco, è arrivato anche il gol, tanto meglio! Ora dobbiamo giocare con la stessa disciplina e la stessa maniera le prossime due partite».
E soddisfatto lo è pure Patrick Fischer: «Abbiamo mostrato una prestazione concentrata per tutti i sessanta minuti – sottolinea il selezionatore dei rossocrociati –. Sapevamo che di fronte ci saremmo trovati un avversario animato dalla necessità di fare punti, ma siamo stati bravi: alla Norvegia abbiamo concesso poco o nulla, nemmeno in boxplay. Senza Hischier, tutti dovevano alzare il loro livello, e l’hanno fatto».