Un successo sudato oltre il previsto col Kazakistanper mandare agli archivi la fase a gironi della Svizzera. Da giovedì alle 16.20 i giochi si fanno seri
Tutto è bene ciò che finisce bene. Anche se è vero che nel pomeriggio di Herning suda più del previsto (e del preventivabile), alla fine la Svizzera riesce a venire a capo del Kazakistan, mandando così agli archivi la prima fase del torneo con un bottino di 19 punti (sui 21 disponibili). Un percorso quasi perfetto come quello di un anno fa, macchiato solo dalla sconfitta all’overtime contro i campioni del mondo della Repubblica Ceca in entrata di torneo. Poi, appunto, un filotto di sei vittorie – nell’ordine, contro Danimarca (5-2), Stati Uniti (3-0), Norvegia (3-0), Germania (5-1), Ungheria (10-0) e, appunto, Kazakistan (4-1) – a ratificare una qualifica ai quarti di finale da prima del girone di Herning, garantendosi così un’avversaria sulla carta meno ostica: l’Austria.
Nella partita in cui gli uomini di Bolyakin si giocano la permanenza nel gruppo mondiale – ai kazaki basterebbe un sol punto, ma il loro atteggiamento non è certo della squadra che si accontenta del pareggio nei tempi regolamentari – e che segna l’esordio di Nino Niederreiter a questo torneo, quelli di Fischer faticano come non mai per trovare la quadratura del cerchio. Riuscendovi solo in un terzo tempo che ha il sapore della liberazione dalla fase d’impasse che aveva contraddistinto la prima parte del confronto, e in particolare i venti minuti iniziali. Volendo guardarla in chiave positiva, anche questa partita, forse la più ‘fiacca’ dei rossocrociati da inizio Mondiale, può essere considerata come un utile esercizio e una lezione per il prosieguo del cammino, soprattutto considerando che da adesso in avanti non ci si potranno più permettere passaggi a vuoto. Né distrazioni, proprio come quella, colossale, del malinteso fra i difensori elvetici (e in particolare di Moser) alla base del vantaggio kazako che ha poi costretto la Svizzera a una lunga rincorsa. Ben venga dunque questo campanello d’allarme, suonato quando di tempo per correre ai ripari ce n’è ancora, per affrontare con la giusta determinazione il resto del cammino sulla passerella iridata, sperando di poterla percorrere fino in fondo.
Così come Nino Niederreiter che (logicamente) necessita di tempo per trovare il suo spazio sul ghiaccio danese – con Fischer che inizialmente lo prova in linea con Malgin e Andrighetto, spostandolo con Fiala e Moy nel secondo tempo e facendo nuovamente ruotare le ali nel periodo conclusivo – è la Svizzera tutta ad aver bisogno di minuti per prendere le misure a un avversario indiscutibilmente inferiore per tasso tecnico, ma dannatamente combattivo. Così, complice anche un ritmo di partita nettamente inferiore rispetto alle gare precedenti, la Svizzera rimane per lungo tempo imbrigliata nel gioco degli avversari, bravi a tarpare regolarmente le ali ogniqualvolta Malgin e compagni provano a spiccare il volo. Quando non lo fanno i difensori kazaki, a sbarrare la strada agli attaccanti con la maglia rossocrociata ci pensa Pavlenko, che davanti alla porta abbassa la saracinesca. Oppure i montanti della porta stessa, a immagine della conclusione ravvicinata di Riat che poco prima di metà partita, e sul parziale di 1-0 per il Kazakistan, manda il disco a stamparsi sull’asta. Il 28enne attaccante del Losanna però si prenderà la rivincita personale a fine partita andando a siglare con un gran numero la rete che dà al punteggio la sua forma definitiva: conclusione col bastone tra le gambe che manda in tilt il portiere avversario e il disco in fondo al sacco: 1-4 e game over.
A togliere le castagne dal fuoco ci pensa però Malgin, che a una manciata di secondi dallo squillo della seconda sirena – e con la Svizzera che nella circostanza sta giostrando in superiorità numerica – cerca e trova davanti allo slot Fiala, la cui deviazione (di pattino, ma regolare) manda il disco per la prima volta alle spalle di Pavlenko. È a quel punto, dopo un periodo iniziale decisamente sotto tono e un secondo tempo in graduale crescendo ma sin lì appunto sterile, che l’inerzia della partita cambia per davvero. Al rientro sul ghiaccio dopo la seconda pausa, la Svizzera mette finalmente i panni della festa, e la festa inizia a farla per davvero. Arrivano anche le segnature di Andrighetto e quella dell’eterno Ambühl, che dopo la tripletta contro l’Ungheria rimpolpa il suo bottino iridato, e d’incanto il pomeriggio rimasto troppo a lungo opaco riprende finalmente colore, prima del citato punto finale di Riat, a poco più di due minuti dalla terza sirena.
A quel punto anche questa pratica è pronta per essere archiviata, e la Svizzera può rivolgere tutta la sua attenzione sul quarto di finale di giovedì. Quando alle 16.20 contenderà alla sorprendente Austria il pass per le semifinali.