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Il Fideo Angel Di María e quella faccia da torero

Tornato dopo 18 anni al suo amato Rosario Central, il fuoriclasse argentino ha deciso con un magnifico gol il derby contro il Newell's

26 agosto 2025
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Come ogni anno all’inizio dei campionati di calcio, allo stadio o davanti alla tv, mi concentro soprattutto sugli attori a me ancora sconosciuti. E domenica sera, nel cast di Juve-Parma, fra i neofiti c’era pure Christian Ordóñez, giovane centrocampista ex Velez Sarsfield appena sbarcato in Emilia. “Un nome da torero”, come diceva il narratore cileno Luis Sepúlveda. Antonio Ordóñez fu infatti uno dei più grandi matador della sua epoca, le cui gesta furono fra l’altro immortalate – insieme a quelle di Luis Miguel Dominguín, suo cognato e padre del cantante Miguel Bosé – nelle pagine di ‘Un’estate pericolosa’, vergato dal grande aficionado Ernest Hemingway al termine della temporada del 1959, che aveva interamente seguito, per conto di Life, proprio dal box di Ordóñez, di cui era fraterno amico.

Non il nome – bensì le fattezze, la postura e l’eleganza del matador – ha invece sempre avuto secondo me Angel Di María, il calciatore che negli ultimi tre lustri ho più ammirato in assoluto e che, nel corso del weekend appena concluso, è stato protagonista di un episodio che davvero sarebbe degno di finire in un bel romanzo. Rimpatriato da poche settimane dopo diciotto anni spesi a viziare con le sue geniali pennellate i tifosi di Benfica, Real Madrid, Manchester United, Paris Saint-Germain, Juventus e di nuovo Benfica – tutti club a cui ha regalato allori in gran copia –, il trentasettenne argentino, invece di andare a rimpinguare di petrodollari una cassaforte già satura come fanno tutti i suoi colleghi, ha fatto una scelta dettata squisitamente dal cuore. Ha infatti firmato, per una cifra mille volte inferiore a quella che avrebbe intascato cedendo alle lusinghe di emiri e sceicchi, per il Rosario Central, vale a dire la società in cui è cresciuto e che, per le dinamiche che da sempre regolano il fútbol professionale, era stato costretto ad abbandonare a malincuore quand’era ragazzo, dopo appena due stagioni disputate con la casacca della prima squadra.

Lo ha fatto per amore, per una vecchia promessa che aveva formulato innanzitutto a se stesso, e per provare a esaudire il suo più grande desiderio di bambino: segnare il gol vittoria, possibilmente di pregevole fattura, nella stracittadina contro il Newell’s Old Boys. E naturalmente il Fideo – così chiamato per via della sua magrezza da spaghetto – c’è riuscito. Nel suo stadio (Gigante de Arroyito), a una decina di minuti dal termine e sullo 0-0, con un sinistro telecomandato, al contempo potente e preciso, ha infatti spedito nel sette un calcio di punizione a parabola che dopo poche ore già veniva cantato come uno dei gol più belli della storia del calcio. «Sognavo da sempre questo momento», ha ammesso Di María dopo il triplice fischio lacrimando per l’emozione. E non v’è dubbio che dicesse il vero, come certo è il fatto che questa rete gli abbia dato più gioia di quanta ne abbia mai provata alzando tutti i trofei più prestigiosi esistenti, fatta forse eccezione per la Coppa del mondo che largamente contribuì a regalare alla sua gente nel 2022.

‘Un nome da torero’ è un noir classico, ma è pure uno straordinario racconto d’avventura intriso della tristezza disincantata di chi, dopo un’esistenza trascorsa in esilio, sente di non appartenere più a nessun luogo e di non provare più affetto per chicchessia: l’esatto opposto, insomma, di quanto è accaduto al Fideo che – ricambiato – ama la sua città e il Central di un amore incondizionato e incommensurabile malgrado tutti gli anni di lontananza da Itaca.

Le sole note stonate? Quella specie di wonderbra (ormai diffusissimo) esibito da Angel quando per festeggiare si è sfilato la maglia gialloblù, e la mancata presenza nel clásico rosarino di Messi. Il quale, al contrario di Di María, l’amore per il Newell’s – club in cui mosse i primi passi – lo dimostra solo a chiacchiere e non nei fatti, ed è infatti assai probabile che il rossonero non tornerà a vestirlo mai più. Perché preferisce, come detto in apertura, continuare a servire – ricoperto di un volume d’oro che nemmeno lui riesce a quantificare – gli yuppie della Florida e i benzinai del Golfo Persico. Pensate che sballo se ci fosse stato anche Leo.