GEOGRAFIA

Tuvalu. L'isola che non ci sarà più

Si trova in mezzo all’Oceano Pacifico ed è destinata ad affondare, ma il governo australiano ha una soluzione… Una lotteria

(© Keystone)
19 ottobre 2025
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Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Una piccola nazione in mezzo all’Oceano Pacifico è destinata a scomparire sommersa dall’innalzamento dei mari, ma il governo australiano ha una soluzione… Una lotteria, per non affondare.

Immaginate di vivere su un’isola. Su quest’isola ci siete nati e cresciuti, e come voi i vostri genitori e molte generazioni precedenti. C’è un problema però: l’isola che avete sempre chiamato casa è destinata a scomparire, sommersa dall’innalzamento degli oceani causato dal surriscaldamento globale. Non c’è però da disperarsi, perché il provvidenziale intervento di una grande potenza straniera promette di mettervi in salvo, ospitandovi sul suo territorio con un permesso speciale. Dove sta la fregatura? Per ottenere questo permesso, bisogna partecipare a una lotteria.

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Erosione continua

Potrebbe sembrare la trama di un qualche film distopico o di un episodio della serie tv britannica Black Mirror, ma si tratta in realtà di quello che sta succedendo agli abitanti di Tuvalu, una piccola nazione situata nell’Oceano Pacifico, tra l’Australia e le Hawaii, composta da nove atolli e casa di circa quattromila anime. L’esistenza di Tuvalu viene annualmente erosa dall’innalzamento dei mari – gli scienziati stimano che diventerà completamente inabitabile entro i prossimi 40 anni –, e per dar rifugio ai suoi abitanti ci ha pensato il governo australiano, che ha emesso i primi ‘visti climatici’ della storia, che permettono, a chi li ottiene, di vivere in Australia – praticamente – come regolari cittadini. Dal momento che trasferire troppe persone allo stesso tempo potrebbe rivelarsi problematico per entrambe le nazioni – difficoltà logistiche e di integrazione per l’Australia, crollo dell’economia per mancanza di lavoratori a Tuvalu –, è stata ideata una sorta di lotteria che mette in palio 280 permessi annuali, ossia il 2,5% della popolazione: questa cifra è pensata per, in teoria, riuscire a far migrare tutta la popolazione dell’isola prima che questa diventi inabitabile. I tuvaluani hanno avuto tempo fino all’estate di quest’anno per partecipare, mentre il sorteggio per la prima tranche di permessi dovrebbe avvenire entro gennaio 2026.

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Un permesso senza diritto di voto

Non ci sarà un sorteggio spettacolarizzato in stile Hunger Games (una serie di film ambientata in un futuro brutale in cui alcuni personaggi vengono selezionati per partecipare a giochi per la sopravvivenza), ma un’estrazione gestita da un computer, per garantire totale equità e assenza di discriminazioni dovute allo stato sociale, al sesso o all’etnia. Per partecipare i tuvaluani hanno pagato 25 dollari australiani (circa 13 franchi), e l’iscrizione di un singolo individuo include l’intero nucleo familiare. I fortunati vincitori diventeranno immediatamente cittadini australiani e potranno beneficiare di tutti i vantaggi, compresi i sussidi familiari e di disoccupazione, e potranno tornare a Tuvalu ogni volta che lo desiderano. Il permesso non sembra però concedere il diritto di voto.

Cosa ci guadagna l’Australia? Il sistema di visti climatici – il primo nel suo genere – è frutto di un patto tra l’ex primo ministro australiano Anthony Albanese e l’ex premier di Tuvalu Kausea Natano, e fa parte in realtà di un accordo bilaterale. Cos’altro prevede questo accordo? Innanzitutto – anche questo fatto piuttosto inedito –, l’Australia riconoscerà al governo tuvaluano la propria sovranità anche dopo che il territorio effettivo sarà sommerso dall’acqua, garantendo quindi al suddetto governo il controllo sulle risorse locali. In altre parole, anche se la popolazione e il governo si troveranno nel territorio australiano, seguiteranno a esistere come nazione, continuando a esercitare controllo sull’area che una volta era stata la loro casa.

La contropartita

Ma dal momento che nessuno fa niente per niente, il governo di Canberra ha chiesto qualcosa in cambio. Tuvalu infatti ha dovuto cedere il controllo su tutte quelle che sono le questioni di difesa e militari all’Australia, inclusi accordi e cooperazioni con altri Stati. In altre parole, se una superpotenza straniera si accordasse con l’Australia per, ad esempio, costruire delle basi militari sull’isola, i tuvaluani non potrebbero fare altro che stare a guardare. Un accordo che non piace del tutto alla leadership di Tuvalu, con l’attuale premier Feleti Teo che ha dichiarato di voler rivedere alcuni punti. Sempre con lo scopo di aumentare la propria influenza nella zona – leggi: contrastare quella cinese –, il governo australiano ha anche approvato una serie di ingenti investimenti nella regione. Cinquanta milioni di dollari australiani per il primo cavo di telecomunicazioni sottomarino dell’arcipelago, che oggi si affida solo ai satelliti; altri quaranta per potenziare l’aviazione civile, unico modo oltre alla navigazione per raggiungere le isole; trentotto, infine, per un progetto che mira a creare nuova terra emersa.

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Che cosa ci dice la vicenda di Tuvalu sul nostro futuro? I tuvaluani faranno da pionieri – o da cavie, a dipendenza dei punti di vista – per quella che probabilmente in futuro diventerà una costante: la migrazione dovuta ai cambiamenti climatici. Certo, questa fattispecie è tutto sommato facile da gestire (circa quattromila persone da muovere in un territorio sconfinato come quello australiano), ma sarà lo stesso quando a venire sfollate dall’innalzamento dei mari saranno centinaia di migliaia di persone? Quando le emergenze umanitarie rischieranno di far collassare intere nazioni, quante persone saranno disposte a cercare di guadagnare la salvezza per sé e per la propria famiglia giocando a una lotteria?