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Non può essere solo un dolore momentaneo

(Ti-Press)

Il 31 marzo 2025 il corpo senza vita di un ragazzo di soli 14 anni richiedente l’asilo è stato trovato in un riale, vicino al Centro federale d’asilo di Pasture. La Polizia cantonale ha avviato accertamenti per determinare le cause del decesso, escludendo al momento l’intervento di terze persone. Il Centro federale d’asilo di Pasture può ospitare fino a 350 persone. In passato, il centro ha affrontato incidenti come un incendio nel gennaio 2024, che ha causato lievi intossicazioni da fumo per sei persone.

La morte di un minore non accompagnato in un centro di accoglienza è una tragedia che deve scuotere profondamente la coscienza collettiva e sollevare domande cruciali sulla nostra responsabilità nei confronti dei più vulnerabili. Questa tragica perdita non è solo un dolore per chi l’ha conosciuto e amato, ma anche una ferita per la società nel suo complesso, che dovrebbe garantire a ogni persona minorenne (un bambino secondo la legge), specialmente a chi è solo e senza protezioni familiari, un ambiente sicuro, dignitoso e protetto.

Dietro ogni storia di un minorenne non accompagnato ci sono sogni, speranze e un desiderio di costruire una vita migliore. Quando queste vite si spezzano in circostanze tragiche, è fondamentale non solo piangere la morte di un giovane, ma anche interrogarsi sul sistema che non è riuscito a proteggerlo, dopo un vero e proprio percorso a ostacoli per giungere da solo dall’Africa sul nostro territorio. La morte di un minore in un centro d’accoglienza ci ricorda che il nostro impegno nei confronti di chi è in difficoltà deve essere concreto, umano e costante.

La riflessione che nasce da un evento del genere ci invita a considerare come possiamo migliorare l’assistenza e la protezione dei minori, specialmente quelli che arrivano soli, privi di una rete familiare, e che spesso vengono visti come numeri anziché come esseri umani con diritti, desideri e necessità fondamentali. Ogni vita è preziosa, e ogni giovane merita un futuro, una chance, e un ambiente che rispetti e coltivi la sua dignità.

La morte di un minore non accompagnato non può essere solo un dolore momentaneo: deve essere un monito per rinnovare l’impegno collettivo a costruire una società più giusta, accogliente e in grado di proteggere chi, a causa delle circostanze che la vita può imporre, è più vulnerabile e fragile. La sicurezza non può essere un optional, e la responsabilità deve essere condivisa da tutti: dalle istituzioni locali e nazionali, da chi ne detiene la curatela, fino alla società civile.