A livello calcistico, le due maggiori città del cantone vivono situazioni che non potrebbero essere più diverse
Bellinzona e Lugano sono per molti versi realtà assai diverse. E, per quanto a dividerle fisicamente sia soltanto una trentina di chilometri, sotto certi aspetti risultano invece separate da una distanza incommensurabile.
Uno degli ambiti in cui la lontananza risulta più evidente è quello del football. A lungo – per un buon secolo – le due entità si sono a vicenda detestate – e continuano fieramente a farlo – data l’accesa rivalità fra granata e bianconeri. Ma si può dire che, a livello agonistico, le due compagini si sono all’incirca equivalse.
Spesso, infatti, hanno militato nello stesso torneo – Lega nazionale A o B – e pure in quanto a palmarès non è che ci sia poi chissà che differenza. Fc Lugano e Ac Bellinzona, inoltre, nel terzo millennio hanno purtroppo condiviso anche l’esperienza traumatica del fallimento, della cancellazione e della successiva rinascita che, in tempi più o meno brevi, ha poi riportato i due club nel calcio professionistico.
Negli ultimi anni, però, questo percorso parallelo che i due sodalizi avevano sempre seguito ha smesso di essere tale: le due realtà hanno finito per assumere fisionomie molto diverse fra loro, e le differenze sono andate facendosi viepiù evidenti, raggiungendo ormai una distanza che difficilmente possiamo immaginare che un giorno potrà essere colmata.
Da qualche tempo, infatti, in riva al Ceresio si flirta in pianta stabile con l’élite del pallone nazionale, con risultati a tratti notevoli, diverse finali di Coppa raggiunte e qualificazioni europee – condite da più di un exploit su campi leggendari – divenute ormai una gradita abitudine.
A ciò si aggiunga una società solida e lungimirante, divenuta un modello in Svizzera, che con la sua gestione altamente professionale – oltre a ingaggiare giocatori di valore e a dare fiducia a un bravo allenatore locale in sella ormai da un lustro – contribuisce a veicolare nel mondo intero, ma specie negli Usa, l’immagine della città. Ed è innegabile che, se i cittadini luganesi hanno scelto di spendere un bel po’ di soldi per un nuovo stadio, è anche grazie all’affidabilità del club e ai traguardi raggiunti dalla squadra.
All’ombra dei Castelli, invece, la situazione si presenta diametralmente opposta: gestioni sbarazzine, guai giudiziari, comunicazioni alla stampa claudicanti, sito internet stagionato come uno zincarlìn, proclami lisergici, pessimi rapporti con la piazza, col Municipio e con la Lega calcio, squadre regolarmente smembrate e cambi d’allenatore frequenti come la nebbia a Chiasso.
In questa cornice, è ovvio che i risultati siano mediocri, e anzi risulta miracoloso già riuscire a mantenere un posto nel calcio d’élite, benché nel torneo cadetto. Ora c’è un nuovo patron, che sbarcando promise una svolta drastica: per ora non si è vista, e tutto pare procedere come nel recentissimo passato, o perfino peggio.
Paradigmatica è la vicenda del tecnico Benavente, esonerato in marzo per scongiurare la retrocessione ma richiamato l’altroieri perché il campionato incombe e Ibarra, che avrebbe dovuto sedere in panchina, risultava privo del necessario patentino: una scena già vista – identica – meno di due anni fa.