Il governo invita a votare ‘no’ alle proposte di Ps e Lega sui premi di cassa malati. Assieme costerebbero 400 milioni: ‘O più tasse o meno servizi’
«Stiamo solo spostando il problema senza risolverlo. Queste iniziative non sono gratis. Da qualche parte i maggiori costi che genereranno per lo Stato dovranno essere compensati attraverso aumenti delle imposte oppure tagli ai servizi pubblici. E il costo ricadrà in ogni caso sulle spalle dei cittadini e delle cittadine». È questo il messaggio principale che il governo ticinese ha voluto trasmettere alla popolazione attraverso una conferenza stampa indetta per esprimere le proprie posizioni sui due temi cantonali in votazione il prossimo 28 settembre: l'iniziativa popolare ‘Esplosione premi di cassa malati: ora basta! (Iniziativa per il 10%)’ lanciata dal Partito socialista e quella denominata ‘Basta spennare il cittadino, cassa malati deducibile integralmente!’ avanzata dalla Lega dei ticinesi. Posizioni che gravitano intorno a un concetto ripetuto a più riprese, quello di un «impatto finanziario insostenibile» – l’approvazione di entrambe le iniziative comporterebbe un ammanco per le casse pubbliche di 400 milioni tra Cantone e Comuni –, e che si traduce nell'invito a inserire nelle urne un doppio ‘no’.
Secondo il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi «l'impressione è che la mentalità tradizionale svizzera, quella che spingeva ognuna e ognuno di noi a sentire il dovere di fare qualcosa per il Paese, si sia un po’ ribaltata – ha esordito –. L'atteggiamento che sembra andare per la maggiore oggi è quello per cui, di fronte a qualunque nuova proposta, ci chiediamo per prima cosa quale sia il nostro tornaconto personale». Per Gobbi il dibattito sui costi della salute e i premi di cassa malati sarebbe l'esempio lampante di questo atteggiamento: «Sono da anni una delle principali preoccupazioni della popolazione e anche del Consiglio di Stato – ha evidenziato Gobbi –. Si tratta per di più di uno di quegli ambiti politici dove un Cantone ha pochi margini di manovra, perché la competenza è quasi del tutto federale. E in una situazione del genere è facile cedere alla frustrazione e lasciarsi sedurre da soluzioni che sembrano semplici». Tuttavia, ha commentato il presidente del Consiglio di Stato, quelle proposte «promettono a tutti una fetta di torta un po’ più grande, senza però spiegare come si andrà a finanziarla e con quali ingredienti». La richiesta – «collegiale», ha detto Gobbi interpellato a proposito dell'unanimità o meno in Consiglio di Stato sui temi – è pertanto di «resistere alla tentazione di ricevere qualche franco in più, perché in entrambi i casi si tratti di un pessimo affare per i ticinesi».
I dettagli delle ragioni del ‘no’ all'iniziativa socialista – che prevede un sussidio supplementare se l'incidenza del premio supera il 10% del reddito disponibile – sono state esposte dal direttore del Dipartimento sanità e socialità (Dss) Raffaele de Rosa che ha definito la proposta «senza dubbio allettante, attraente e volta a sostenere in un momento di difficoltà molti cittadini». Il problema è però che «stiamo parlando di una spesa supplementare di circa 300 milioni all'anno, da aggiungere a quanto il nostro Cantone insieme ai Comuni già fa in questo importante ambito per la cittadinanza». Avvalendosi dei dati consolidati del 2024 De Rosa ha mostrato come la spesa complessiva Ripam passerebbe da 386 milioni a 690 milioni di franchi». E questo, ha aggiunto, a fronte del fatto che «il sistema ticinese con oltre 110mila beneficiari è uno dei più sociali in Svizzera: un cittadino su tre beneficia degli aiuti Ripam».
Se l'iniziativa per il 10% venisse accolta, la conseguenza – ha detto De Rosa – sarebbe «un aumento strutturale e progressivo della spesa pubblica in questo ambito». Ciò che, stando al direttore del Dss, creerebbe un forte squilibrio dei conti pubblici cantonali con ripercussioni anche sui Comuni, e metterebbe a rischio la sostenibilità del sistema Ripam e delle finanze dello Stato. In soldoni: «300 milioni di finanziamento cantonale corrispondono a circa 20 punti di moltiplicatore d'imposta. Quindi l'accoglimento di questa iniziativa comporterebbe forzatamente o un aumento consistente delle imposte con un impatto su cittadine, cittadini, famiglie e imprese oppure un taglio consistente degli investimenti o dei servizi essenziali, o ancora una combinazione di queste tre misure».
De Rosa ha inoltre ricordato che il Cantone sta già affrontando una situazione finanziaria deficitaria, aggravata dall'incognita di oneri futuri, come quelli legati alla riforma federale Efas che potrebbero costare al Ticino tra i 190 e i 240 milioni di franchi entro il 2032 senza la garanzia di ridurre i premi, oltre al prospettato ribaltamento di oneri dalla Confederazione sui Cantoni che per il Sud delle Alpi potrebbe corrispondere a una cifra di 40 milioni annui di costi aggiuntivi». Il problema dell'iniziativa, ha completato De Rosa, è inoltre che non arriva al nocciolo della questione, ovvero frenare la crescita della spesa sanitaria che sta alla base di quella dei premi di cassa malati. Per questo servono «misure concerete come quelle che il Cantone si è sforzato di adottare» ha osservato De Rosa elencandone una decina, tra cui la sospensione di nuove autorizzazioni a medici in diverse specialità, la riduzione del valore del punto tariffale per le prestazioni mediche, due iniziative cantonali per ridurre i costi dei farmaci della LaMal.
A domanda della Regione sul motivo per cui l'anno scorso fosse in prima linea a sostenere un'analoga iniziativa a livello federale, De Rosa ha risposto che la sua posizione «è esattamente identica ad allora», ma mentre l'iniziativa federale avrebbe fruttato al Ticino 400 milioni di franchi provenienti dalla Confederazione, quella cantonale in discussione crea per contro un buco da 300 milioni.
Il direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) Christian Vitta ha dal canto passato al vaglio l'iniziativa leghista per la deducibilità integrale dei premi di cassa malati che avrebbe un impatto finanziario stimato in circa 100 milioni di franchi, ripartiti tra Cantone (55 milioni) e Comuni (44 milioni). Un onere che ha già spinto mercoledì i Municipi dei cinque principali poli ticinesi a schierarsi pubblicamente contro. «L'iniziativa in buona sostanza propone un forte aumento di quelle che sono le deduzioni ammesse nell'ambito dei premi della LaMal, ma non si limita a questi. Include anche voci estranee come i premi delle assicurazioni complementari private che sono facoltative; i premi per l'assicurazione infortuni privata; i versamenti, i premi e i contributi per l'assicurazione sulla vita e le rendite vitalizie (il cosiddetto pilastro 3b); e gli interessi dei capitali a risparmio (conto bancario e obbligazioni)». Ciò che, «oltre a comportare importanti ripercussioni finanziarie, esula dall'obiettivo dell'iniziativa», ha rilevato Vitta.
Ci potrebbero essere anche degli incentivi con possibili effetti negativi ad esempio sulla scelta del modello assicurativo, ha messo in guardia il direttore del Dfe: «Aumentando questo tipo di deduzioni si può essere meno portati a utilizzare dei modelli – come quello del medico di famiglia o della franchigia elevata – più performanti in quanto il premio può essere dedotto per intero. Questo meccanismo avrebbe degli effetti sfavorevoli sui costi con potenziali conseguenze negative sull'evoluzione futura dei premi cassa malati».
Vitta ha poi evidenziato che il Ticino è già il Cantone con le maggiori deduzioni per oneri assicurativi, quasi il doppio della media intercantonale: «Quindi siamo già molto più generosi con le deduzioni rispetto alla media svizzera. Qualcuno potrebbe dire che questo non è anomalo in quanto paghiamo anche dei premi di cassa malati più elevati. È vero, però i nostri premi sono all'incirca del 20% più alti rispetto alla media svizzera e le deduzioni vanno ben oltre questo 20%». Il direttore del Dfe ha infine mostrato che, a causa del sistema fiscale progressivo, l'iniziativa leghista andrebbe a favorire principalmente dei redditi più elevati: «Una famiglia con due figli con un reddito di 100mila franchi non trarrebbe alcun beneficio – ha esemplificato –, mentre una con 250mila franchi risparmierebbe circa 1’700 franchi».
In coda il governo si è espresso anche sui due oggetti federali in votazione il 28 settembre dicendosi contrario all'imposta immobiliare sulle abitazioni secondarie in quanto anche se introdotta non compenserebbe le perdite di gettito fiscale date dalla conseguente abolizione del valore locativo che per Cantone e Comuni si stimano in 100 milioni. Si è invece detto favorevole alla Legge sull'identità elettronica.