laR+ Bellinzonese

Il delitto di Lodrino diventa un tema per la politica

Mentre le Istituzioni ritengono adeguata la Legge sulla prostituzione, il Coordinamento donne della sinistra sollecita un aggiornamento e più sicurezza

(Ti-Press)
29 gennaio 2025
|

Il delitto di Lodrino oltre all’aspetto penale finisce per coinvolgere anche quello politico. A quattro giorni dall’uccisione di una 21enne rumena per mano di un 27enne di Lodrino che se l’era fatta portare dall’Italia nel suo rustico di montagna, sotto i riflettori finisce la Legge cantonale sull’esercizio della prostituzione entrata in vigore nel giugno 2019 dopo un travagliato iter decisionale. Due operatrici del sesso a pagamento, intervistate dalla nostra redazione, evidenziano come talune limitazioni riguardanti gli appartamenti, insieme alla burocrazia prevista per notificarli, stiano spostando il mercato verso le prestazioni offerte al domicilio dei clienti o in altri luoghi da loro indicati (Airbnb ma non solo). Clienti che di fronte a tariffe più elevate (le cosiddette escort si fanno pagare meglio) tendono a prendersi maggiori libertà fra richieste esagerate e atteggiamenti violenti. Il caso di Lodrino ne è un probabile esempio. La domanda s’impone: governo e parlamento hanno totalmente dimenticato questa fattispecie, vista la sua assenza nella legge e nel regolamento di applicazione? Regolamentando meglio gli appartamenti per risolvere i problemi a luci rosse in taluni quartieri, sono state sottovalutate le conseguenze?

‘Quadro legale chiaro e moderno’

Una prima risposta è arrivata dal Dipartimento delle istituzioni, il quale nell'edizione di ieri della ‘Regione’ ha rispedito la suggestione al mittente affermando che il Ticino da sei anni dispone di un “quadro legale chiaro e moderno per quanto riguarda l’esercizio della prostituzione. Questo a favore delle persone che si annunciano alla Polizia cantonale. In quest’ambito il poter esercitare in luoghi idonei, quali i locali erotici e gli appartamenti autorizzati, offre maggiori garanzie di tutela sia a livello sanitario sia per quanto riguarda la sicurezza della professione. L’odierna legge tutela inoltre l’ordine pubblico evitando situazioni conflittuali sia a livello pianificatorio, attraverso zone dedicate, sia con la popolazione, grazie a luoghi specifici dove esercitare”.

Assemblea a Bellinzona per discuterne

Chi la pensa diversamente è il Coordinamento delle donne della sinistra che approfondirà il tema domenica 2 febbraio a Bellinzona durante la propria assemblea fissata per le 15 a Casa Marta, dietro BancaStato, e aperta a tutti gli interessati. Ospite Vincenza Guarnaccia: coordinatrice di ZonaProtetta, parlerà di Primis, ente che dal 2006 fornisce gratuitamente consulenza sociale, sanitaria e giuridica a lavoratrici e lavoratori del sesso in Ticino. “Insieme – viene specificato in un comunicato – cercheremo risposte, soluzioni e soprattutto un impegno collettivo a favore della dignità e della protezione di tutti”. «L’obiettivo – ci spiega Chantal Buntschu del Coordinamento – è individuare le lacune legislative ed elaborare delle proposte di modifica da sottoporre alle autorità cantonali. Il tutto partendo da un fatto incontestabile, e cioè che un altro femminicidio scuote la nostra società e costringe a riflettere su quanto sia radicata e tollerata la violenza contro le donne». Vittima, infatti, «una giovane la cui vita è stata spezzata in un contesto di fragilità e violenza sistemica». La professione di sexworker “è una delle più vulnerabili, spesso esposta alla violenza fisica, psicologica ed emotiva, eppure ci si può interrogare seriamente se le tutele attuate finora siano adeguate. Le donne che scelgono, o sono costrette, a lavorare nel sesso spesso non sono riconosciute come persone, ma come oggetti di consumo, le cui vite sono considerate meno importanti”. Un sistema che consente questa condizione «e che porta a stigmatizzare le prostitute – sottolinea Chantal Buntschu – dev’essere messo urgentemente in discussione. Nessuna persona dovrebbe essere lasciata sola a fronteggiare la violenza, senza che ci sia una rete di tutela e leggi a garantirle la sicurezza nell’esercitare la propria professione. Una professione legale in Svizzera e che, come tale, va rispettata».

‘Sorveglianza giuridica e sociale insufficiente’

Nel mirino del Coordinamento c’è inoltre l’atteggiamento della Svizzera nei confronti della Convenzione di Istanbul: entrata in vigore da noi nel 2018, riconosce varie forme di violenza (fisica, psicologica, sessuale, fino alle molestie e agli atti persecutori) e stabilisce principi chiari e fondamentali per prevenire e contrastare la violenza contro le donne, tra cui la protezione delle vittime, il perseguimento penale e l’approccio globale e coordinato alla violenza di genere: “Tuttavia la Svizzera ha firmato la Convenzione con quattro riserve, lasciando di fatto molte lacune nelle politiche di protezione, in particolare per le sexworkers. Infatti se da un lato sono stabiliti i principi di protezione e prevenzione, dall’altro la realtà delle donne vulnerabili e le mancanze nelle politiche nazionali restano visibili e insostenibili”. Nel concreto, in Ticino “non esistono sufficienti sorveglianze giuridiche e sociali per chi vive questo tipo di lavoro”. Basti pensare, evidenzia il Coordinamento, che in Gran consiglio è ferma dal 2019 una mozione che chiede una lotta risoluta contro la tratta di esseri umani, di cui un terzo sono vittime della prostituzione. Per tutti questi motivi “è necessario un cambiamento radicale, che parta da una revisione delle normative esistenti, ma anche da un impegno concreto a proteggere le sexworkers e a garantire loro l'accesso a diritti fondamentali, come la salute, la sicurezza e il rispetto della loro dignità umana”.

I DUE CO-RELATORI

‘La legge non può risolvere tutto’

Amanda Rücket e Giorgio Galusero da qualche tempo non siedono più in Gran Consiglio ma ricordano bene il lungo tergiversare nella Commissione della legislazione, durante la seconda metà dello scorso decennio, sul progetto di legge. «Come altri ambiti – premette Amanda Rückert – anche quello molto particolare della prostituzione è in continua evoluzione e a sua volta la legge deve, nel limite del possibile, poter essere adeguata per risultare efficace. Durante le discussioni commissionali di allora si poneva la necessità di meglio regolamentare postriboli e appartamenti. Nel secondo caso infatti in taluni quartieri abitati la proliferazione rendeva tesa la convivenza con la popolazione. Quel problema mi sembra oggi in buona parte risolto, ma certo allora non si poteva prevedere con certezza che l’offerta sarebbe defluita verso gli Airbnb, i cui titolari mi sembrano a ogni modo abbastanza reattivi nell’impedire che vengano usati per il sesso a pagamento, o il servizio a domicilio del cliente. Ora, per quest’ultimo aspetto temo difficilmente immaginabili degli articoli di legge. Però evidentemente è un tema che merita una riflessione. Magari una soluzione potrebbe essere quella di facilitare delle alternative sul territorio, indicando apposite zone. D’altronde il settore al suo interno si è già dotato di uno strumento efficace di auto-aiuto, ossia la black list nella quale si segnalano i clienti problematici», fra cui figura il 27enne di Lodrino, costretto quindi a rivolgersi al ‘mercato’ d’oltre frontiera. Il tema escort è forse stato sottovalutato? «Lo abbiamo affrontato – risponde Giorgio Galusero – giungendo però alla conclusione che la legge non può arrivare ovunque. Men che meno laddove la prostituta arriva per qualche ora dall’Italia e poi se ne torna oltre frontiera. E comunque dev’essere anche chiaro che chi svolge volontariamente questa professione, lo fa a suo rischio e pericolo». Ben altro paio di maniche è lo sfruttamento: ma per questo c’è il Codice penale.