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Asili nido, Bellinzona ultima: politica al bivio sul potenziamento

Dalla Gestione due rapporti sulla mozione della Sinistra che chiede di realizzare strutture comunali. Mentre il Cantone e Berna hanno sospeso gli aiuti

(Ti-Press)
5 luglio 2025
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Tutti d’accordo sul fatto che a Bellinzona l’offerta di asili nido sia carente rispetto alla richiesta e che vada aumenta. La divergenza è sul come: chi caldeggia un ruolo del Comune (mozionanti e maggioranza Commissione della gestione), chi è possibilista ma preoccupato per gli effetti sulle finanze (Municipio) e chi preferirebbe un approccio coordinato col Cantone e gli attori privati (minoranza commissionale). A quasi due anni dalla mozione depositata dall’Unità di sinistra che chiede di stanziare un credito per realizzare uno o più asili nido comunali a prezzi accessibili, giovedì la Gestione ha firmato i due rapporti con quattro commissari contrari (Plr, Centro, Lega/Udc e come corelatori Patrick Rusconi e Pietro Ghisletta, ma c’è anche una firma con riserva) e quattro favorevoli (Sinistra, Verdi/Fa e Più Donne/Noce/Avanti con Ticino & Lavoro e relatrice Lorenza Giorla-Röherenbach). In questo secondo caso il rapporto è considerato di maggioranza contando doppio la firma del presidente Michele Egloff (Sinistra).

Il peso del decreto Morisoli

Nelle sue osservazioni preliminari dello scorso settembre, il Municipio ha scritto che la mozione “potrebbe essere accolta” essendoci “disponibilità a considerare la realizzazione in proprio, o in sostegno di terzi, di strutture ritenute fondamentali per lo sviluppo della città e per rispondere ai bisogni delle nuove famiglie”. L’Esecutivo invita però a considerare taluni limiti, fra cui il decreto Morisoli che nell’ambito delle misure di risparmio impedisce al Cantone, per alcuni anni, di sussidiare fra gli altri anche nuovi asili nido o un aumento dei posti in strutture preesistenti. Conseguenza: qualsiasi nuova iniziativa ricadrebbe sul solo Comune. Anche la Confederazione ha tirato i remi in barca, avendo stoppato da quest’anno i contributi d’avviamento per nuove strutture. Inoltre il Municipio indica come non ottimale limitarsi a promuovere, se sarà il caso, un solo asilo nido: “Anche in funzione delle necessità dei quartieri periferici, risulterebbe più rispettoso implementare almeno tre strutture che coprano le aree sud, nord e centro”, con tuttavia un onere annuo totalmente a carico del Comune pari a 1,4 milioni. Tutto ciò veniva scritto dieci mesi fa; nel frattempo questo febbraio il municipale liberale radicale Renato Bison, capodicastero Educazione, cultura, giovani e famiglie, ha comunicato alla Gestione di aver avviato valutazioni orientate a integrare l’offerta di asili nido nello studio di fattibilità comunale in corso e dedicato allo sviluppo dell’offerta dei centri extrascolastici. Si attendono perciò le osservazioni finali dell’Esecutivo, dopodiché il Consiglio comunale deciderà sulla mozione.

‘Togliere l’offerta alle logiche di mercato’

A questo riguardo la maggioranza commissionale scrive che la prospettata riorganizzazione dell’intero settore dell’extrascolastico e degli asili nido sotto l’egida comunale “potrebbe rappresentare la cornice ideale per questa evoluzione. Il Comune potrebbe sviluppare un’offerta unitaria e coerente, magari all’interno di una ‘casa dell’accudimento’ in grado di unire sotto un’unica visione logistica, educativa e gestionale l’insieme dei servizi per la prima infanzia”. Quanto al quadro attuale, nel confronto su scala cantonale “è peraltro solo il Bellinzonese a registrare un fabbisogno scoperto (18 posti) già al limite inferiore della stima”, mentre a quello superiore è di 92, ossia quasi la metà della domanda inevasa a livello cantonale pari a 190. “Un esempio virtuoso è rappresentato dalla Città di Lugano, che dispone di quattro nidi d’infanzia a gestione pubblica, pienamente integrati nell’offerta cittadina e finanziariamente sostenibili”. La carenza turrita invece “contribuisce a un circolo vizioso che rafforza le disuguaglianze sociali, lasciando le famiglie più vulnerabili prive di un supporto fondamentale per l’integrazione socioprofessionale”. Senza contare che le tariffe praticate dalle strutture attuali “risultano spesso troppo elevate per una parte significativa della popolazione”. Da qui la convinzione che sia “indispensabile un intervento pubblico diretto. È necessario che il Comune contribuisca a completare l’offerta oggi lasciata in gran parte alle logiche del mercato, le quali tendono a trascurare i bisogni di accessibilità economica e la capillarità”. Inoltre “il pubblico può porsi come modello di qualità e trasparenza nella gestione, contribuendo a elevare l’intero settore”.

‘Meglio un impegno congiunto’

Per contro la minoranza commissionale ricorda che a sua volta il Cantone ha presentato in maggio uno studio sui servizi extrascolastici presenti in Ticino che servirà quale indicatore per una valutazione del bisogno e delle risposte da dare sul piano locale: “Il nuovo piano non si limita ad ampliare l’offerta ma guarda anche alla qualità e all’equità territoriale. In programma ci sono 145 nuovi posti per la fascia prescolare e 300 per quella scolastica, per un investimento di 4,2 milioni entro il 2028”. Per affrontare la penuria di nidi d’infanzia pubblici a Bellinzona, “è necessario un impegno congiunto da parte delle autorità pubbliche e della società civile nonché di privati che con tutta una rete di sostegni e con i propri mezzi possano gestire un asilo nido economicamente sostenibile”. E quanto alla decisione municipale d’integrare lo sviluppo e la gestione operativa dei nidi nel contesto dell’extrascolastico, sempre la minoranza “accoglie positivamente tale prospettiva, poiché rappresenterebbe una garanzia per un coordinamento efficace tra i vari attori privati presenti sul territorio, i quali anche alla luce dell’annuncio relativo ai crediti cantonali potrebbero essere interessati a creare uno o più asili nido”.

Pollice verso invece sulla mozione: “Inadeguata nel merito e nel metodo. Affrontare un problema sociale con una risposta unicamente burocratica e strutturale rischia di generare più criticità che benefici, soprattutto in un contesto finanziario già segnato da vincoli e limitazioni”. La gestione comunale di uno o più nidi “implicherebbe infatti costi fissi permanenti legati a infrastrutture, personale e manutenzione. Col rischio concreto di dover aumentare il moltiplicatore fiscale. Un simile scenario avrebbe effetti negativi sul bilancio comunale e inciderebbe direttamente sul potere d’acquisto dei cittadini, in particolare delle famiglie del ceto medio, che già oggi non beneficiano di sussidi specifici”.