La struttura luganese, che in autunno festeggia i 125 anni, assieme alla Santa Chiara nel 2024 hanno registrato un utile di 2,3 milioni di franchi
Quello appena trascorso è stato un anno positivo per il Gruppo Ospedaliero Moncucco. Nel 2024, le cliniche Moncucco di Lugano e Santa Chiara di Locarno hanno curato complessivamente 101’267 pazienti: 10’620 in regime stazionario e 90’647 in ambito ambulatoriale. Se il numero dei ricoveri è rimasto pressoché stabile rispetto all’anno precedente – con un incremento di sole cinque unità – l’attività ambulatoriale ha registrato una crescita dell’8,3%. Secondo il presidente del gruppo, Mauro Dell’Ambrogio, questa tendenza è da considerarsi positiva: «Queste cifre confermano un’evoluzione già in atto da alcuni anni nel settore sanitario. Anche su pressione degli assicuratori, i medici cercano di curare i pazienti evitando il ricovero, il che comporta un aumento delle prestazioni giornaliere e una riduzione dei costi sanitari».
Fin dalla sua fondazione, avvenuta 125 anni fa, il Gruppo si impegna a rispondere in modo adeguato ai bisogni dei pazienti. In linea con il proprio statuto, gli utili vengono reinvestiti in infrastrutture, tecnologie e progetti formativi. E proprio dalla primavera del 2024, la sede di Moncucco è l’unico istituto privato ticinese a proporre un servizio diagnostico di medicina nucleare tramite esami Pet-Tac. Questa tecnologia avanzata, come spiega il direttore Christian Camponovo, «consente di completare la gamma diagnostica, in particolare nel campo oncologico. Con questa realizzazione si conclude un percorso iniziato nel 2010 con l’apertura del Centro di radioterapia dell’allora Clinica Luganese, finalizzato allo sviluppo di un’offerta oncologica diagnostica e terapeutica all’avanguardia».
Questi investimenti sono stati possibili anche grazie agli utili d’esercizio degli ultimi anni, confermati nel 2024. L’anno scorso il Gruppo ha chiuso con un fatturato superiore ai 175 milioni di franchi e un utile di esercizio pari a 2,33 milioni. Nel dettaglio, il fatturato proveniente dall’attività è così suddiviso: 53,8 milioni dai contratti di prestazione con lo Stato, 114,6 milioni dalle assicurazioni (obbligatorie e complementari), e la parte restante da altre entrate non legate ai ricoveri. Come sottolinea il direttore, «queste risorse generano un valore aggiunto per il Ticino o la Svizzera: i medicamenti e il materiale sanitario sono una spesa importante (32,1 milioni di franchi, ndr) che resta quasi interamente in Svizzera (79% della spesa, il resto viene investito in Ticino, ndr). Lo stesso vale per le grosse apparecchiature e le installazioni particolari (12,5 milioni di cui 52% in Ticino, 46% in Svizzera e il resto all’estero, ndr). Dove possibile, cerchiamo di investire sul territorio, come per i fornitori di generi alimentari (2 milioni di franchi di cui il 91% investito in Ticino, ndr)».
Per quanto riguarda il personale, la spesa salariale ha raggiunto i 109,1 milioni di franchi, di cui il 71% è rimasto in Ticino, mentre il resto è stato destinato all’estero. Nel 2024 sono stati creati 16 posti di lavoro, portando il totale dei collaboratori da 1’022 a 1’038. Di questi il 67% risiede in Svizzera. Un numero significativo di lavoratori è coinvolto in percorsi formativi: tra studenti di discipline sanitarie, apprendisti, specializzandi e medici assistenti, il Gruppo conta 244 persone in formazione. Si tratta di un impegno concreto nella preparazione del personale sanitario del futuro, che il Gruppo considera una delle sue priorità: «Riteniamo che questo rappresenti un contributo importante alla società – precisa il presidente –. Uno dei principali problemi del nostro sistema sanitario è la carenza di personale. Per colmare questa lacuna, un giovane su quattro dovrebbe scegliere una professione in ambito sanitario. Una prospettiva purtroppo illusoria, e per questo continueremo a dipendere dall’immigrazione». Dell’Ambrogio, ha tenuto a sottolineare in particolare gli investimenti in progetti di utilità pubblica: «Tra il 2016 e il 2024, oltre cinquanta persone fuggite dai loro Paesi di origine hanno frequentato la scuola interna del Gruppo per apprendere prima la lingua e poi una professione. Circa trenta di loro si sono diplomati e sono stati inseriti in strutture sanitarie. Questo progetto dimostra che anche una struttura privata può offrire un contributo significativo in ambito sociale».