laR+ Capriasca

Claudio Naiaretti si congeda dalla Fondazione San Gottardo

L’ente di Lopagno cambierà il direttore a inizio 2026. Tra le sfide future ci sono l’invecchiamento, l’aumento di disturbi psichici e l’integrazione

La storica villa
(Ti-Press)
19 maggio 2025
|

Dopo quasi vent’anni di legame con la Fondazione San Gottardo di Lopagno e oltre dieci anni alla direzione, Claudio Naiaretti lascerà il suo incarico alla fine del 2025. Architetto di formazione, ma con una lunga esperienza legata al sociale, Naiaretti ripercorre la sua carriera a sostegno delle categorie più fragili, un percorso che lo ha portato dal Sud America fino a Casa Don Orione. In questi anni trascorsi in Capriasca, ha assistito al costante miglioramento della percezione da parte della popolazione nei confronti delle persone con disabilità, ma vive la convinzione che vi sia ancora molto da fare.

Dal 2006 nel Consiglio di fondazione

Prima di approdare a Lopagno, il direttore della Fondazione aveva già scelto una strada diversa rispetto a quella dell’edilizia: quella dell’impegno sociale. Un cammino iniziato negli anni 90 in Colombia, nel progetto diocesano di Barranquilla, proseguito poi nell’ambito della cooperazione allo sviluppo a livello internazionale in Africa, Asia, America Latina e nei Paesi dell’Europa dell’Est. «Al mio rientro dalla Colombia non ho più lavorato come architetto, ma ho continuato con l’impegno sociale. La San Gottardo l’ho vista nascere e crescere. Nel 2006 sono entrato nel Consiglio di fondazione e, dopo otto anni, ne sono diventato direttore. Questo ruolo mi ha arricchito molto: è un privilegio poter vivere in un contesto che ogni giorno ti regala nuove sfide e nuovi stimoli al servizio delle persone».

Da piccolo foyer a una casa signorile

Negli anni, la Fondazione – nata nel 1996 per occuparsi dell’accoglienza e dell’accompagnamento di persone adulte con disabilità – è cresciuta notevolmente. «Mimì Lepori Bonetti, Carlo Doveri e Mauro Mini, al momento della costituzione dell’associazione, si erano presi a cuore una piccola struttura a Bedano: il foyer Casa Alba. L’edificio poteva accogliere una decina di utenti, ma nel tempo c’è stata una crescita, anche per rispondere meglio ai bisogni emergenti e alle indicazioni del Cantone, con il quale la collaborazione è determinante. Siamo sì un ente privato, ma sottostiamo comunque a una pianificazione cantonale». Nel 2002 l’associazione si è trasformata in Fondazione, per garantire un maggiore sviluppo dell’ente. Nel 2008, la Congregazione Don Orione decide di ritirarsi dal Ticino e cede la gestione della sua struttura – una villa signorile costruita nel 1912 da Ernesto Quadri su commissione dell’armatore italiano Giancarlo Ageno – alla Fondazione San Gottardo.

La crescita non si è arrestata, e oggi, spiega Naiaretti, «oltre a Casa Don Orione gestiamo il foyer Cà Mia a Barbengo, diversi centri diurni, laboratori e 23 appartamenti protetti, sempre nel Luganese. Attualmente accogliamo 127 persone e, dal 2026, con l’accorpamento dell’Istituto San Nicolao di Treggia, se ne aggiungeranno altre 14. Cerchiamo sempre di offrire il miglior contesto possibile, in base ai loro bisogni, ma soprattutto alle loro potenzialità».

Tipologie di disabilità cambiate nel tempo

Queste strutture per l’accoglienza negli anni si sono trasformate. «Oggi si parla di autonomia e di autodeterminazione della persona, e non solo di protezione. Lo sguardo è cambiato, e cambiano anche le attività per soddisfare le esigenze in continuo mutamento». Come, ad esempio, il campo da pallacanestro presente a Casa Don Orione che nel 2016 è stato trasformato in un minigolf, «anche per permettere una mobilità anche alle fasce di età più anziani». Infatti, rispetto a qualche decennio fa, grazie al miglioramento delle cure, anche per le persone con disabilità è cresciuta la speranza di vita: «Oggi ci confrontiamo a Casa Don Orione con il tema dell’invecchiamento, con persone che arrivano a superare gli 80 anni, mentre, in passato, raramente raggiungevano un’età avanzata. Questo ha un impatto notevole anche sulle famiglie: prima i genitori non si preoccupavano di cosa sarebbe accaduto dopo la loro morte, ma oggi incontriamo persone disabili che hanno come unico riferimento fratelli, spesso, altrettanto anziani, che fanno fatica a prendersi cura di loro. L’evoluzione medica ha portato molti benefici, e anche nuove sfide per le nostre strutture di accoglienza».

Oltre alla popolazione che raggiunge la terza – e in alcuni casi la quarta – età, la Fondazione è sempre più spesso confrontata anche con il disagio psichico che spesso tocca anche i giovani: «Per dare risposte sempre più appropriate dobbiamo aprirci e lavorare sempre più in rete, con le famiglie, sviluppando sinergie con servizi territoriali, servizi sanitari, con le case anziani e le strutture psichiatriche. Un tempo si pensava che il disagio psichico fosse tipico dell’età adulta, mentre oggi ci confrontiamo con questo disagio che tocca una popolazione sempre più giovane». Naiaretti evidenzia anche il ruolo fondamentale delle diagnosi precoci che permettono di identificare in anticipo dei possibili disturbi: «Un altro tema d’attualità sono i disturbi dello spettro autistico. Grazie a diagnosi precoci, già in età infantile, ci si auspica che sarà possibile intervenire per garantire a queste persone una vita più stabile e di qualità».

Migliorare l’accoglienza in tutti gli ambiti

Il futuro direttore dovrà dunque affrontare una realtà in continuo cambiamento e in costante evoluzione. Per Naiaretti, però, la missione principale della Fondazione dovrà rimanere quella della qualità dell’accoglienza: «Tra le sfide future, sicuramente, c’è il rafforzamento del lavoro in rete. Ma il mio auspicio è che il lavoro svolto all’interno delle nostre strutture venga percepito e sostenuto anche all’esterno, nella società tutta. Spesso la disabilità emerge quando il contesto è esclusivo e limitante. Sono convinto che se tutti noi riuscissimo a soffermarci meno sui limiti delle persone, e riuscissimo a vedere in ognuno la potenzialità e la ricchezza, la disabilità non escluderebbe nessuno». Claudio Naiaretti, che intende continuare a collaborare con la Fondazione – «non posso lasciare un mondo che fa parte di me» –, si augura che il suo successore, oltre alle sfide di gestione e le responsabilità del ruolo, «possa apprezzare la gioia e il valore delle piccole cose che questo contesto regala ogni giorno, e possa vivere questa bellissima esperienza con entusiasmo e passione».