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‘Cicatrici nel cuore e nell’anima’: chiesti 7 anni per il nonno abusatore

Per la pubblica accusa la vittima è credibile e l’imputato no, mentre per la difesa non sussiste violenza carnale e sarebbe sufficiente una pena sospesa

In sintesi:
  • Per la pubblica accusa il 78enne non merita alcuno sconto: ‘Sapeva che stava abusando sessualmente di una bambina’
  • La difesa contesta che non siano stati fatti gli accertamenti medici dopo la presunta violenza
Autolesionismo e istinti suicidi: la vittima soffre
(Ti-Press)
10 settembre 2025
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«La sua è una colpa molto grave, senza sconti: sapeva che stava abusando sessualmente di una bambina e ha continuato a farlo indisturbato per tre anni». Nessuna attenuante nella ricostruzione della procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis: gli abusi sessuali commessi dal nonno, oggi 78enne, ai danni della nipote nel periodo tra i 7 e gli 11 anni sono da punire con una condanna di sette anni di carcere e un trattamento ambulatoriale. Opposta la visione della difesa. Per l’avvocata Laura Rigato la pena dovrebbe essere compresa tra i diciotto mesi e i due anni al massimo, pena sospesa con l’obbligo di sottoporsi alle cure psichiatriche necessarie. Questo perché l’imputato non riconosce il reato più grave, ossia la violenza carnale, né il numero di episodi contestati.

‘Incolpa la vittima: non c’è limite al peggio’

Durante l’interrogatorio del presidente della Corte Amos Pagnamenta, il 78enne ha più volte parlato di pensieri e comportamenti disfunzionali avuti in quel periodo. «Quasi come se a fare quelle cose orribili fosse stata un’entità terza – ha osservato la pp –. Invece era lui. Eppure continua ad accampare scuse e giustificazioni, ma presto o tardi dovrà accettarlo: la sua diagnosi è di disturbo pedofilico». La pp ha criticato «le sue bugie in aperto contrasto con le prove. Incredibilmente ha continuato a sostenere che abbia commesso i fatti per il piacere della nipote. Ha sostenuto che lei gli avesse teso una trappola seducendolo. È l’abusatore che incolpa la vittima, non c’è limite al peggio». Per l’accusa, l’imputato ha commesso un minimo di dieci atti sessuali culminati nella violenza carnale che hanno portato la bambina a dire basta e a sporgere denuncia in Svezia, Paese di origine e residenza della minore.

Scontro sulla credibilità

«Le accuse più gravi sono emerse solo in un secondo momento – ha detto da parte sua Rigato –. Di fronte a un’accusa di violenza carnale, dovrebbero essere stati fatti degli accertamenti medici, che in quest’inchiesta (avviata e condotta in buona parte in Svezia, ndr) mancano. Neppure i genitori hanno dato credito alla figlia inizialmente». «La vittima è credibile – per la pp –. Le sue versioni sono lineari, costanti, precise e dettagliate. Certo, le sue dichiarazioni non sono perfette, ma nella loro imperfezione esprimono tutta la genuinità di una bambina di 11 anni. L’accusato invece non è credibile, ha la tendenza alla menzogna e alla manipolazione, come confermato dalla perizia psichiatrica. Ha leso l’integrità fisica e psicologica della nipote, che dovrà convivere per sempre con cicatrici nel cuore e nell’anima. Soffre di depressione e di disturbo post traumatico da stress, con ricorrenti pensieri suicidi». Tesi confermate dalla patrocinatrice della vittima. «È avvilente la tentazione costante del 78enne di ribaltare la responsabilità sulla vittima – ha detto l’avvocata Maria Galliani –. Non è stato irretito da una bambina sessualizzata, ma si è tolto una sua soddisfazione. In generale, il comportamento tenuto non gli fa onore: non un rimorso o delle scuse nei confronti della nipote che ha visto crescere».

Tra le bugie che avrebbe raccontato l’anziano, il fatto che prima della vigilia di Natale del 2023 – quando sarebbe avvenuto l’ultimo e più grave abuso – sarebbe stata l’unica volta che fossero rimasti da soli. Durante l’arringa Rigato ha invece sottolineato che «il disturbo pedofilico può portare a una percezione distorta della realtà. Non è una giustificazione, ma è poco consapevole di quanto commesso e va aiutato con una presa a carico psichiatrica massiccia». Le sofferenze della vittima per contro sarebbero «precedenti ai fatti e acuite anche da un disturbo neurologico». Per la difesa, infine, l’impotenza dell’uomo gli avrebbe impedito la violenza carnale. «Ha fatto una cura per combatterla, con buoni risultati e l’ultima volta due mesi prima della violenza», la precisazione della pp.

La sentenza è attesa domani.

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