Luganese

‘Stanchi e soprattutto spaventati’: in Ticino i primi bimbi da Gaza

Una 15enne si trova da venerdì all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona. Con la mamma e i fratelli, tutti minori, sono stati accolti dalla Croce Rossa

In sintesi:
  • Il loro arrivo è inquadro nell’azione umanitaria della Confederazione, per permettere a bambini gravemente feriti di potersi curare
  • Già avviata la procedura d’asilo per la giovane e i suoi familiari
  • Un secondo ragazzo arriverà nelle prossime settimane
La famiglia, accolta venerdì all’aeroporto di Agno
(Ti-Press/Keystone)
25 ottobre 2025
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Tanta stanchezza per il lungo e complicato viaggio. E ancor più paura dovuta ai due anni di brutale conflitto. Si sono lasciati l’inferno della Striscia di Gaza alle spalle, per atterrare all’aeroporto di Lugano-Agno poco dopo le 17 di ieri, venerdì 24 ottobre, una madre e i suoi sei figli. Nelle valigie la speranza di un po’ di pace e soprattutto di salute. Non son rifugiati come gli altri, ma si tratta della famiglia della prima bambina accolta dal Ticino nell’ambito dell’azione umanitaria coordinata dalla Confederazione – parte di una più ampia mobilitazione internazionale –, che permetterà a una ventina di bambini di accedere a cure urgenti in Svizzera. I primi sette sono arrivati e fra questi una è stata accolta anche in Ticino.

Quattromila bambini rischiano la vita a Gaza

Si tratta di una ragazza di 15 anni, che al suo atterraggio è stata immediatamente trasferita all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona. Ad accogliere lei e la sua famiglia, escluso il padre, direttamente allo scalo è stata la Croce Rossa Svizzera sezione del Sottoceneri (Crss). La direttrice Debora Banchini Fersini ci ha raccontato le prime impressioni e come funzionerà la presa a carico. In attesa dell’arrivo, ancora non si sa quando, di un secondo bambino palestinese malato o ferito. Nella Striscia, come noto, le strutture sanitarie sono state quasi completamente distrutte in due anni di guerra e quel poco che è rimasto non è chiaramente in grado di prendersi a carico la popolazione e fornire loro un’assistenza medica adeguata. L’Organizzazione mondiale della sanità ha registrato circa 19’000 persone che necessitano di un’evacuazione urgente da Gaza per motivi medici. Tra questi, 4’000 sono bambini che rischiano la vita a causa di lesioni o malattie che nel proprio Paese non possono essere adeguatamente curate.

Accolti con merenda e peluches. ‘È stato molto emozionante’

«Eravamo già all’aeroporto quando è atterrato il volo della Rega sul quale viaggiavano, erano da poco passate le 17 – ci dice Banchini Fersini –. È stato un momento molto emozionante e molto bello. Sono stati introdotti dalla Segreteria di Stato della migrazione (che assieme ad altri Dipartimenti federali si è occupata dell’azione, ndr). Viaggiavano con l’interprete di Medici senza frontiere, che è poi salita sull’ambulanza della Croce Verde di Lugano assieme alla bambina ferita e a sua madre e sono subito partiti per l’Ospedale San Giovanni. Noi siamo rimasti a occuparci degli altri: cinque, tra fratelli e sorelle». Qual è stato il primo impatto? «Abbiamo cercato di farci conoscere e di accoglierli nel modo più positivo possibile, cercando di farli sentire a loro agio e benvoluti. Abbiamo portato loro dei peluches e abbiamo organizzato una piccola merenda, e poi li abbiamo trasportati con i nostri pulmini in uno dei nostri centri nel Bellinzonese».

‘Erano soprattutto spaventati’

E una volta arrivati lì? «Di fatto siamo rimasti con loro tutto il tempo. A cena, durante la serata e poi per l’intera notte. Sono arrivati naturalmente molto provati e stanchi, dopo un viaggio lunghissimo ed estenuante (due giorni di viaggio in pratica, dalla Striscia alla Svizzera, passando per le autorità israeliane e la Giordania, ndr), è stato complicato farli venire qui. Ma erano soprattutto spaventati, sono scappati da un luogo difficilissimo. Per noi è inimmaginabile quel che hanno vissuto questo bambini, la cosa più importante era farli sentire al sicuro e far capire loro che potessero tirare il fiato. Abbiamo fatto trovare loro dei giochi al centro, ma chiaramente per loro è stato tutto molto spiazzante. La priorità era che potessero mangiare, sistemarsi, addormentarsi, riposarsi e soprattutto sentirsi sicuri. Alla sera siamo andati a prendere all’ospedale la mamma, perché com’è normale che sia soprattutto i bambini più piccoli chiedevano di lei, e l’abbiamo accompagnata dai figli per la notte. Da oggi inizieremo a ragionare con loro su quali sono le prossime priorità».

A breve a scuola. Barriera linguistica? ‘L’umanità non ha lingua’

A cominciare da quelle educative, vista l’età. «Sì, sono tutti minorenni, varie fasce d’età: dai bambini molto piccoli agli adolescenti. Come tutti i richiedenti l’asilo che accogliamo, avranno una presa a carico sociale, psicologica, sanitaria, educativa. Una volta dato loro il tempo di stabilizzarsi, di far passare la stanchezza e almeno un po’ la paura che hanno, verranno inseriti nelle scuole, affinché comincino a respirare pian piano una normalità. È importante che possano tornare il prima possibile a vivere una vita dignitosa, come merita ogni bambino, e la scuola in questo ha un ruolo fondamentale» precisa la direttrice. C’è anche una barriera linguistica, dato che naturalmente nessun bambino parla italiano e solo uno un po’ l’inglese. «Alla fine, come sempre, l’umanità non ha una lingua e ci siamo capiti. Quando offri accoglienza, quando fai sentir loro che sono benvoluti e che siamo qui per loro, si trova il modo per comunicare anche se si parlano lingue differenti. Oggi (sabato, ndr) abbiamo affiancato loro una nostra infermiera che parla anche l’arabo».

Domanda d’asilo già depositata

Scuole a parte, la famiglia intraprenderà ora anche la canonica procedura d’asilo. La domanda è stata già depositata in volo. La Crss, che su mandato e in collaborazione con il Dipartimento sanità e socialità si occupa della prima accoglienza, sarà al loro fianco. «La loro mamma farà per forza di cose avanti e indietro dall’ospedale, noi saremo sempre presenti, per tutto – rassicura la nostra interlocutrice –. A una nostra prima visione i fratelli della bambina non riportano problematiche fisiche, ma chiaramente portano con sé profonde ferite psicologiche. In ogni caso nei prossimi giorni saranno tutti regolarmente visitati. La sera dell’arrivo non abbiamo fatto loro domande né sul viaggio né sul vissuto. Se e quando vorranno loro, ci racconteranno. Per noi è importante cercare di farli sentire bene».

‘Felici che una porta si sia un po’ aperta’

Un’accoglienza che arriva in un momento molto delicato per la Crss: ricordiamo che a causa dei tagli voluti dal Gran Consiglio, 35 persone perderanno il posto di lavoro, l’ente dovrà riorganizzarsi e ci saranno meno risorse a disposizione per l’accoglienza umanitaria come questa. «È vero, è un periodo molto complicato – ammette Banchini Fersini –. Però ancora una volta, con grande gioia, ci siamo. Indipendentemente da quel succede, tagli o non tagli. La nostra missione è questa: accogliere con umanità e in modo dignitoso le persone. Abbiamo risposto ‘presente’ alla disponibilità mostrata dal Cantone e siamo stati molto felici di poter vedere venerdì una porta che un po’ si è aperta». Per accogliere almeno uno dei quattromila bambini vittime innocenti di questa guerra.

PRESA A CARICO SANITARIA

Ferite ‘diretta conseguenza del conflitto’

E un ruolo centrale nell’intera operazione lo svolgono evidentemente le strutture sanitarie. L’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) in primis e in particolare l’Istituto pediatrico della Svizzera italiana (Ipsi). Al primario dell’Ipsi abbiamo come sarà gestita la presa a carico della 15enne palestinese ferita. «Seguirà l’iter di qualsiasi paziente che arriva nel nostro ospedale – ci spiega il dottor Giacomo Simonetti –. Questo comprende una fase diagnostica e una terapeutica. Se ci sono determinate problematiche fin da subito, bisogna instaurare una terapia immediata, che sia possibilmente risolutiva». Parla di diagnostica. Vista il contesto umanitario molto grave dal quale provengono, non è dunque stato fatto nulla nel suo Paese d’origine? «Una prima diagnostica è già stata fatta, abbiamo delle informazioni, che naturalmente dobbiamo completare con i mezzi che abbiamo noi a disposizione».

‘Sappiamo come gestire i migranti’

Il primario chiarisce che non ci si può esprimere sulle patologie delle quali soffre la giovane, ma «le cure mediche delle quali ha bisogno sono una diretta conseguenza del conflitto in atto a Gaza». Nella Striscia non ha avuto accesso a nessun tipo di cura? «Questi aspetti rientrano nel segreto medico e non posso esprimermi». Simonetti aggiunge che l’Ipsi – attivo sia a Bellinzona sia a Mendrisio – ha già una certa familiarità con le famiglie di migranti, in particolare quelle che arrivano al Centro federale d’asilo di Chiasso. «Sebbene al Centro siano operativi dei pediatri interni, capita che arrivino dei rifugiati in Pronto soccorso anche da noi. Persone sulle quali non sappiamo assolutamente nulla, non conosciamo il loro passato sanitario, ma se veniamo interpellati siamo sempre a disposizione, per qualsiasi paziente pediatrico in caso di emergenze o visite specialistiche». Con questa filosofia, se necessario, i pediatri dell’Ipsi potranno prendersi cura di eventuali patologie anche dei fratelli della ragazza. «È chiaro che qui siamo di fronte a una situazione particolare, se ne parla da mesi, da anni, nei media – prosegue il dottore –. Ma tutti quegli aspetti psicologici, culturali, legati alla barriera linguistica, che si accompagnano a situazione umanitarie come questa, li conosciamo già e siamo già abituati ad affrontarli. Che provengano dalla Somalia, dall’Afghanistan o da altre zone di guerra, che abbiano affrontato lunghi viaggi per terra o per mare. Abbiamo delle persone preposte per la presa a carico di queste persone, sappiamo come gestirle».

In arrivo anche un secondo bambino

Prese a carico complesse, a maggior ragione se si tratta di bambini, che hanno necessità accresciute. «Nelle nostre strutture, a Bellinzona in particolare, abbiamo un’educatrice che si occupa dell’educazione dei pazienti – precisa Simonetti –. In particolare per i malati cronici sono importanti, oltre alle cure, l’educazione e lo svago. Parliamo pur sempre di bambini e ragazzi. Si cerca di strutturare le giornate come se questi ragazzi andassero a scuola». Oltre alla 15enne, il Cantone dovrebbe prossimamente accogliere un secondo piccolo paziente. «Sì, sappiamo che in accordo con l’Eoc è stata data questa disponibilità e noi siamo pronti. Ma dettagli sul suo arrivo non ne abbiamo». E la 15enne, è già stata visitata. Quanto a lungo dovrà restare ricoverata? «È prematuro dirlo». Ma potrà guarire? «Noi medici siamo sempre ottimisti (sorride, ndr)», conclude con una nota positiva il primario.