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‘Ffs Cargo smantella in Ticino? E noi siamo pronti a organizzare la resistenza’

Il Comitato dei contrari chiama a raccolta la cittadinanza il 29 agosto a Mendrisio. ‘In gioco ci sono il lavoro, l’ambiente e la volontà popolare’

‘Adesso è tempo di creare un rapporto di forza’
(Ti-Press/Francesca Agosta)
17 luglio 2025
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Questa volta sarà resistenza. E a fare muro alla politica di Ffs Cargo (e di fatto delle Ferrovie) non vi sarà solo il fronte sindacale, al suo fianco scenderanno in campo pure la politica attiva, l'associazionismo ambientalista e le autorità comunali. Lo schieramento, si fa capire, è ampio e l'intenzione dichiarata del Comitato dei contrari alla ristrutturazione della rete del trasporto combinato è quella di mobilitare la cittadinanza. Si respirava aria di battaglia questa mattina, giovedì, sul marciapiede della stazione ferroviaria di Mendrisio. Oggi come ai tempi delle Officine di Bellinzona, del resto, in gioco c’è la perdita di posti di lavoro (40 in Ticino), e con essa il peggioramento della qualità di vita (con il riversamento di altre migliaia di camion sulle strade lungo lasse nord-sud), oltre alla rottura del patto stretto a suo tempo con la popolazione (dall'Iniziativa delle Alpi in poi). La situazione, insomma, è da più parti ritenuta incomprensibile e inaccettabile. Così venerdì 29 agosto a Mendrisio si sfilerà in corteo – dalla stazione al Mercato Coperto – proprio per dire un deciso ‘No allo smantellamento di Ffs Cargo in Ticino’. Aver scelto il Mendrisiotto e Basso Ceresio, d'altro canto, non è un caso. Lo testimoniano le prese di posizione di diversi Municipi della regione, che si sono rivolti direttamente al consigliere federale Albert Rösti, a capo del Dipartimento dei trasporti, per chiedere di invertire la rotta finché si è in tempo. Quello che rischia di pagare il cantone, si legge nero su bianco sull'Appello del Comitato, è "un prezzo altissimo".

Spazio alla protesta

Il momento, in altre parole, è grave. Sull'altare del pareggio di bilancio (di Ffs Cargo) si stanno sacrificando i lavoratori e anche la convinzione (popolare) che un'altra realtà del trasporto merci fosse possibile. Invece, il timore è che i vertici politici e ferroviari stiano mettendo in atto la temuta ‘tattica del salame’ e un pezzo alla volta stiano demolendo un sistema – quello del trasferimento delle merci dalla gomma alla rotaia – in cui si è creduto a tal punto tanto da scrivere il principio nella Costituzione. Per chi oggi è determinato a mettersi di traverso siamo al paradosso. «A dimostrare la gravità della situazione – spiega Matteo Pronzini, gran consigliere Mps – è proprio la volontà oggi, davanti a un attacco trasversale, di unire le forze: organizzazioni sindacali di categoria – Sev, Vslf e transfair – e no – come l'Uss –, partiti, deputati, associazioni ambientaliste e singole persone; senza trascurare il sostegno di una serie di Comuni ticinesi. La manifestazione di fine agosto sarà il nostro megafono in direzione di Bellinzona, anche il Consiglio di Stato deve darsi una mossa, e del Consiglio federale».

L'incognita Stabio

E la voce dei manifestanti si alzerà da sud. Ovvero dalla regione, fa presente Nara Valsangiacomo, parlamentare e presidente di Pro Alps, «dove l'impatto della ristrutturazione sarà più importante, portando con sé la chiusura di 8 terminali, tra cui appunto Cadenazzo e Lugano-Vedeggio in Ticino, e lasciando operativo solo Stabio (peraltro privato, ndr)». Una scelta, quella di puntare sulla direttrice Dietikon-Stabio, che ha in sé un’incognita. «In effetti – invita a riflettere Luca Benato, rappresentante del sindacato Vslf (Sindacato svizzero dei macchinisti e aspiranti) – resta in sospeso un interrogativo: se il test annunciato per il 2026 non funzionerà, ciò significherà chiudere Cargo merci in Ticino? Noi macchinisti non ci stiamo». Il tasso di preoccupazione, infatti, è alto. «Riorganizzare i terminali significa concentrare l'attività nella Svizzera interna, quindi delocalizzare – richiama ancora Benato –. Il grande problema per il Ticino sarà proprio la perdita occupazionale: se tutte le mansioni verranno trasferite Oltregottardo, in futuro nessuno potrà svolgere la professione di macchinista in Ticino».

«Accanto alle questioni sindacali e ambientali – fa memoria ancora Nara Valsangiacomo – vi è in questo caso pure una problematica di volontà popolare. L'Iniziativa delle Alpi aveva precisato un obiettivo costituzionale e quindi legislativo, fissando un massimo di 650mila camion l'anno in transito. Qui, per contro, si registra una tendenza molto preoccupante: negli ultimi anni si è invertito un trend ventennale; e questo è solo un tassello di decisioni politiche che portano sempre più Tir su strada. In particolare, l'abbandono dei terminal da parte di Ffs Cargo comporterà, secondo statistiche delle stesse Ffs, circa 25mila mezzi pesanti in più. Se li uniamo alla prevista chiusura dell'autostrada viaggiante arriviamo fino a circa 100mila. Le prospettive, insomma, sono preoccupanti. La popolazione deve mobilitarsi e chiedere al governo federale di prendersi le sue responsabilità».

Una ‘storia di successo’ a rischio

Per il segretario del Sindacato del personale dei trasporti (Sev) Thomas Giedemann si rischia di scrivere la parola fine su una «storia di successo», quella dei due terminali ticinesi. «Ffs Cargo da sempre è in sofferenza e in questi ultimi anni sta soffrendo in particolare il rallentamento economico in atto a livello europeo – annota –. Una duplice sofferenza che ha portato la direzione di Ffs Cargo, con il beneplacito delle Ffs, a mettere in atto misure di ristrutturazione che di fatto tagliano al piede tanti servizi, e senza particolare riguardo né per il personale, né per i clienti, l'ambiente o la volontà popolare. Sta tutto nel progetto Genesis, con il quale si prevede di eliminare 440 posti di lavoro a livello svizzero entro il 2030. La perdita dei primi 40 posti annunciati a maggio fa parte di questa strategia. Eppure Cadenazzo e Lugano-Vedeggio sono realtà consolidate. Tant’è che l'impianto sopracenerino ha conosciuto uno sviluppo straordinario e al momento è saturo. La nostra rivendicazione, quindi, è che i terminali continuino a essere gestiti da Ffs Cargo».

In direzione contraria

A fare marcia indietro, si scandisce (anche nell'Appello del Comitato), devono essere le Ferrovie. «Auspichiamo che Cargo sia coerente e trasparente nella sua azione e di non ritrovarci, con questa manovra, con un pugno di mosche», chiarisce Gerardina Furlani, segretaria regionale Regione Sud transfair. Ormai, richiama Maurizio Canetta, deputato del Ps e membro del Comitato, «è in atto un attacco generalizzato al servizio pubblico». Infatti, si aggiunge Renato Minoli, dell'Unione sindacale svizzera, settore Ticino e Moesa, «questo non è solo un problema di settore, ma riguarda tutti i cittadini. Occorre far capire, quindi, qual è la posta in gioco e quali sono le conseguenze. Far capire a Berna che il Consiglio federale, sostenuto dal popolo in votazione per ben tre volte, ha investito 14 miliardi per realizzare AlpTransit e trasferire il traffico merci dalla gomma alla rotaia. Adesso questo management sta operando in direzione opposta. Il Governo federale dovrebbe interrogarsi».

E allora, si esorta, non resta che scendere letteralmente in piazza e usare le ‘armi’ della protesta per fare pressione sui piani alti. Volutamente, fa capire Françoise Gehring, che con Gianluca Romanini, vicepresidente Vslf, si sta occupando della manifestazione, si è scelto la data del 29 agosto (alle 18). «Perché il Mendrisiotto? Perché questa regione soffre già molto a causa del traffico – chiarisce Gehring –. La situazione è insostenibile e attenta alla qualità di vita delle persone. L'obiettivo del Comitato, dunque, è lanciare un segnale non solo locale, ma al cantone e alla Svizzera: qui si sta calpestando la volontà popolare». E i momò sono pronti a farsi sentire.

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