I consiglieri Vitta e Gobbi hanno manifestato solidarietà al Comitato contro lo smantellamento del settore
Al Canton Ticino non rimane che fare quadrato. La sola idea di chiudere il deposito ferroviario di Chiasso rappresenta, infatti, la fatidica goccia che fa traboccare il vaso. E se i contrari allo smantellamento di Ffs Cargo sono da mesi sulle barricate, il Consiglio di Stato (CdS), dal canto suo, oggi è determinato a far sentire la sua voce, arrivando sino ai vertici delle Ferrovie. La delegazione del Comitato ricevuta oggi pomeriggio, mercoledì, dal presidente del governo, Norman Gobbi, e dal direttore del Dipartimento finanze ed economia, Christian Vitta, ha lasciato il Palazzo sentendosi meno sola. Il Cds ha intenzione, in effetti, di chiedere un incontro a Ffs e Ffs Cargo per mettere in tavola tutte le carte. Nel frattempo, il 6 ottobre, a Bellinzona si tornerà in piazza. Manifestazione alla quale è stato invitato anche il Cantone.
Per il Comitato del ‘no’, rappresentato dai granconsiglieri Matteo Pronzini (Mps), Nara Valsangiacomo (Verdi), Josef Savary e Maurizio Canetta (Ps) e dai sindacati Sev, Vslf e transfair, non c’è che una via, come ribadito a più riprese, dare uno ‘stop’ ai tagli. «Da parte nostra – ci conferma Nara Valsangiacomo, presidente di Pro Alps – chiediamo di sospendere tutte le misure previste. Vedremo se il governo sposerà la nostra linea». Di sicuro, ribadisce, «Vitta e Gobbi si sono mostrati interessati e al contempo preoccupati a fronte degli ultimi annunci e si sono chinati sulla problematica». Del resto, dopo l'abbandono dell’autostrada viaggiante, la cessione dei terminal (di Cadenazzo e Lugano-Vedeggio) e la prospettiva delineata sullo scalo di Chiasso, annota ancora Valsangiacomo, «il carico sul Ticino comincia a diventare pesante. E questo lo avverte anche l'autorità cantonale». Una volta di più ci si aspetta, insomma, che le Ferrovie spieghino le loro mosse: lo stesso governo ha appreso la notizia delle valutazioni in atto su Chiasso dalla stampa. E in gioco ci sono posti di lavoro e qualità di vita. Due ragioni cruciali per il futuro di questo territorio che hanno spinto pure il Comitato a domandare di poter parlare con la direzione Ffs.
«Se le Ffs stanno valutando la chiusura del deposito di Chiasso vuol dire che Cargo ragiona solo in termini di smantellamento e non di mantenimento o di sviluppo del traffico merci – tiene a far presente Angelo Stroppini del Sev –. Se poi pensiamo che la Divisione viaggiatori nei prossimi 5 anni in Ticino ha annunciato di non voler sostituire i 29 macchinisti che andranno in pensione, questo crea delle preoccupazioni. Eppure il settore del traffico viaggiatori non è in crisi. Ciò significa che si intende centralizzare nella Svizzera interna. Aggiungendo poi il fatto che, da nostri calcoli, alle future Officine di Castione si conteranno almeno 150 posti in meno, ecco che nei prossimi 5-10 anni in Ticino si avranno 200 impieghi in meno nel settore delle Ffs. Una preoccupazione che abbiamo espresso in modo chiaro ai due rappresentanti del governo, i quali hanno preso con serietà questa questione». In Ticino, insomma, non si resterà a guardare.
«Oggi c’è la volontà di fare fronte congiunto per salvare questi posti di lavoro – sottolinea –. Se le Ferrovie vogliono centralizzare, allora perché non qui? Non si è costruito AlpTransit, sacrificando anche territorio ticinese, per vederci ‘soffiare’ sotto il naso i posti di lavoro». E ciò con il rischio di perdere in competenze. «Alimentando – aggiunge Stroppini – ansie e incertezze nel personale. E questo non possiamo permetterlo». Di sicuro la solidarietà del CdS c’è.
Da gennaio, in realtà, le istituzioni locali avranno uno strumento in più, prezioso per sostenere il trasferimento delle merci dalla strada alla rotaia e frenare così l'aumento di Tir che attraversano il Ticino. Come rilevato, di recente, da una analisi condotta dall'Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (Udsc) a livello transfrontaliero la quota trasportata su gomma ha raggiunto il 67 per cento nel 2024, vedendo quasi raddoppiare il tonnellaggio delle merci. Mentre la ferrovia ha perso terreno, attestandosi al 13 per cento. Ebbene, al tavolo dell'incontro si è ricordato che dal primo gennaio prossimo la Legge sul trasporto delle merci darà modo anche a livello regionale di intervenire nelle scelte di pianificazione e gestione del settore.
Il cantone deve farsi valere anche agli occhi di Luca Benato, del sindacato Vslf, al suo fianco il vicepresidente Gianluca Romanini. «Ciò che è in atto è una sorta di protezionismo nei confronti della Svizzera interna a scapito del Ticino, che nell’ambito ferroviario sta morendo – osserva Benato –. Non dimentichiamoci il programma ‘Genesis’ – che prevede di tagliare almeno 440 posti di lavoro entro il 2030 a livello svizzero e in tutti i settori, ndr –. C’è poi da chiedersi perché si pensa di tagliare il deposito di Chiasso, quando a livello federale si sono votati 500 milioni di franchi a sostegno delle ferrovie». Fa male anche vedere come si sta impoverendo il settore dei macchinisti. «Un esempio – chiarisce Benato –: i giovani in formazione adesso in Ticino avranno tutti un contratto per Zurigo. Senza contare che le decisioni odierne interesseranno l’intera filiera: ci sono pure i manovratori, i verificatori, gli impiegati. Nel giro di un paio di anni rischiamo di perdere ben oltre un centinaio di posti di lavoro. Piano piano stanno smantellando il Ticino».