Il Consiglio della magistratura rilancia il (controverso) tema. E nel rendiconto 2024 scrive: si introduca il requisito del titolo di studio in diritto
“La soluzione più conforme ai principi costituzionali e della Cedu (la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ndr) sarebbe quella di stravolgere quanto sino ad ora fatto e introdurre il requisito del titolo di studio in diritto per ogni giudice di pace e supplente”. Non usa giri di parole il Consiglio della magistratura nell’invocare un cambiamento dei criteri che disciplinano una figura che in Ticino esiste dal 1803. Quella del giudice di pace. Unici magistrati eletti, nel nostro cantone, dal popolo, i giudici di pace si pronunciano, cercando di conciliare, sulle controversie patrimoniali fino a un valore di 5mila franchi. E non necessariamente devono essere in possesso di una laurea in diritto. Un titolo che l’autorità chiamata a vigilare sull’apparato giudiziario cantonale ritiene invece oggi necessario. Sul tema, non nuovo e controverso, il Cdm torna nel rapporto riguardante l’attività 2024 dei vari organi della magistratura. E lo fa dedicandovi diverse righe.
Il Consiglio della magistratura richiama fra l’altro il parere chiesto nel 2018 dal Consiglio di Stato ai professori dell’Università di Neuchâtel François Bohnet e Pascal Mahon. Il governo si era rivolto ai due costituzionalisti per verificare la compatibilità della figura del giudice di pace ticinese con la Costituzione federale e la Cedu, dopo i dubbi formulati dal Consiglio della magistratura allora in carica. Dal parere giuridico, scrive nel rendiconto l’attuale Cdm, “è emersa tutta la fragilità della scelta di affidare anche a non giuristi una funzione giusdicente di simile rilevanza”. Continuare ad avere giudici non giuristi, annota il Consiglio della magistratura, “è una scelta che compete esclusivamente alla politica”. Qualcosa tuttavia parrebbe muoversi: “Se il dogma sino a pochi mesi fa sembrava intoccabile, ora sia nel gruppo di lavoro apposito che in Gran Consiglio non lo è più. Gli spunti sottoposti al Gran Consiglio il 14 ottobre 2024 dalla Commissione giustizia e diritti e da questo condivisi ne sono chiara espressione”.
Gli spunti cui allude il Cdm sono quelli contenuti, sotto il capitolo ‘Giudicature di pace’, nella risoluzione ‘Riforme in favore della giustizia ticinese’ confezionata dalla commissione parlamentare e poi approvata dal plenum del Gran Consiglio. “Tra questi – osserva il Consiglio della magistratura – spiccano – oltre alla maggiore professionalizzazione e formazione dei giudici di pace, alla riduzione del numero dei circoli, alla modifica del sistema di rimunerazione e all’eliminazione dell’elezione popolare, auspicate nel corto termine – l’idea di valutare se le giudicature di pace debbano ancora essere mantenute o non siano piuttosto da integrare in altre autorità giudiziarie, leggasi nelle Preture, o debbano essere limitate all’attività di conciliazione. I tempi sono maturi non solo per un approfondimento serio della tematica, ma per delle decisioni che consentano di avere anche per le procedure meno rilevanti un Tribunale al passo con gli sviluppi della società e del sistema giuridico”.
La riorganizzazione delle giudicature di pace, sostanzialmente una riduzione del loro numero, era prevista nell’ambito della riforma ‘Giustizia 2018’ avviata dal Dipartimento istituzioni. Una riorganizzazione che, sulla carta, lasciava immutati competenze e statuto del giudice di pace: dunque sempre un non professionista e sempre un laico, cioè un non giurista. La progettata ristrutturazione delle giudicature è stata però congelata dopo i dubbi sollevati dal Consiglio della magistratura sulla compatibilità della figura del giudice di pace con il diritto superiore e la conseguente decisione del governo di procedere con una perizia, attribuendone l’allestimento ai professori Bohnet e Mahon.
Ad ogni modo la riforma della giustizia di pace non è finita in un cassetto. Se ne sta occupando quel gruppo di lavoro ‘apposito’ al quale accenna il Cdm nel rendiconto. «È un gruppo di progetto – spiega, da noi contattata, la direttrice della Divisione giustizia Frida Andreotti – che come Dipartimento istituzioni abbiamo riattivato con l’intento di sottoporre in tempi possibilmente brevi al Consiglio di Stato una proposta di riforma. Nel gruppo sono rappresentati i vari attori del settore, compreso il Consiglio della magistratura. Se si è tutti d’accordo con la riduzione del numero di giudicature per una più efficace organizzazione, la discussione riguarda soprattutto lo statuto del giudice di pace: deve essere un giurista, considerato anche l’aumento delle cause e della loro complessità, oppure no? La riflessione va senz’altro fatta, ma credo che non possa prescindere da un’eventuale revisione anche delle competenze del giudice di pace. Ricordo inoltre che dopo il parere di Bohnet e Mahon si è posto l’accento sulla formazione dei giudici di pace, promuovendo dei corsi. E che in Ticino la figura del giudice di pace laico, quindi non giurista, continua a godere di una certa popolarità».
Tornando al rendiconto del Consiglio della magistratura, nel 2024 le giudicature di pace nel loro complesso “hanno visto nuovamente aumentate le entrate”: da 7’480 a 7’549. Il numero degli incarti evasi “è stato invece sensibilmente diminuito, sino a raggiungere le 7’194 unità (erano 7’526 nel 2023)”. Le giacenze “sono passate dalle 1’026 dello scorso anno a 1’381”. Osserva il Cdm: “Le giacenze sono aumentate lo scorso anno di oltre un terzo rispetto a quello precedente”. Un dato “da non sottovalutare poiché espressione di un affanno importante che non conferma l’ottimismo dichiarato nel passato. Pur in piena coscienza del fatto che i numeri non indicano tutto, questo peggioramento significativo deve essere preso molto sul serio. In primis dai giudici di pace stessi”. Riconosce il Cdm a proposito del lavoro delle giudicature di pace: “A prescindere dall’aumento preoccupante delle giacenze e dalla diminuzione delle procedure chiuse, pure preoccupante, non si può non far notare come comunque sia hanno consentito di sgravare le magistrature ordinarie di oltre 7’000 incarti”.