Fabio Schnellmann eletto presidente del Gran Consiglio traccia il suo auspicio: ‘La politica non sia cinismo ma servizio, ricordiamo per chi lavoriamo’
Il liberale radicale Fabio Schnellmann è il nuovo presidente del Gran Consiglio, il 234esimo della sua storia. Ampiamente prevedibile – era il primo vicepresidente –, ma con numeri altissimi: 76 voti sulle 82 schede rientrate dalla votazione del plenum. Ad applausi terminati, fiori consegnati e con ancora nell’etere il dubbio irrisolto su chi sia il buontempone che ha votato Matteo Pronzini – con lo stesso Pronzini assente dall’aula e l’altro deputato Mps Giuseppe Sergi che assicura di essersi astenuto –, il discorso di Schnellmann è un sunto dell’uomo e del politico che tanti conoscono e che da oggi è primo cittadino del Cantone. Un impegno che assume «con grande onore, profondo senso di responsabilità e tanta umiltà», assicura all’inizio del suo discorso.
La presidenza del Gran Consiglio per Schnellmann «non è solo un traguardo personale, ma l’impegno per le istituzioni, la democrazia e tutti i cittadini. Il parlamento è la casa del dialogo, del confronto e delle idee. Ma soprattutto la rappresentanza della popolazione». E in questo anno presidenziale, il desiderio è quello che «tutti, indipendentemente dalla provenienza politica, mettano le esigenze dei ticinesi al primo posto, senza lungaggini o liti a fini partitici».
L’impronta da dare al Gran Consiglio, l’uomo è tutto tranne che un mistero, sarà «decisionale». A partire da quelli che per Schnellmann sono i temi fondamentali: «Le casse malati, con alcuni atti parlamentari che saranno al vaglio del Legislativo, e che rappresentano un vero problema per molte famiglie, la qualità dei servizi pubblici, la protezione dell’ambiente». Senza ovviamente dimenticare, e siamo al graffio liberale radicale, «il Preventivo 2026, che non potrà permettersi grossi disavanzi. Anzi, è auspicabile che si arrivi quanto prima al pareggio di bilancio per non lasciare alle future generazioni un cantone eccessivamente indebitato».
Ti-Press/Gianinazzi
Primo cittadino del Cantone
Sfide toste, lo riconosce Schnellmann. E che quindi richiedono «visione, concretezza e unità di intenti nei momenti decisivi, dobbiamo lavorare tutti con spirito di servizio consapevoli che il bene comune è più grande e importante delle singole appartenenze». Va da sé che «solo unendo le forze possiamo costruire un futuro giusto e prospero per il nostro cantone. Il dibattito è sano quando è rispettoso, il dissenso è legittimo quando è costruttivo». Stiamo vivendo tempi difficili, rimarca il neo presidente del Gran Consiglio: «Lo Stato fa fatica, tantissime famiglie pure. Mai come oggi si è sentito il bisogno di istituzioni credibili e capaci di dialogare con la cittadinanza». Per questo l’impegno sarà di garantire un parlamento «vicino alle persone, con un operato trasparente e attento ai bisogni reali». Rivolgendosi al plenum, assicura che «ognuno di noi porterà una voce, una sensibilità, una visione. Il nostro compito sarà assicurare che ognuno di noi possa esprimerle, per far sì che ogni decisione sia davvero frutto di un confronto democratico e aperto».
Ci si arriva con una sola strada: «Vorrei trovare un accordo con ognuno di voi – afferma Schnellmann –. Che questo parlamento continui a essere la casa della parola e del rispetto, che la politica non diventi mai cinismo ma resti servizio, che non dimentichiamo mai per chi lavoriamo: l’impiegato che vive l’instabilità del suo settore, l’infermiera che cura di notte, lo studente che sogna il domani e l’anziano che ha dato tutto».
A spalleggiarlo in quest’anno, saranno la prima vicepresidente Daria Lepori (Ps) eletta con 70 voti e il secondo vicepresidente Giovanni Berardi (Centro), che di preferenze ne ha ottenute 69.
Il commiato del leghista Michele Guerra, prima di lasciare scranno e campanella a Schnellmann, è all’insegna della finitezza dell’uomo davanti alle istituzioni e al cosmo. Guerra finisce il suo mandato presidenziale «con una sensazione di profonda serenità e soddisfazione per quanto fatto. La grandezza delle istituzioni risiede nel loro trascenderci e valorizzare le nostre caratteristiche. È bello e sano per le istituzioni passarci la torcia». Essere arrivati, con Schnellmann, al 234esimo presidente del Gran Consiglio, per Guerra altro non è che «segnare il ritmo di un filo storico ininterrotto, di una continuità di cui dimentichiamo il profondo valore. Cambiano tante cose, ma il tempo ha continuato a tessere il filo del Gran Consiglio. È questo il vero valore: non noi che passiamo, ma il collegamento coi principi fondativi e la capacità di portarli avanti».
Per Guerra è fondamentale celebrare «quella luce lontana dei valori di libertà, uguaglianza e fratellanza, nello spirito del “Uno per tutti, tutti per uno” di una terra a lungo contesa e poi diventata Repubblica e Cantone. Ma anche le conquiste sociali e le pietre d’angolo che danno forza a questa terra da ben prima del 1803. Questa luce incastonata nella torcia che arde, e che ci passiamo, abbiamo il dovere di non lasciarla spegnere in un mondo che sembra dimenticare questi valori». Certo, per «tenere accesa la fiamma» la fatica non manca. Ma Guerra solca convinto filosofie e storia del pensiero ribadendo che «per volere la luce serve attraversare il buio, per generare occorre andare oltre noi stessi». Ebbene, la politica «se vissuta col principio del servizio ci insegna a trovare soddisfazione indipendentemente dal plauso. Il percorso di un parlamento di milizia può essere usato come passerella, oppure come porta stretta che ci insegna ad abbassarci, a servire, concentrarci sul concreto, risolvere problemi e far nascere progetti: dare è più importante che ricevere».
Guardandosi indietro, a questo anno da presidente del Gran Consiglio, Guerra rivendica di aver portato avanti questo spirito, a partire «dalla proposta di alzare le tapparelle e far entrare la luce aprendoci al cambiamento». Altra rivendicazione da annotare è quella di «aver fatto molte cose insieme a tutti voi», ovviamente «cercando di non pesare sui cittadini, coprendo tutte le spese per incontri, visite, viaggi. Abbiamo ottenuto che le sentenze intimate al Gran Consiglio fossero a disposizione di tutti i deputati e non più solo del presidente. Abbiamo cercato di cementare i rapporti tra deputati».
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Il passaggio della campanella
Ma è stato un anno intenso anche fuori da Palazzo delle Orsoline, con Guerra divenuto capotreno della missione Alptransit: «È stato molto importante rafforzare il ruolo del Ticino a nord, a sud e verso l’estero, parlarsi in modo franco è molto meglio che non parlarsi. Per un cantone di frontiera, l’unico completamente italofono, che si trova sull’asse nord-sud più importante d’Europa, era vitale riallacciare i rapporti coi legislativi dei nostri vicini di casa». E quindi ecco puntuale l’orgoglio per «aver sviluppato importanti collaborazioni sulle risoluzioni per il prolungamento di Alptransit, con l’alleanza a sud delle Alpi sviluppata assieme ai parlamenti di Lombardia, Piemonte e Liguria». Con dei risultati concreti che Guerra rivendica: «Adesso il Consiglio federale si è chinato sul tema, le Camere ne parlano in commissione, un ministro italiano è venuto a Bellinzona per discuterne, il loro presidente della Camera dei deputati ci ha ricevuti, un vicepremier italiano ha avviato contatti con Bruxelles». Insomma, per Guerra «è un piacere lasciare al Cantone una serie di contatti che prima non c’erano. Sono passi di un Legislativo che gioca di squadra, si passa la torcia, non accetta l’immobilismo e cerca nuove vie allorquando le altre falliscono».