Il tema del divieto a scuola fa discutere anche in casa liberale radicale. Speziali: ‘Siamo aperti al progresso, ma siamo anche per la consapevolezza’
«La distrazione, l’iperstimolazione, l’attenzione frammentaria, il cyberbullismo, la solitudine e l’assenza di relazioni sono dovute soprattutto a un abuso degli smartphone». Il granconsigliere liberale radicale Aron Piezzi e docente di scuola elementare non transige, il tema della tecnologia e dei cellulari resta centrale. La proposta di vietare l’uso degli smartphone nella scuola dell’obbligo fa infatti discutere anche in casa liberale radicale. Durante il comitato cantonale di questa sera a Muralto a tenere banco è proprio stata una discussione aperta su digitale, smartphone e salute dei giovani. A (ri)lanciare il dibattito un mesetto fa, il vicepresidente centrista Giorgio Fonio. Come anticipato nell’edizione di ieri de ‘laRegione’ nel frattempo il Centro ha confezionato l’iniziativa popolare che verrà presentata ufficialmente nei prossimi giorni.
«La percezione – constata Piezzi – è che si dia lo smartphone troppo presto». Ragione per cui, sottolinea, «è importante costruire con gradualità l’uso di questi strumenti, attraverso dei patti digitali per creare una sorta di educazione». A ogni modo, ricorda Piezzi, cinque anni fa, nel 2020, il Gran Consiglio votò una mozione degli allora deputati Giorgio Fonio (Centro), Maristella Polli (Plr) e Henrik Bang (Ps) che chiedeva, proprio come l’attuale iniziativa popolare centrista, di vietare completamente di portare smartphone a scuola. A intervenire per il Plr fu proprio Piezzi: «Dissi tre cose, ovvero che la ricerca dimostra che l’immissione degli strumenti digitali a scuola non ha migliorato l’apprendimento degli studenti, che è essenziale la promozione di un uso consapevole e che non c’è alcun elemento che porti a pensare allo smartphone come uno strumento adatto a essere utilizzato con continuità nella didattica scolastica».
Piezzi però è fermo. «Sappiamo dell’iniziativa del Centro. Tuttavia, le direttive per il divieto degli smartphone alla scuola dell’obbligo esistono già. Basterebbe farle rispettare con maggiore autorevolezza». E auspica: «Questo è un problema che non si risolve focalizzandoci solo sulla scuola dell’obbligo, ma che tutta la comunità deve affrontare insieme perché tocca tutti».
Dal canto suo, anche il presidente del Plr Alessandro Speziali si è rivolto al ‘parlamentino’ del partito concentrandosi sull’influenza delle innovazioni tecnologiche sulla società. Un aspetto, sostiene, fondamentale: «Siamo già sommersi da questo mondo, che si divide tra chi se n’è accorto e chi no». Come Plr, precisa Speziali, «siamo aperti al progresso, ma siamo anche per la consapevolezza, dato che ogni tecnologia, nel bene o nel male, ha i suoi effetti». In tal senso, evidenzia, «non si tratta di un dibattito moralizzatore, ma che vuole stimolare la responsabilizzazione». Ecco che allora, rimarca Speziali, il ruolo degli adulti si rende necessario: «Spesso la lente viene messa unicamente sui giovani, su come si approccino male a queste tecnologie, ma ci si dimentica di analizzare il ruolo dei genitori o degli adulti. Stiamo forse assistendo a un certo fallimento educativo di molti genitori nei confronti della tecnologia».
Non solo digitale, ma anche costi della salute. «Siamo consapevoli – dice Speziali – di come questo sia uno degli aspetti che più attanaglia i cittadini. La priorità è mantenere il potere d’acquisto dei ticinesi». Il Plr, afferma, «è pronto»: attraverso il controprogetto, che riprende quanto suggerito anche dal Centro, all’iniziativa per la deducibilità integrale dei premi di cassa malati della Lega. Controprogetto che sarà sostenuto in aula anche dalla Lega e che «rappresenta una proposta responsabile e duratura». La stoccata è ai costi milionari (300 milioni all’anno) della proposta socialista.
Alla discussione sugli smartphone sono intervenuti anche diversi partecipanti al comitato che hanno espresso dubbi e punti di vista. Dubbi e punti di vista da cui è in ogni caso emersa una leggera maggioranza propensa al divieto.