Non nasconde la delusione il primo firmatario dell’iniziativa bocciata alle urne. Soddisfatti i contrari: ‘Aumentare la burocrazia non era la soluzione’
«Ci si lamenta spesso che non ci sono abbastanza risorse e che i problemi sono troppi. Ma da quando è finita la pandemia non è stato fatto nulla di quanto promesso». È tanta la delusione in casa Vpod per l’esito della votazione sull’iniziativa popolare ‘Per cure sociosanitarie e prestazioni socioeducative di qualità’, lanciata dal sindacato nel 2022 e oggi bocciata dal 55,25% dei cittadini. E lo dice chiaramente Raoul Ghisletta, primo firmatario dell’iniziativa: «L’impressione è che, nonostante si percepisca l’esigenza di fare qualcosa, dalle urne emerga una mancanza di prospettiva a lungo termine».
‘Continueremo a batterci, ma sarà in salita’
L’iniziativa popolare, lo ricordiamo, era già stata respinta dal Gran Consiglio. La Vpod aveva però comunque deciso di non ritirarla, facendo così esprimere il popolo. Più precisamente la proposta portata avanti dal Sindacato del personale dei servizi pubblici e sociosanitari – e sostenuta da un ampio fronte progressista – chiedeva di introdurre una nuova legge per definire delle condizioni quadro per una serie di enti. Ovvero: strutture ospedaliere, servizi ambulanze, case per anziani, centri diurni, servizi di assistenza e cure a domicilio, servizi d’appoggio, enti socioeducativi, strutture per le dipendenze, nidi e centri extrascolastici. Non solo. L’iniziativa prevedeva inoltre che per legge si nominasse una commissione parlamentare di controllo di tutto il settore. In estrema sintesi, nelle mire del sindacato vi era una richiesta di miglioramento delle condizioni di lavoro per il personale sanitario, anche sulla scia delle “promesse fatte durante la pandemia” e in “risposta al disagio diffuso nel settore sociosanitario e nel settore socioeducativo, confrontati sempre più a tagli finanziari da parte del Cantone”.
Stando a Ghisletta, a giocare contro l’avallo dell’iniziativa, «un discorso in cui gli aspetti finanziari prendono il sopravvento sui fatti, perorato anche dalle autorità». Non solo. «Nessuna risposta – rimprovera – è stata data nemmeno per quanto riguarda il diritto dei pazienti. Non è neanche stato fatto un controprogetto». Insomma, la «delusione» è tanta, proprio «perché non si è fatto e non si farà nulla». E questo «malgrado gli applausi e le promesse fatte al personale sociosanitario e socioeducativo durante la pandemia. Le autorità federali e cantonali – aggiunge – hanno fatto pochissimo per affrontare i problemi dello stress, del carico di lavoro, del burnout e dell’abbandono professionale precoce nel settore». A ogni modo, rimarca Ghisletta, «sappiamo che bisognerà continuare a battersi su questi temi, ma saranno tutte battaglie in salita». In tal senso, sono due le priorità messe sul tavolo dopo il risultato odierno: «Vigileremo affinché governo e parlamento non procedano a ulteriori tagli nel finanziamento del settore, ma anche affinché le autorità migliorino le condizioni del personale e dei pazienti con misure puntuali».
Una bocciatura definita dai Verdi “una mancata opportunità per la giustizia sociale e di riconoscimento del valore del lavoro di cura”. Citata nel relativo comunicato, per la deputata e co-segretaria della Vpod Giulia Petralli si tratta di “un atto di mancata responsabilità collettiva, che non mette al centro il benessere delle persone e indebolisce il nostro sistema sanitario e sociale”.
Per il capogruppo centrista Maurizio Agustoni, tra i membri del comitato contrario all’iniziativa – composto da esponenti di Centro, Udc, Lega e Plr, riflesso della maggioranza che si era già opposta in parlamento –, «il segnale lanciato dal popolo è che la qualità delle cure non può essere migliorata aumentando a dismisura la burocrazia». Pur riconoscendo le “buone intenzioni dell’iniziativa”, per i contrari un’approvazione avrebbe infatti comportato un aumento dei costi e della burocrazia. E osserva il granconsigliere: «Tutte le strutture attive in questi ambiti, che a livello cantonale sono oltre 260, sarebbero state confrontate a una serie di controlli, commissioni e organi aggiuntivi che non avrebbero di sicuro aumentato la qualità della cura, ma avrebbero messo ulteriore pressione sul personale». Ciò detto, rimarca Agustoni, «non si tratta di un voto contro chi lavora in questi settori e nemmeno contro il miglioramento delle condizioni di lavoro. E che il risultato sia stato così compatto a livello di Comuni è indicativo del fatto che non si sia trattato di uno scrutinio contro qualcuno. C’è stata una chiara presa di coscienza che l’iniziativa in sé non avrebbe migliorato in nulla le condizioni di lavoro e la qualità delle cure». Questi temi, rileva Agustoni, «verranno poi in parte affrontati dalla Nuova legge federale sulle condizioni di lavoro nel settore delle cure infermieristiche, che fa seguito all’iniziativa sulle cure infermieristiche, votata da popolo e Cantoni nel novembre 2021».
Soddisfatta è anche l’Udc che, in una nota firmata dal presidente Piero Marchesi, scrive che con il ‘no’ all’iniziativa della Vpod “i cittadini ticinesi hanno fortunatamente evitato l’ennesima complicazione burocratica che non avrebbe, come al solito, prodotto nessun tipo di risultato. Anziché moltiplicare gli obblighi amministrativi, bisognerebbe semplificare, alleggerire, responsabilizzare. Serve una fiducia rinnovata nelle competenze degli operatori e nella capacità delle strutture di organizzarsi secondo criteri di qualità concreti, non imposti dall’alto”.
Alla soddisfazione del comitato contrario, si aggiunge anche quella del Consiglio di Stato, che nel gennaio 2024 si era già espresso per una bocciatura dell’iniziativa. “Questo risultato – si legge nel comunicato dell’Esecutivo – conferma la volontà della popolazione di non intraprendere una strada che avrebbe potuto compromettere l’autonomia gestionale delle strutture sociosanitarie e socioeducative e non solo”. E viene illustrato: “L’approvazione della proposta avrebbe reso eccessivo l’intervento dello Stato e rappresentato un’intrusione significativa nell’autonomia gestionale degli enti”. Ma anche: “La sua applicazione non avrebbe considerato le specificità dei vari settori. L’introduzione di una nuova base legale avrebbe causato ulteriore burocrazia, aumentando i costi e i compiti amministrativi”. Il che, prosegue la nota, “avrebbe gravato sul personale già sovraccarico, senza garantire un miglioramento concreto della qualità dei servizi”. Non da ultimo, “uniformare le condizioni di lavoro di tutto il personale, avrebbe significato ignorare i Contratti collettivi di lavoro che tutti gli enti con contratto di prestazione con il Cantone devono rispettare, così come deciso dal Gran Consiglio, e mortificare il consolidato partenariato fra l’ente pubblico, gli attori privati e le parti sociali”.
Per il Consiglio di Stato, nell’ottica di “consolidare e potenziare le iniziative messe in atto, l’approccio più efficace consiste nell’intervenire con azioni mirate nei singoli settori (come per esempio il piano d’azione per il rafforzamento nel settore sanitario Prosan 2021-2024 o la Commissione etica indipendente nel settore della disabilità), anziché applicare una norma generale e rigida come quella proposta dall’iniziativa popolare che avrebbe uniformato il nostro sistema sociosanitario e socioeducativo senza considerare le esigenze specifiche degli enti e delle strutture come anche l’efficacia e l’efficienza dei diversi servizi offerti”.