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‘Troppi ricorsi dalle associazioni ambientaliste’. ‘No, state sbagliando bersaglio’

Plr, Centro, Lega e Udc per ‘soglie e criteri al di sotto dei quali non si possa esercitare il diritto’. La Stan: ‘Guardate le cifre, non siamo noi’

Botta e risposta
(Ti-Press)
3 luglio 2025
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Ricorsite malattia ticinese da eradicare o baluardo democratico da conservare con unghie e denti? Il tema è dibattuto, e se ne parlerà sempre più. Il presidente del Plr Alessandro Speziali – assieme a Giuseppe Cotti (Centro), Michele Guerra (Lega) e Alain Bühler (Udc) – ha infatti suonato la sveglia al Consiglio di Stato con una mozione che va giù secca menando fendenti alla Stan, la Società ticinese per l’arte e la natura. Al governo è chiesto di introdurre “una soglia minima di rilevanza o un criterio dimensionale al di sotto del quale le organizzazioni ambientaliste riconosciute a livello cantonale – come la Stan – non possano esercitare il diritto di ricorso”. In particolare, la modifica dovrà “definire criteri oggettivi (ad esempio superficie interessata, volume edilizio, grado di incidenza ambientale) al di sotto dei quali un progetto non possa essere impugnato tramite ricorso associativo; garantire la compatibilità di tali criteri con la legge e con gli obblighi internazionali, in particolare la Convenzione di Aarhus; ispirarsi alle buone pratiche già adottate in altri Cantoni, restando nei limiti imposti dal diritto federale e dalla giurisprudenza del Tribunale federale”.

Per Speziali e cofirmatari “il diritto di ricorso delle associazioni ambientaliste è uno strumento fondamentale per la tutela del territorio e dell’ambiente, riconosciuto sia a livello federale sia internazionale. Tuttavia – si legge nella mozione –, l’esperienza quotidiana dimostra come l’uso sistematico e indiscriminato di questo diritto, anche per progetti di modesta entità o con impatti ambientali trascurabili, possa produrre effetti sproporzionati: ritardi ingiustificati, blocchi a opere utili, ostacoli ad attività economiche legittime e costi elevati in termini di tempo e risorse”.

Una dinamica che in Ticino è “ben nota”. I mozionanti, infatti, attaccano: “Associazioni come la Stan intervengono regolarmente, anche su progetti già sottoposti a un lungo iter di verifiche e approvazioni. Per molte aziende e privati, avviare un’iniziativa significa affrontare un percorso a ostacoli, tra norme, vincoli e infine... l’ennesimo ricorso. Un vero viaggio verso Itaca”. Per carità, “non si tratta di negare un diritto garantito – sarebbe contrario all’art. 12 della Legge federale sulla protezione della natura e del paesaggio e alla Convenzione di Aarhus (art. 9) –, bensì di renderne l’esercizio più proporzionato e mirato, riservandolo ai casi che presentano effettivamente un impatto ambientale significativo. In questo modo si salvaguarda l’ambiente senza compromettere lo sviluppo sostenibile e la certezza del diritto”.

Insomma, per Speziali, Cotti, Guerra e Bühler è “una richiesta ragionevole, considerando che i progetti sono già sottoposti a un’ampia serie di controlli: dall’Ufficio delle domande di costruzione, all’Ufficio della natura e del paesaggio, ai beni culturali, alla pianificazione locale, al rumore, alla qualità dell’aria e del suolo, ai rifiuti e ai siti inquinati, fino alla protezione delle acque. Un sistema già molto rigoroso”.

Bagnovini (Ssic): ‘Fare qualcosa anche per le tempistiche di evasione’

Un plauso arriva dalla Sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori (Ssic) che da tempo combatte in prima linea su questo tema: «L’uso indiscriminato del diritto di ricorso blocca, o perlomeno posticipa di diversi anni, progetti edili e infrastrutturali di ogni tipo. Questo è il principale effetto diretto, che causa tutta una serie di conseguenze negative come il freno dello sviluppo sostenibile del nostro Paese, l’aumento dei costi delle opere a causa del rincaro di manodopera e materiali. Questo freno alle costruzioni comporta pure conseguenze spiacevoli a livello economico e occupazione per il settore della costruzione e dell’artigianato edile», spiega infatti a ‘laRegione’ Nicola Bagnovini, direttore della Ssic che chiede «da sempre di accelerare le procedure e di limitare in modo selettivo i ricorsi quando questi sono di natura pretestuosa o ideologica. Il ricorso deve tornare a essere uno strumento volto alla difesa di interessi effettivamente degni di tutela». Le procedure di progettazione e di autorizzazione, insiste Bagnovini, «sono attualmente troppo lunghe e complesse, ritardate spesso da ricorsi pretestuosi. Salutiamo dunque positivamente questa mozione in quanto è per noi urgente attivarsi, sia sul piano cantonale sia su quello nazionale, per ridurre la tempistica delle varie procedure che portano ad “andare in cantiere”». Anche se altro resta da fare, per la Ssic: «Il nodo principale – spiega Bagnovini – riguarda la durata delle procedure di ricorso: se si arriva al Tribunale amministrativo bisogna tener conto di circa tre anni per l’evasione. La mozione è silente su questo aspetto e inoltre sarebbe auspicabile aggiungere delle restrizioni anche per i privati, che spesso abusano anch’essi del diritto di ricorso. Ogni progetto è sottoposto a una dettagliata procedura di approvazione da parte di Cantone e Comuni e pertanto il rispetto delle norme edificatorie e ambientali è già garantito».

‘Nessuna prassi sistematica, anzi’

Di parere comprensibilmente opposto è la Stan, che da noi sollecitata stigmatizza: alcune frasi “sono lesive del nostro operare con discernimento e lesive della serietà delle argomentazioni giuridiche e tecniche che utilizziamo nelle procedure di contenzioso”. In merito al “presunto eccesso di ricorsi”, nella nota viene precisato che “la grande maggioranza dei ricorsi in materia di diritto amministrativo edilizio non è presentata dalle associazioni ambientaliste, ma da privati (in genere confinanti). Questo dimostra che non c’è una prassi sistematica di fare ricorso, anche se con poche o nessuna possibilità di successo, a scopo defatigatorio”. A titolo indicativo, la Stan fornisce anche i numeri dei suoi ricorsi in rapporto al totale trattato dal Servizio ricorsi del Consiglio di Stato: 1 su 432 nel 2020, 1 su 463 nel 2021, 1 su 398 nel 2022, 1 su 358 nel 2023, 6 su 458 nel 2024. Da questi dati, “si deduce che non è la Stan (e non sono in generale le associazioni ambientaliste, come avranno modo di precisare) ad abusare del diritto di ricorso né a fare un uso indiscriminato del diritto di ricorso”.