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Sequestro Mazzotti, chiesti tre ergastoli

La pm al processo di Como dopo le nuove indagini sul rapimento della studentessa milanese: ‘Date il carcere a vita agli imputati’

Cristina Mazzotti
(Ti-Press)
9 luglio 2025
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“Date il carcere a vita a tutti gli imputati”. È la richiesta di pena formulata da Cecilia Vassena, sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Milano, nel processo in Corte d’Assise di Como, a carico dei tre presunti rapitori di Cristina Mazzotti, la 18enne studentessa milanese sequestrata ad Eupilio, nella notte tra il 30 giugno e il 1° luglio 1975, il cui corpo fu trovato il 1° settembre in una discarica di Galliate (Novara) dopo la confessione di Libero Ballinari, contrabbandiere ticinese. “Io chiedo con forza – ha detto Vassena – che venga affermata la responsabilità degli imputati. Non c’è un elemento, uno solo che possa essere valorizzato ai fini della concessione delle attenuanti generiche. Io non ho abitualmente nessun problema a invocare le attenuanti, ma in questo caso veramente non ne ravviso una di situazione positivamente valutabile. Per questo chiedo per tutti gli imputati la pena dell’ergastolo”. Gli imputati, tutti oltre settantenni, sono Demetrio Latella, Antonio Talia e Giuseppe Calabrà, calabresi, affiliati alla ’ndrangheta.

Le conclusioni del magistrato antimafia sono arrivate nel tardo pomeriggio dopo una lunghissima requisitoria nel corso della quale l’accusa ha sostenuto che ‘’Cristina Mazzotti (per la cui liberazione il padre aveva pagato un riscatto di 1 miliardo e 50 milioni di lire, finito in Calabria, ndr) è stata uccisa e torturata dalla ‘ndrangheta: definire drammatico il suo omicidio è riduttivo. Il termine corretto è disumano”. La ricostruzione dei fatti, attraverso le parole dell’accusa, ha raggelato i presenti. Ma in questo processo l’attenzione doveva essere (e così è stato) sui tre presunti autori materiali del rapimento della giovane studentessa, poi consegnata ad Appiano Gentile ai carcerieri, ai fiancheggiatori, al telefonista: un’accozzaglia di strani personaggi (fra loro anche due donne), arrestati grazie all’elenco dei loro nomi forniti da Libero Ballinari.

Alla sbarra doveva esserci un quarto imputato, Giuseppe Morabito, uno dei capi dell'omonima cosca di ’ndranghetista, deceduto lo scorso anno, residente a Tradate, considerato uno degli organizzatori del sequestro di Cristina Mazzotti, assieme a Giacomo Zagari, pure lui residente nel Varesotto. Ecco, quindi, l'attenzione rivolta a Antonio Talia: ‘’Possiamo collocare Talia alla guida della Fiat 125‘ dei rapitori di Cristina: è riconosciuto da Galli e Luisari, il fidanzato di Cristina Mazzotti e l’amica del cuore, che erano con lei al momento del rapimento’‘. Un secondo elemento emerge dall’interrogatorio di Angelo Epaminonda: ’‘Il 4 febbraio 1985 viene interrogato e gli vengono mostrate decine di foto. Tra queste quella di Talia:’ ‘’Riconosco nella foto‘’ dirà ‘’tale Antonio Talia, trattasi di uno degli autori del sequestro Mazzotti. Fu lui a confidarmi di aver partecipato come manovale incaricato del prelievo della vittima. Mi segnalò che aveva nascosto i suoi 20 milioni in Calabria sotterrando la somma‘’. La presenza di Calabrò. Gli amici di Cristina Mazzotti, Emanuela Luisari e Carlo Galli ‘’hanno riconosciuto Carlo Calabrò‘’ detto u’dutturicchio (aveva studiato medicina). La presenza discende dai riconoscimenti non solo in termini di certezza della Luisari: non il primo e non il solo, perché anche il Galli riconosce con certezza quell’uomo. Il riconoscimento avviene sia nel 2008, sia nel 2022 che in dibattimento. Hanno avuto modo di veder benissimo quell’uomo e per tanto tempo‘’. Sull'impronta sulla Mini di Carlo Galli (stava portando ad Eupilio Cristina e Emanuela) che ha consentito di identificare i presunti rapitori materiali della studentessa non ha dubbi l'accusa: ‘’L’impronta di Demetrio Latella sulla Mini dov’era Cristina Mazzotti è certa, e non ha motivo di stare lì se non perché appartenente a uno di coloro che ha partecipato al sequestro. Peraltro Latella confessa la partecipazione al sequestro in due occasioni: davanti al pm di Torino e davanti ai pm di Milano che lo interrogano a distanza di anni. Dunque la presenza di Latella è certa‘’. Una valutazione amara dell'accusa: ‘’Ai rapitori della vita delle vittime non interessava niente: a chi organizzava e partecipata a questi fatti criminosi non importava proprio niente della vittima, che era merce di scambio. La morte era una possibilità messa in conto. La vita della vittima non valeva niente‘’. Come in occasione delle precedenti udienza (il processo è iniziato lo scorso mese di settembre) in aula era presente Giuseppe Calabrò, che in precedenza aveva reso un dichiarazione spontanea per dichiararsi innocente. Si torna in aula dopo la pausa estiva. La sentenza entro la fine dell'anno.

Come in occasione delle precedenti udienza (il processo è iniziato lo scorso mese di settembre) in aula era presente Giuseppe Calabrò, che in precedenza aveva reso una dichiarazione spontanea per dichiararsi innocente. Si torna in aula dopo la pausa estiva. La sentenza entro la fine dell'anno.