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La popolazione invecchia e mancano lavoratori

In Ticino il mercato del lavoro è sempre più esposto agli effetti dell’invecchiamento demografico. E siccome le generazioni dei baby boomer stanno progressivamente raggiungendo l’età della pensione, il ricambio generazionale è una sfida sempre più concreta. È questa in estrema sintesi la premessa che regge l’analisi dei dati della Rilevazione della struttura dei salari (2021-2022) pubblicata ieri dall’Ufficio di statistica ticinese (Ustat). Analisi che mette in evidenza questo fenomeno attraverso due indicatori: l’indice di sostituzione, che confronta i lavoratori di 40-64 anni con quelli di 15-39 anni, e l’indice di sostituzione stretto, che rapporta chi è prossimo al pensionamento (ha almeno 55 anni) e chi è recentemente entrato nel mercato del lavoro.

Cantone più anziano in Svizzera

“Il Ticino, come molte altre regioni europee – si legge nella pubblicazione –, sta vivendo una transizione demografica caratterizzata dalle sfide legate all’invecchiamento della popolazione. Tale tendenza si riflette anche sul mercato del lavoro, aggravando la carenza di manodopera e la necessità di ricambio delle competenze”. In Ticino, il Cantone più anziano in Svizzera, l’uscita dal mercato del lavoro di una parte consistente della popolazione “potrebbe causare squilibri nel mercato del lavoro ticinese, con una carenza di forza lavoro che potrebbe interessare trasversalmente tutti i rami economici”. Particolarmente critici, avverte l’Ustat, risultano già oggi alcuni settori chiave, come la sanità e parte della manifattura, dove le difficoltà di reclutamento sono più marcate.

Bacino transfrontaliero meno disponibile

Entrando nei dati, “nonostante i risultati relativi alla popolazione residente indichino uno squilibrio generazionale maggiore in Ticino rispetto al resto della Svizzera, le statistiche sulle difficoltà di reperimento della manodopera mostrano meno difficoltà rispetto alla nazione”. Tra i motivi, osserva l’istituto statistico, “la possibilità delle aziende di attingere al bacino d’impiego dell’area transfrontaliera”. In passato, si rievoca, “l’importante presenza di lavoratori frontalieri ha infatti contribuito, almeno in parte, a mitigare la carenza di manodopera in Ticino. I frontalieri hanno colmato alcune lacune demografiche e ampliato la base occupazionale e produttiva, rendendo il mercato del lavoro cantonale più ampio di quanto ci si aspetterebbe per una popolazione di circa 350mila persone”. Ma c’è un ma: “Le sfide demografiche condivise su entrambi i lati della frontiera rischiano tuttavia di rendere meno sostenibile un modello basato sul frontalierato”. Non solo. “Il nuovo accordo sulla riforma fiscale dei frontalieri tra Italia e Svizzera, che prevede una tassazione sia in Svizzera mediante imposta alla fonte sia in Italia secondo l’ordinamento italiano, pur evitando la doppia imposizione integrale, riduce l’attrattività di questa forma di lavoro, in quanto comporta un accresciuto onere fiscale”. La conseguenza? “Nei risultati più recenti – rileva l’Ustat – si evidenzia un cambiamento di tendenza per il numero dei frontalieri”.

Squlibrio più marcato nel secondario

Dallo studio emerge quindi come il mercato del lavoro ticinese sarà sottoposto a pressioni crescenti legate allo squilibrio demografico. In questo contesto, scrive l’Ustat, “il settore secondario emerge come quello con lo squilibrio generazionale più marcato, con un indice di sostituzione quasi raddoppiato in un decennio”. Mentre il terziario, pur presentando un indice demografico più contenuto, “nasconde fragilità legate alla crescente difficoltà di reperire profili qualificati in ambiti specializzati come l’informatica e il socio-sanitario”. Per l’Ufficio di statistica, gli indicatori utilizzati nell’analisi “offrono una prima lettura del rischio di squilibrio generazionale, ma da soli non bastano a stimare l’effettiva carenza di manodopera”. E propone: “Per una valutazione più completa servono analisi che integrino altri fattori specifici delle singole realtà economiche, come l’evoluzione delle competenze richieste, le dinamiche occupazionali o quelle migratorie”. RED