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‘Remunerazione fotovoltaica inaccettabile, ma è colpa anche della politica’

Storni critica una politica energetica governata solo con logiche di mercato. ‘Le aziende elettriche sono troppo rigide e non evitano i prezzi negativi’

Tre centesimi al chilowattora, il punto più basso
(Ti-Press)
13 agosto 2025
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«Una remunerazione di tre centesimi al chilowattora è davvero qualcosa di inaccettabile». Non usa giri di parole del consigliere nazionale socialista Bruno Storni per commentare il nuovo minimo che ha raggiunto la remunerazione dell’energia fotovoltaica riconosciuta dall’Azienda elettrica cantonale ai produttori privati, ovvero imprenditori o famiglie che hanno beneficiato di un contributo cantonale per installare i pannelli sul proprio edificio. Remunerazione che dal 2024 non viene più stabilita su base annua, ma trimestrale. «In questo modo un privato viene remunerato poco d’estate, quando produce molta energia oltre quella che utilizza per il suo fabbisogno», fa notare Storni. Situazione che si ribalta in inverno, quando la remunerazione sale ma cala la produttività degli impianti fotovoltaici. D’altra parte, come più volte ricordato dai vertici di Aet, l’Azienda elettrica cantonale si trova a operare secondo logiche di mercato e la conseguenza è un andamento dei prezzi determinato soprattutto da fattori esterni.

Per mettere un argine a remunerazioni troppo basse che sarebbero un disincentivo all’installazione di impianti fotovoltaici, a livello federale è in arrivo la remunerazione minima (circa 6 centesimi al chilowattora) sotto la quale le aziende elettriche non possono acquistare l’energia. «È la giusta direzione, bisogna fissare un limite sotto il quale non si deve poter scendere, altrimenti ammortizzare l’investimento sarà difficile e la svolta energetica, un principio votato dal popolo, sarà reso più difficile», sostiene il consigliere nazionale. La differenza tra il prezzo di mercato e l’asticella fissata chi andrebbe però a pagarla? Storni punta il dito contro la politica: «La volontà di spingere aziende elettriche, oppure la Posta a livello nazionale, a fare utile è della politica. Si tratta di una visione sbagliata. Le aziende elettriche dovrebbero agire anche in funzione degli obiettivi di politica energetica decise dal popolo e sostenerne la realizzazione».

‘Aziende elettriche troppo rigide, non evitano i prezzi negativi’

Un rimprovero Storni lo rivolge in particolare alle aziende elettriche di distribuzione, a suo avviso talvolta troppo rigide. «Le aziende in Svizzera hanno ancora la possibilità di ‘disinserire il carico’, ovvero di impedire grossi consumi durante determinati orari in particolare sul mezzogiorno. Questo sistema era stato introdotto in passato per evitare picchi di consumi che supererebbero la capacità di produzione disponibile. Ora però – continua Storni – la produzione è cambiata e gli impianti fotovoltaici producono molto a mezzogiorno. Sarebbe quindi opportuno sfruttare quella fase di alta produzione, non limitarla. In questo modo si contrasterebbero i prezzi negativi, ovvero quelle fasi della giornata dove per le aziende è svantaggioso ritirare la corrente prodotta in eccesso».

‘Obiettivi energetici in discussione’

Fotovoltaico che si inserisce in un discorso più grande, quello della svolta energetica. «Ho i miei dubbi che riusciremo a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati», commenta Storni. «A livello energetico si segue costantemente una logica di mercato, e questo limita la possibilità di programmare investimenti e rispettare con rigore una tabella di marcia». La soluzione per Storni è quindi una: «rivedere le regole del mercato elettrico per integrare meglio le produzioni fotovoltaica ed eolica, intanto per gli impianti fotovoltaici la redditività dipenderà maggiormente dall’autoconsumo visto che i prezzi dell’elettricità che paghiamo alle aziende elettriche, saliti fortemente negli ultimi anni, difficilmente torneranno ai livelli precedenti».

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