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Destituzione magistrati, la competenza al parlamento? Il Tribunale d'appello risponde picche

La massima autorità giudiziaria cantonale contraria alla proposta dell’Mps. ‘In contrasto anche con il principio dell'indipendenza delle toghe’

La presa di posizione
(Ti-Press)
15 settembre 2025
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Il Tribunale d’appello non ha dubbi: “La normativa attuale è valida e non risulta aver dato problemi di applicazione. Le recenti vicissitudini lo dimostrano. Non è dato quindi di vedere il motivo per cui si debba modificare l’articolo 80 della Legge sull’organizzazione giudiziaria così come richiesto con questa iniziativa, ne ciò risulta altrimenti da quest’ultima”. L’iniziativa cui si riferisce la massima autorità giudiziaria cantonale è quella, parlamentare, con cui il Movimento per il socialismo chiede di attribuire al Gran Consiglio la competenza di destituire i magistrati, che oggi è del Cdm, il Consiglio della magistratura. Il Tribunale d’appello si dice contrario: un no argomentato in sei pagine, che il presidente, giudice Giovan Maria Tattarletti, e il segretario generale Alessandro Simoneschi hanno trasmesso di recente alla Divisione giustizia (Dipartimento istituzioni) nell’ambito della consultazione da lei avviata sull’iniziativa che i deputati dell’Mps Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi hanno depositato in giugno.

Il vigente articolo 80 della Log così recita al primo capoverso: “Nei confronti del magistrato inadempiente nell’esercizio delle sue funzioni o che, con il suo comportamento, offende la dignità della magistratura, il Consiglio della magistratura può infliggere, anche cumulativamente, le seguenti sanzioni disciplinari: a) l’ammonimento; b) la multa sino a tre stipendi mensili lordi, ritenuto un minimo di 10’000 franchi; c) la sospensione sino a 12 mesi con decadenza del diritto di percepire l’onorario; d) la destituzione dalla carica di presidente o vicepresidente o il divieto di assumerla per un periodo fino a dieci anni; e) il trasferimento del magistrato ad altro ufficio giudiziario o ad altra funzione nello stesso ufficio giudiziario; f) il divieto di svolgere altre attività; g) la destituzione”. Pronzini e Sergi suggeriscono da un lato di cancellare la frase “o che, con il suo comportamento, offende la dignità della magistratura” e la lettera g. Dall’altro di aggiungere un capoverso (1bis), secondo cui “Nei confronti del magistrato che, con il suo comportamento, offende la dignità della magistratura, il Consiglio (il Cdm ndr) sottopone al Gran Consiglio la richiesta di destituire il magistrato”. Il motivo è nel titolo dell’atto parlamentare, ovvero “Magistrati: chi elegge deve anche destituire”. Visto che il Gran Consiglio nomina procuratori e giudici deve poter pure licenziarli, stando a Pronzini e Sergi.

‘Restrizione della latitudine di giudizio’

La proposta, rileva anzitutto il Tribunale d’appello nella sua presa di posizione, “di stralciare” dal primo capoverso dell’articolo 80 “la competenza del Consiglio della magistratura di sanzionare comportamenti dei magistrati che offendono la dignità della magistratura” costituirebbe una “restrizione della latitudine di giudizio”. Che “non permetterebbe più” al Cdm “di sanzionare comportamenti che, pur non raggiungendo la soglia di gravità tale da giustificare la destituzione, meritano di essere sanzionati”. Tali casi, annota il Tribunale, “costituiscono, secondo quanto indicato dallo stesso Consiglio della magistratura, la causa principale delle sanzioni disciplinari finora emanate”.

Passando all’altro ritocco dell’articolo 80, quello che toglierebbe al Cdm la competenza per la destituzione dei magistrati, assegnandola al parlamento (previa richiesta del Consiglio della magistratura), il Tribunale d’appello osserva: “Secondo quanto proposto, i motivi alla base della destituzione sarebbero limitati solo a quei casi in cui venisse appurato un comportamento del magistrato che offende la dignità della magistratura. Di conseguenza, con il cambiamento prospettato, un magistrato che è gravemente e ripetutamente inadempiente nell’esercizio delle sue funzioni, non potrebbe più essere destituito”.

Questione ricorso

Altra criticità dell’iniziativa. “A livello formale – scrive il Tribunale – l’apertura del procedimento e l’istruttoria resterebbero di competenza del Consiglio della magistratura. Al termine dell’istruttoria, se ritiene che ne siano adempiuti i presupposti, il Consiglio chiederebbe al Gran Consiglio di pronunciare la destituzione. Dovrebbe in tal modo essere escluso il ricorso alla Commissione di ricorso sulla magistratura. L’articolo 85a cpv. 1 Log lo ammette infatti solo contro la decisione del Consiglio della magistratura”. E al riguardo l’autorità giudiziaria ricorda, richiamando la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la Costituzione federale: “In considerazione del loro carattere repressivo, le sanzioni disciplinari devono necessariamente essere adottate mediante decisione e, indipendentemente dal fatto che siano considerate di natura penale secondo gli articoli 6 Cedu e 32 Cost., devono essere suscettibili di ricorso, conformemente a quanto previsto in modo generale dall’articolo 29a Cost”.

‘In contrasto con la separazione dei poteri’

Insomma, la destituzione di un magistrato da parte del legislativo “non può che essere considerata un atto con carattere prevalentemente politico, analogamente alla mancata rielezione, con la conseguenza che i Cantoni non sono tenuti a istituire un’istanza di ricorso”. La modifica della legge cantonale, evidenzia il Tribunale, “sarebbe quindi in contrasto con i principi dell’indipendenza della magistratura e della separazione dei poteri”. Il magistrato “verrebbe privato delle garanzie processuali, che spettano a chiunque sia soggetto a un procedimento disciplinare”. Il che sarebbe “particolarmente problematico pensando al fatto che ciò concernerebbe proprio i casi in cui viene inflitta la sanzione disciplinare più grave fra quelle previste dalla legge”. La destituzione, appunto. La formulazione dell’articolo 80 della Log prospettata dall’iniziativa “sarebbe pertanto anche lesiva dei diritti procedurali dei magistrati”. E ancora: “Il Gran Consiglio, composto di 90 membri di diversa formazione e caratterizzato da una forte connotazione politica, potrebbe peraltro incontrare difficoltà nel doversi pronunciare quale autorità disciplinare, sulla base di un’istruttoria condotta da un’altra autorità. La sua decisione sarebbe in ogni caso considerata di natura più politica che giudiziaria”. Ergo: il Tribunale d’appello “propone di respingere l’iniziativa”.