Ocst, Sit e Vpod: ‘Profonda preoccupazione e contrarietà’. Ssic, Camera di commercio e Aiti contro il taglio agli investimenti
Con una nota congiunta, i sindacati Ocst, Sit e Vpod bocciano il Preventivo 2026 presentato oggi dal Consiglio di Stato, esprimendo “profonda preoccupazione e contrarietà verso una politica di contenimento della spesa che imporrà sacrifici al settore pubblico, sociosanitario e socioeducativo”. Tutto ciò per i sindacati “si tradurrà in ulteriori misure di risparmio a discapito della qualità dei servizi e delle condizioni di lavoro del personale”. Considerando il momento attuale, “ridurre le risorse significa compromettere seriamente la capacità del Cantone di assicurare cure, istruzione e sostegno alla cittadinanza”.
Ocst, Sit e Vpod hanno incontrato oggi stesso il governo, rivendicando “un aumento del finanziamento agli enti sociosanitari e socioeducativi, al fine di migliorare le condizioni di lavoro e la qualità delle cure; un incremento progressivo dei salari per i dipendenti pubblici, volto a salvaguardare il potere d’acquisto e a recuperare il carovita perso negli ultimi anni; la rinuncia alla non sostituzione del personale partente del 10%, prevista in modo indiscriminato e cumulata nei prossimi 3 anni; maggiori investimenti a sostegno della scuola pubblica, quale pilastro della nostra società”. Continuando così, si continua a leggere nella nota congiunta, “il rischio è di vedere progressivamente smantellati i servizi pubblici e di minare il partenariato sociale. Non possiamo quindi accettare che a compiere dei sacrifici siano continuamente i lavoratori, gli utenti e i pazienti: occorre in definitiva un’inversione di rotta che, grazie ad appropriati finanziamenti, garantisca un futuro ai servizi pubblici del Cantone”.
Sulla decisione di rivedere il piano di investimenti – abbassandoli di 100 milioni da qui al 2029, da 1,4 a 1,3 miliardi di franchi – si raccoglie tutta la preoccupazione del direttore della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori Nicola Bagnovini: «Sta succedendo quello che si temeva – ci spiega –, in quanto la soluzione più semplice davanti a un problema grave è quella di ridurre gli investimenti. È la soluzione più semplice, ma anche la più sbagliata». Nel senso che, riprende Bagnovini, «sono falsi risparmi, in quanto procrastinare determinati interventi richiederà investimenti ancora maggiori a distanza di pochi anni, vanificando così il presunto risparmio ottenuto adesso». Anche perché «ogni investimento, nel settore della costruzione, permette di mantenere l'attuale grado di occupazione per noi che rappresentiamo l'11% del Pil, e diamo lavoro a più di 6mila dipendenti». Quindi, «bisogna evitare in ogni modo di tramutare un problema economico in un problema strutturale soprattutto parlando di occupazione. E a questo punto appare sempre più indispensabile una vera e propria revisione dei compiti dello Stato».
«Abbiamo sempre ribadito che i risparmi devono essere fatti su spesa corrente, gestione del personale e compiti dello Stato – tuona il presidente della Camera di commercio Andrea Gehri –. Quindi, come associazione, non possiamo accettare la diminuzione degli investimenti che sono assolutamente necessari. Se in un momento economico complicato diminuiamo anche gli investimenti pubblici, creiamo un doppio danno anche per l'erario cantonale».
Il direttore dell'Associazione industrie ticinesi (Aiti) Stefano Modenini dal canto suo annota che «frenare gli investimenti ci espone a un maggiore pericolo di recessione. Inoltre, siamo in una fase di tassi di interesse bassi e dunque prendere soldi a prestito per investire è meno oneroso. È chiaro che a medio lungo termine se questa politica si conferma potrebbero esserci conseguenze spiacevoli per diversi rami di attività. Per Modenini è «sicuramente un momento difficile, tutti ci dicono che dobbiamo fare degli sforzi... Quando ci verranno presentate richieste vere e concrete potremo essere più completi, a partire da quelle di intervento fiscale. Cioè quanto, e verso chi».