Ticino

‘In Ticino il dumping salariale è una realtà che deve essere affrontata con decisione’

Il Partito socialista si schiera a favore dell'iniziativa popolare dell'Mps e, dati alla mano, mostra la situazione lavorativa in Ticino

Parola ora al Gran Consiglio
(Ti-Press)
5 novembre 2025
|

Un rapporto di minoranza di 33 pagine per affermare che il mercato del lavoro ticinese è fortemente in difficoltà. Ecco quindi che secondo chi ha redatto il rapporto, il copresidente del Partito socialista Fabrizio Sirica, l’iniziativa popolare ‘Rispetto per i diritti di chi lavora! Combattiamo il dumping salariale e sociale!’ presentata nel 2019 dal Movimento per il socialismo (Mps) deve essere approvata. “Tra il 2010 e il 2022 i salari in Ticino sono praticamente fermi: +3,9% in tredici anni, contro una crescita media svizzera del 9,2%. In ventuno rami economici i salari sono addirittura diminuiti in valore assoluto. È un dato che parla da sé: il Ticino è l’unica grande regione dove lavorare non garantisce più un reddito dignitoso. Tutto ciò mentre sono esplosi i costi dell’affitto e della cassa malati”, scrive il Ps invitando ad approvare l’iniziativa parlamentare dell’Mps. Iniziativa parlamentare che chiede alcuni precisi interventi: la notifica obbligatoria dei contratti di lavoro, una banca dati digitale dei salari per rendere trasparente la realtà delle retribuzioni, e un ispettorato potenziato, con una sezione dedicata alle discriminazioni di genere. Misure che hanno un costo quantificato in diversi milioni di franchi. Per Sirica si tratta però “di una spessa necessaria e di un investimento per tutelare il nostro mercato del lavoro”.

Per socialisti e Mps a essere fragile è tutto il sistema: “Dal 1998 al 2022 le ore lavorate in forma precaria sono aumentate del 638%. Dal 45% i lavoratori frontalieri sono diventati l’88% in questa categoria, sintomo di come il padronato ha sfruttato la possibilità di avere salari più bassi e condizioni precarie per sostituire i residenti. Oggi quasi un terzo della forza lavoro in Ticino è frontaliera. Si tratta di una percentuale cinque volte superiore alla media svizzera e raddoppiata dal 2005 (35'748) al 2023 (79’757). In molti settori – conclude il Ps in una nota – i salari vengono calibrati su questa concorrenza al ribasso”.

E tutto si lega: “La questione salariale è il nodo da cui dipendono aspetti fondamentali e strutturali: la perdita del potere d’acquisto, le difficoltà delle finanze pubbliche e perfino l’impoverimento demografico. I salari stagnano, mentre le spese crescono; e la socialità finisce spesso per sostituire la parte di salario che il datore di lavoro non versa, scaricando sulla collettività la propria avidità”.