Arte

Sguardi sulle materie dell’arte

Due esposizioni al Museo Vela di Ligornetto: Calibrando l'occhio di Valentina Pini e una selezione della ceramica svizzera contemporanea

Valentina Pini, Der Ritter, 2025
(MVV / Sebastiano Carsana)
20 giugno 2025
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Un doppio dialogo, quello proposto dalle due esposizioni temporanee che si inaugurano domani al Museo Vela di Ligornetto. Al confronto con le sculture ottocentesche di Vincenzo Vela, riferimento per tutti i progetti di arte contemporanea del museo, si aggiunge quello tra le opere di Valentina Pini, per il progetto ‘Calibrando l'occhio’ da Raphael Gygax, e la mostra collettiva di swissceramics curata da Hanspeter Dähler.

Una personale di un'artista ticinese e una collettiva nazionale. Un dialogo artistico incentrato sulla materia: il gesso delle sculture di Vela, la ceramica lavorata con forme e tecniche diverse del progetto di swissceramics, i materiali compositi usati da Pini si richiamano tra di loro in un percorso unitario che, come ha sottolineato la direttrice del museo Antonia Nessi, mostra la vitalità degli scambi artistici al di là dei confini regionali.

Il perturbante

Prima di esplorare le opere al primo piano, l'incontro con ‘Calibrando l'occhio’ di Valentina Pini – artista che vive e lavora tra Zurigo e il Ticino e ha studiato alla Haute école d'art et de design di Ginevra e al Royal College of Art di Londra – avviene nel grande salone ottagonale del museo: qui vediamo il video "Der Ritter" di una decina di minuti. Vediamo e ascoltiamo perché il filmato è accompagnato da un audio a sei canali distribuito nella sala. Protagonista è una marionetta in legno, Acrystal e tessuto che reinterpreta la figura di Carlo II, duca di Brunswick (1804-1873), protagonista della celebre statua equestre in gesso che domina lo spazio centrale del Museo Vela. "La marionetta non soltanto diventa parodia della vecchia ambizione monarchica al controllo e all'eternità, ma svela anche il carattere artificiale, instabile e in definitiva inquietante di tale ambizione", ha spiegato il curatore Raphael Gygax.

Già qui si vede il tema centrale di questo progetto di Pini: il concetto freudiano del "perturbante", definito come il ritorno del rimosso in forma distorta che genera inquietudine. Questa idea ritorna nelle opere al primo piano, come la serie fotografica "Displaced Fractures" (#1, #2, #3), realizzata in collaborazione tecnica con il fotografo Sebastiano Carsana, che si concentra sui dettagli costruttivi delle sculture di Vela normalmente invisibili: ganci metallici, chiodi e strutture di supporto inseriti nel gesso. "Questi elementi tecnici acquisiscono un duplice significato: da un lato rendono visibili i processi artigianali della creazione scultorea, dall'altro diventano simboli di invalidità corporea e dislocazione psichica", ha osservato sempre Gygax.

Completano il percorso espositivo nuovi bassorilievi in Acrystal, un materiale composito a base di gesso particolarmente resistente, ispirati alla vegetazione del giardino storico del museo. Questo percorso eterogeneo, e non sempre di facile lettura, si chiude con l'installazione "Ungraspable" (2023), incentrata sul motivo della Mano di Buddha, un frutto dalla forma digitiforme che richiama i mudra, gesti simbolici delle mani nell'induismo e nel buddismo.

I temi della ceramica svizzera

Nell'altra ala del primo piano, troviamo invece la mostra collettiva promossa da swissceramics, con le opere di 25 ceramiste e ceramisti attivi in Svizzera selezionati tra la sessantina di candidature in questo concorso che l'associazione organizza periodicamente in collaborazione con vari musei svizzeri.

Per il progetto al Museo Vela si è deciso di non indicare un tema unico per il concorso, lasciando libertà ad artiste e artisti. Tuttavia, nella prevedibile varietà di forme e stili, sono emersi alcuni filoni. È il caso, ad esempio, della sostenibilità e del rapporto con la natura che ritroviamo in "Povera I" e "Povera II" di Sonja Décaillet, opera realizzate partendo da scarti di argilla, ingobbio e smalto, o l'installazione "La luce della vita" (2022-24) di Simona Bellini, con quindici nidi in "paper porcellana" – una tecnica che prevede l'aggiunta di cellulosa alla porcellana liquida – la cui forma ricorda i favi delle api. "Copper bag" di Maude Schneider affronta invece il consumismo, riproducendo in porcellana un comune sacchetto di plastica, giocando sui contrasti tra un oggetto prodotto e consumato velocemente, le cui tracce rimangono per decenni nell'ambiente, e la sua versione in ceramica che ha richiesto un lungo e paziente lavoro ma è sostenibile.

Due mostre, come detto, nate indipendentemente ma accomunate dalla fragilità della materia e dalle tensioni legati ai processi di trasformazione e di metamorfosi.

La mostra di Valentina Pini sarà accompagnata da una pubblicazione di 48 pagine con 32 riproduzioni a colori, curata da Antonia Nessi con testo critico di Raphael Gygax.