È già Storia il road movie di Aljafari sulla catastrofe e sulla poesia che resiste. Radlmaier ci porta invece in un mondo drammaticamente da favola
Ci sono film che raccontano storie e sono la grande inutile maggioranza, e ci sono film che sono Storia, pochi, indispensabili, film che diventano Storia. E come non dimenticare il peso di film come ‘The Birth of a Nation’, 1915, di David W. Griffith, che causò disordini tragici, ma che fece finalmente riflettere sul razzismo, sul suo radicamento sociale. O film come ‘La battaglia di Algeri’, 1966, di Gillo Pontecorvo che fece finalmente riflettere sul peso di una guerra coloniale. Ora in Concorso in questa Locarno in cui è tornato il sole, è passato ‘With Hasan in Gaza’ di Kamal Aljafari, un film che è già Storia, da studiare e ristudiare, insieme a essere struggente memoria. Ma andiamo con ordine.
Un paio di anni fa il regista palestinese ha ritrovato casualmente tra le sue cose tre cassette MiniDV, con delle riprese che non erano state fatte per diventare un film, e per questo dimenticate. Erano datate 2001, e mostravano la vita quotidiana a Gaza e i risultati delle distruzioni dei tanti interventi israeliani contro gli abitanti palestinesi incominciati nel 1948, intensificatesi negli anni Settanta, per poi incrudelirsi passando da stragi al genocidio. Nel 2001 era in corso la Seconda intifada e Ariel Sharon, il “generale bulldozer”, candidato del Likud, era al governo in Israele.
Aljafari ci ricorda che questo film è “un omaggio a Gaza e al suo popolo, a tutto ciò che è stato cancellato e che dentro di me si è risvegliato in questo momento drammatico dell’esistenza, o non-esistenza, della Palestina. Un film sulla catastrofe e sulla poesia che resiste”.
E il road movie che ci propone è il girato originale, con pochi tagli, pulizia del sonoro originale, aggiunta di nuove musiche e soprattutto di diverse canzoni palestinesi del tempo e due poesie, una all’inizio del film e una alla fine che dimostrano che il massacro di palestinesi da parte degli israeliani era già iniziato senza aspettare un 7 ottobre.
L’inizio sembra un miracolo. Vediamo Gaza vivere, le strade caotiche, i bar pieni di anziani che giocano a carte, ragazzi e ragazze che vanno in giro in divisa scolastica, i mercati vivacissimi, le spiagge con famiglie e tanti bambini che giocano, meglio dei sogni trumpiani. Solo un momento di dubbio: la grande università è chiusa, l’auto che accompagna l’autore si avvia verso i campi profughi e la parte periferica della città vicino al confine con Israele, e si cominciano a vedere le distruzioni, lo scambio di bombe e colpi di mitragliatrici e carri armati. E ancora bambini che sorridono e vogliono essere fotografati ma madri disperate. Poi appare la scritta che ti gela: immagini del 2001. Abbiamo guardato la vita di luoghi e persone che non ci sono più, sono lacerti di un Paese e di un popolo che viene stuprato nell’indifferenza, cancellato. Eppure esiste la memoria, ora l’abbiamo concreta in questo ‘With Hasan in Gaza’. La nazione palestinese non è un’utopia, è un luogo che si vuole cancellare, ma non si possono cancellare le poesie, la musica e i sorrisi dei bambini. Grazie a film come questi rinasce la speranza.
Ancora un film in concorso ci riporta alla Storia: si tratta di ‘Sehnsucht in Sangerhausen’ (titolo internazionale: Phantoms of July) del regista tedesco Julian Radlmaier. Si tratta di un film importante, come spiega il regista: “Sehnsucht in Sangerhausen parla di alchimia dell’incontro. Sullo sfondo di un clima sociale sempre più orientato a destra, è un film che riesce a far dialogare persone spesso contrapposte dal dibattito pubblico”. Già la scelta del posto, un paesino al centro della Germania, dall’aspetto medievale, dominato da una piramide fatta di scorie dell’industria estrattiva, ora uno dei centri della destra filonazista tedesca, permette al regista di giocare nel film con immigrati ma soprattutto con donne che cercano di esistere.
L’inizio ci porta nel XVIII secolo perché vicino a Sangerhausen c’è il castello dove aveva vissuto e lavorato uno dei grandi romantici tedeschi, Novalis, poeta, filosofo e studioso di geografia. Qui incontriamo una giovane cameriera che per amore finisce a morire in una delle grotte che si trovano nel territorio. Poi incontriamo una giovane che vede segnata la sua vita da un matrimonio precoce e sbagliato e dall’affannarsi tra pulire magazzini e far la cameriera per sopravvivere. Il suo destino cambia incontrando una giovane musicista che la apre alla vita. Il terzo personaggio è una giovane immigrata iraniana che cerca di inventarsi su youtube con i consigli per i viaggi per non essere rispedita al suo Paese. In un mondo drammaticamente da favola c’è posto anche per dei cammelli che passeggiano nel paesaggio. La favola è di quelle che ti fanno pensare, il film è ben girato e recitato, gli applausi meritati.