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Quando la realtà non funziona, arriva Eran Kolirin

Il regista israeliano ha presentato, Fuori concorso, il suo surreale ‘Some Notes on the Current Situation’

15 agosto 2025
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‘Some Notes on the Current Situation’ è, semplicemente e poeticamente, teatro dell'assurdo: lavorando con alcuni studenti di recitazione al termine del loro percorso formativo, il regista israeliano Eran Kolirin ha composto un film in sei episodi di varia lunghezza. Il progetto è nato quasi per caso, su suggerimento di un amico che gli ha segnalato una classe di giovani attori e attrici di talento, e si è trasformato in quella che Kolirin stesso ha definito «una fontana che ha iniziato a sgorgare».

Abbiamo ad esempio un plotone di soldati che si prepara a girare un film per una piattaforma di streaming internazionale, con critiche dirette alle ingiustizie interne ed esterne dello Stato di Israele e al cinema di Netflix, oppure una sposa che spinge un’auto in panne in una satira dei film d’azione o ancora una coppia che tenta di consegnare un carico di neve in un set cinematografico nel deserto – omaggio diretto al regista Theo Angelopoulos –, ritrovandosi in un limbo spazio-temporale.

Questo progetto era iniziato poco prima del 7 ottobre 2023, ma quello che accaduto quel giorno e negli ormai oltre due anni dopo non è arrivato dal nulla. «Si poteva sentirlo arrivare, sai: non è stata una sorpresa, in un certo senso, se eri sensibile» ha spiegato il regista. «Era come questa oscurità che stava arrivando, come una pentola che bolle e potevi sentire che stava per succedere». All’inizio del film, una scritta che è un pugno nello stomaco: “Prima della Terza guerra mondiale”: «È quella la sensazione, vero? Forse siamo già dentro la Terza Guerra Mondiale. Forse questo titolo è anche nostalgico perché siamo già dentro. Quella era forse la nostra ultima possibilità».

Quella scritta, e il titolo, richiamano all’attualità. Che però il film non affronta direttamente. «La tradizione surrealista e quella dell’assurdo sono connesse alla guerra e follia nel mondo», ha spiegato Kolirin, citando Beckett, Kafka e Vonnegut come gli autori delle opere che hanno «formato la mia vita, formato il mio punto di vista artistico». Per il regista, la realtà contemporanea si è fusa con questa visione: «Sono arrivato nella mia vita al punto in cui vedo il mondo e capisco perché scrivevano così: perché le parole sono stronzate e non hanno significato».

In ‘Some Notes on the Current Situation’ non si affronta direttamente l'attualità politica, ma abbiamo come accennato diverse critiche dirette allo Stato di Israele. Ciononostante, è stato sostenuto dall'Israel Film Fund. «Capisco la domanda perché anch'io, quando vedo film dall'Iran o dalla Russia o dalla Bielorussia, mi chiedo come sia possibile. Ma questo succede quando guardi le cose da lontano: la vita è più complessa, quando ci sei dentro, non ci sono solo santi e cattivi, bianco e nero».

Il film è anche una critica al mondo del cinema, «non solo a quello commerciale ma anche a quello “da festival”: da me ci si aspetta una qualche dichiarazione politica». Da una parte film “da Netflix” «piatti e stupidi», dall’altra film «artistici e radicali», mentre «io nel mezzo voglio qualcosa di diverso, voglio non so quel tipo di emozione che ho provato guardando Angelopoulos». Gli facciamo notare che comunque ‘Some Notes on the Current Situation’ è forse il suo film più politico, persino più di ‘Let it be Morning’ in cui una famiglia è bloccata dall’esercito in un villaggio arabo in Israele. «Mi chiedono spesso dell’aspetto politico e io sono sempre un po’ preoccupato… no, non proprio preoccupato, però alcune persone sentono la parola ‘politico’ e si chiudono. Ma il politico non è separato dal modo in cui vivi. Come puoi fare un film non-politico ora?».

Ad accomunare i sei episodi è il tema di un nuovo inizio, della necessità e possibilità di far ripartire il mondo. È particolarmente evidente nel primo episodio, che è anche il più ottimista: non ha pensato di metterlo alla fine? «Gli episodi sono nell'ordine in cui li ho scritti e quando ho scritto il primo non sapevo nemmeno che ne avrei fatto un film. Qualche volta ho pensato di concludere così il film, con una sorta di nuovo inizio. Non ho una risposta: è andata così e credo che abbia un suo senso». In tutti i suoi film, ha aggiunto, c’è «questa cosa della fine e di un nuovo inizio. Qui si inverte: inizia con il nuovo mattino e finisce in questa vecchia stanza buia, nell'oscurità ». Il che non toglie nulla al profondo desiderio di rinascita che evidentemente continua .

Eppure, il desiderio di rinascita permane: «C’è questa lotta. È come dover rinascere. Senti che hai bisogno di uscire da qualcosa, perché è così opprimente. Posso vederlo anche nel film, questo anelito per un nuovo inizio, per qualcosa che ci porti fuori da qui, magari degli alieni che ci portino su un altro pianeta o qualcosa del genere. Perché sì, non funziona. Non funziona».