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Il clima ha cambiato personalità

Erika Coppola spiega perché temporali violenti e caldo estremo vanno insieme e come le città amplificano l'effetto isola di calore urbana

(keystone)
5 luglio 2025
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Il caldo anomalo degli ultimi giorni, che ha portato al secondo mese di giugno più caldo dall’inizio delle misurazioni in Svizzera nel 1864, si interrompe in questo fine settimana con un calo delle temperature, soprattutto delle minime, e temporali. Un po’ di fresco, o almeno di caldo non eccessivo, che però rischia di essere solo temporaneo prima del più che probabile ritorno a temperature sopra la media.

A causare questa ondata di caldo è infatti l’anticlone africano: parliamo di una area da alta pressione – il contrario, appunto, dei cicloni che sono caratterizzati da bassa pressione – proveniente dal Sahara e che ha sostituito il tradizionale anticiclone delle Azzorre che caratterizzava le estati europee.

La differenza tra i due anticicloni sta nella loro origine: quello delle Azzorre nasce sull’Oceano Atlantico ed è di natura marittima, mentre quello africano si forma sul continente nordafricano; il primo portava estati calde ma non troppo, proteggendo il Mediterraneo dalle perturbazioni atlantiche e dalle incursioni di caldo africano. Il secondo, invece, oltre a temperature più elevate porta paradossalmente condizioni favorevoli per temporali violenti, come si sono visti in passato.

Non è la prima volta che le estati europee sono caratterizzate dall’anticiclone africano, ma se fino agli anni Novanta erano le eccezioni, oggi si tratta della norma.

L’eccezione e la norma

Spesso per spiegare la differenza tra meteo e clima si ricorre all’immagine della personalità e dell’umore di una persona: a chiunque capita la giornata in cui si è particolarmente nervosi, tristi oppure al contrario tranquilli o euforici. Ma sappiamo anche che, in mezzo a questi cambi di umore anche rapidi e legati a cause esterne, una persona ha una propria personalità che non cambia: c’è chi è espansivo e gioioso, chi più pacato e metodico, chi più riservato e così via. La personalità è stabile, certo, però nel tempo può modificarsi, ad esempio se sottoposti a stress continui. Il clima terrestre sta cambiando personalità; lo stress continuo sono i gas a effetto serra e le anomalie nelle temperature e nelle precipitazioni non sono più sbalzi di umore, ma il segno di una situazione diversa e preoccupante.

«Periodi estremamente caldi seguiti da periodi estremamente freddi sono del tutto normali, perché il clima non è un sistema statico, né un sistema che si riproduce sempre uguale a se stesso», ha spiegato Erika Coppola, ricercatrice al Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam di Trieste.

Un periodo con temperatura più basse, o semplicemente nella media, non è quindi una smentita del riscaldamento globale. «Se immaginiamo il clima di una regione che evolve rappresentato con una linea, questa non sarà una retta che sale o scende con un andamento preciso, ma una linea che oscillerà. Quello che conta è la pendenza di questa linea oscillante, non la singola oscillazione, e se questa pendenza è positiva la temperatura media sta aumentando».

Così come non lo sono temporali intensi che, durante le ondate di calore, fanno danni ma spezzano anche l’afa: una convivenza di “bel tempo” e “brutto tempo” che potrebbe disorientare le persone non esperte. «È tutto collegato», ha chiarito Coppola. «Quando ho un evento con temperature così alte, si riscalda tutto. E se scaldo il mare e l’aria, non faccio altro che incorporare nel sistema atmosferico tantissimo vapore acqueo proveniente dai mari».

Il meccanismo fisico è relativamente semplice: più alta è la temperatura, maggiore è la quantità di vapore acqueo che l’atmosfera può contenere. «A un certo punto però questa atmosfera è satura. Questo succede tipicamente quando arriva un fronte freddo e la temperatura dell’atmosfera inizia ad abbassarsi e può contenere meno vapore». In poche parole: mari e aria più caldi di venti o cinquanta anni fa significa molta più acqua e molta più energia pronte a diventare temporali violenti.

Caldo delle città

Quando parliamo di clima parliamo di aree come l’Europa o le Alpi, ma i modelli usati dai climatologi permettono anche una risoluzione più fine e che analizza la situazione a livello di città. Ed è un tema importante innanzitutto perché oltre il 70% della popolazione europea, e poco meno del 60% di quella mondiale, vive in aree urbane. E soprattutto perché le città amplificano gli effetti delle ondate di calore attraverso il fenomeno noto come “isola di calore urbana”.

I modelli utilizzati per questi studi incorporano diverse componenti del sistema climatico: atmosfera, oceani, superficie terrestre e, nel caso specifico delle aree urbane, le caratteristiche delle singole città. «I modelli urbani più sofisticati riescono a calcolare i flussi di calore, la differenza tra i flussi che vengono dalle superfici come i tetti delle case, le strade, le superfici laterali dei palazzi», ha aggiunto Coppola. «Sono abbastanza sofisticati per rappresentare l’eterogeneità urbana che si trova in una città».

Al tema sta lavorando anche l’Ipcc, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, il principale organismo internazionale per la valutazione scientifica del cambiamento climatico, istituito nel 1988 dalle Nazioni Unite e con sede a Ginevra. «È in fase di elaborazione il primo special report che si concentra proprio sul clima urbano», ha spiegato Coppola. «Dai modelli vediamo chiaramente un trend di amplificazione dell’effetto delle isole di calore urbane: la città amplifica le ondate di calore, per la temperatura massima e soprattutto per la temperatura minima».

Questo secondo aspetto è particolarmente preoccupante per la salute pubblica, perché significa che anche di notte il corpo continua a subire lo stress del caldo senza poter recuperare. «Le persone più vulnerabili come anziani, bambini piccoli o donne in gravidanza sono i primi a risentire di questo stress».

I modelli tengono conto non solo dell’evoluzione del clima, in base ai vari scenari per l’andamento delle emissioni, ma anche delle caratteristiche attuali e future delle città. «I modelli considerano le città come sono ora, basandosi su dati satellitari», spiega Coppola. «Ma se domani una città adottasse le politiche di Singapore, una delle città più avanzate al mondo su questi temi – i palazzi sono rivestiti di verde e i tetti sono di fatto delle serre – allora possiamo modificare quei parametri nei modelli e seguire l’evoluzione, vedere quanto quegli interventi possono mitigare l’effetto».

L’adattamento delle città al cambiamento climatico, ha concluso Coppola, non si limita comunque al verde urbano ma riguarda altri interventi, soprattutto pensando agli eventi estremi come le alluvioni o, per le città costiere, all’innalzamento del livello dei mari.