laR+ Sulla Croisette

Sotto la pioggia a inseguire film

L'atteso ‘Alpha’ di Julia Ducournau, l'Egitto corrotto nella denuncia di Tarik Saleh, Spike Lee e un commissario che meriterebbe una serie tv

Julia Ducournau
(Keystone)

Una pioggia dirompente, violentata da un forte vento che viene dal mare, ha condizionato una strana giornata di cinema sulla Croisette, proprio alla vigilia della chiusura del mercato, annunciata dalla sparizione di alcuni daily specifici che pubblicizzano i film delle varie compagnie. In Concorso abbiamo visto due film: l’atteso ‘Alpha’ di Julia Ducournau ed ‘Eagles Of The Republic’ di Tarik Saleh. ‘Alpha’ era molto atteso, visto che due anni fa la regista Julia Ducournau vinse la Palma d’Oro per il suo ‘Titane’; non sono da dimenticare però le tante, troppe critiche negative che accolsero quel film nei giorni precedenti al premio e anche dopo. Lo stesso si sta ripetendo con questo film, che meriterebbe la Palma d’Oro solo per il coraggioso linguaggio cinematografico della regista francese, per il suo raccontare la malattia mortale attraverso il peso dell’amore infinito, per il suo rivalutare il senso artistico della nostra carne attaccata a uno scheletro.

Alpha è il nome di una bambina ritrovatasi nel bel mezzo di una pandemia che porta alla metamorfosi con corpi che si marmorizzano. Non l’Aids non il Covid, ma la fantascienza che fa da filo conduttore al dire della regista, perché ‘Alpha’ è un film di fantascienza che non rinnega neppure una modalità da fumetto nell’esposizione dell'inquietante vicenda, prima che si sciolga nella catarsi finale dove la morte celebra il suo matrimonio con la vita. Alpha è una ragazzina di 13 anni (una brava Mélissa Boros) che torna a casa da una festa con un tatuaggio rudimentale fatto in casa. Il film è un gioco di sogni nei sogni che condiziona la vita sua e quella della madre (una smagliante Golshifteh Farahani) e quel tatuaggio per la donna single, che è un medico impegnato nella cura di questa malattia virale trasmissibile per via ematica, diventa importante: L'ago? Era pulito o sporco? Lo vuole sapere, con la mente che torna al virus che circa otto anni prima aveva trasformato suo fratello tossicodipendente, Amin (un intenso Tahar Rahim), in una statua di marmo. Siamo negli anni 90 del secolo scorso, e gli esami del sangue devono aspettare diverse settimane per avere un risultato più accurato. Il film di Ducournau indaga le emozioni profonde, quelle dell’io solitario che fa i conti con una società impaurita dal virus: certo, l’esperienza del Covid è lì a ricordarlo, ma lei supera il ricordo sciogliendolo nella bellezza delle immagini che diventano poesia, e il film canta.

Al tempo di Al-Sisi

Per altri motivi desta interesse ‘Eagles Of The Republic’ di Tarik Saleh, un film capace di denunciare il violento sistema politico corrotto dell’Egitto del presidente Al-Sisi. Il regista svedese di origini egiziane, che nel 2017 si è affermato sulla scena internazionale con ‘Le Caire Confidentiel’ prima di aggiudicarsi il Premio per la sceneggiatura a Cannes nel 2022 con ‘La Conspiration du Caire’, chiude con questo film la sua implacabile trilogia sul Cairo. Qui prosegue la critica delle alte sfere politiche e religiose egiziane, già espressa negli altri film. Saleh ci porta all’interno del condizionamento sul cinema presentandoci George (un bravissimo Fares Fares), un attore al culmine della gloria che si trova a subire le strette democratiche attuate nel Paese. Il film che ha appena girato viene bloccato dalla censura che contesta un bacio tra un uomo e una donna non sposati, lui contesta che nella televisione pubblica si presentino serial turchi ben più immorali. Come risposta, minacciano la vita di suo figlio e per questo l'attore accetta di fare un film per loro. Sul set ritrova il suo regista, anch'egli ricattato, e il film imposto è celebrativo degli anni di formazione politica del presidente. Mentre è al lavoro, George comprende il suo potere tirando fuori dal carcere il figlio del suo vicino di casa e, di più, riscopre un suo amore importante (la brava Zineb Triki), ora sposa del generale ministro della Difesa. I due si innamorano nuovamente e questo diventa un grosso problema per entrambi: ancora ricattato, George si ritrova a compromettersi ulteriormente con un discorso davanti al presidente nella giornata delle forze armate, teatro di un tentativo di colpo di Stato guidato proprio dal ministro della Difesa… Il film mette in evidenza la violenza repressiva del regime egiziano e come questo potere condizioni tutte le forme di comunicazione e arte, spingendo gli artisti a essere una voce unica: quella voluta da Stato e Chiesa. È la solita storia, ma valeva la pena ricordarla, anche per quello che è stato il destino di Giulio Regeni.

Indomabili

Fuori concorso passa il poliziesco ‘Highest 2 Lowest’ di un energico Spike Lee con un Denzel Washington in gran forma, anche se Screen semina dubbi: “Alla fine, il vortice energico del film risulta leggermente vuoto, con una raffica di temi e impulsi che non riescono mai a trovare armonia”. Per noi, avrà grande successo al botteghino e chissà, a marzo 2026 un Oscar per il protagonista. Ci ha però molto più interessato, alla Quinzaine des cinéastes, uno strano noir franco-camerunense, ‘Indomptables’ (Indomabili), del comico Thomas Ngijol che del film è anche il serio protagonista. La pellicola ha il merito di presentare senza effetti speciali e senza falsi eroismi la vita di un commissario di polizia, Billong (Ngijol), che vive e opera a Yaoundé. L’uomo, che ha un bel numero di figli trattati con esasperato ed esagerato rigore, e che ha portato la figlia maggiore a vivere fuori di casa solo perché giocava a calcio, si trova a dover lavorare al caso, non facile, dell’omicidio di un collega. Il regista ci mostra i trattamenti selvaggi della polizia nei confronti dei sospetti e di come Billong sia in fondo contento di vedere gli interrogati appesi a testa in giù o frustati. Succede che il figlio maggiore compia un atto di violenza a scuola e che lui lo picchi davanti al preside incredulo: questo fatto lo allontana ancor di più dalla famiglia, mentre l’indagine procede. ‘Indomptables’ è un film dalle atmosfere e dai tempi che si sposano sinceramente con i luoghi, e l’ispettore meriterebbe davvero una serie a lui dedicata. Applausi meritati.