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Francesco Poloni, è tutto vero

Il Pardino d’argento di un innamorato del documentario, per una storia che arriva dall’estremo Nord: incontriamo il giovane regista ticinese

Sabato 16 agosto 2025, un giorno da ricordare
(Samuel Golay © Locarno Film Festival / Ti-Press)
19 agosto 2025
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«Per adesso è sul tavolo da pranzo. Forse lo metterò in camera. Il fatto è che non ho ancora realizzato la cosa…». Siamo d’accordo con Francesco Poloni che, quando avrà realizzato per intero l’aver vinto il Pardino d’argento per il suo ‘Tusen Toner’, premiato nel Concorso nazionale dei Pardi di Domani del Locarno Film Festival, ci farà avere un comunicato stampa con le sensazioni complete. È una boutade, naturalmente. La verità è solo questa: «Sono fermo a quando il film è stato preso, poi è stato tutto un susseguirsi di eventi, fino alla scoperta dell’aver vinto. E poi la premiazione, mi tremavano le mani...».

Prodotto dal Conservatorio internazionale di Scienze audiovisive di Locarno, anche detto Cisa, ‘Tusen Toner’ si svolge nel chiaroscuro di Kiruna, cittadina mineraria dell’estremo Nord della Svezia dove nel 2023 è stata scoperta la più grande riserva di terre rare d’Europa. La miniera di ferro ha portato all’instabilità del suolo e al conseguente spostamento fisico dell’intero centro storico della città, al ricollocamento di alcuni edifici e alla demolizione e ricostruzione di altri a qualche chilometro di distanza. Il tutto tocca anche quattro giovani musicisti locali e lo spazio del loro dopolavoro, ben più di uno studio di registrazione, chiamato ‘Tusen Toner’ e condannato alla demolizione.

Per arrivare al Pardino dobbiamo partire da ‘Report’. «Mi sono ritrovato a fare ricerche suggestionato da quella trasmissione, da una storia simile ambientata in Indonesia. Portando il tema a scuola e proponendolo come punto di partenza per il progetto di diploma del terzo anno, mi sono reso conto da un lato che l’Indonesia era un posto troppo lontano dalla mia quotidianità, dall’altro che sarebbe stato più saggio cercare un luogo in Europa per provare a raccontare il costo nascosto dietro il Green Deal europeo. Ho trovato questa città, immersa nelle nevi e nella notte».

‘Non è questione di buono o cattivo’

“Quanto a materie strategiche, oggi l’Unione Europea dipende in modo massiccio su pochi Paesi. Signore e signori, il mondo sta cambiando, dobbiamo cambiare anche noi. Vogliamo estrarre più minerali qui, nell’Unione europea, e se a qualcuno non sta bene questa nuova realtà, siamo pronti ad affrontarlo”. Accompagnati, qua e là, dalle parole di Ursula von der Leyen, Poloni ci porta nel contrasto tra gli interni del Tusen Toner e il buio dell’inverno svedese, tra i beat dei rapper e il silenzio circostante, tra le rime e le ruspe: «Mi sono innamorato del luogo e con il mio produttore e i miei compagni di classe ci siamo messi alla ricerca di gente del posto che potesse permetterci di raccontare questa storia. Non volevo diventasse un saggio di carattere puramente economico e sociale, volevo che fosse anche umano».

Oggi il Tusen Toner è chiuso, con le finestre sbarrate dalle assi, in attesa di scomparire. «In questo momento stanno spostando la chiesa rossa, il simbolo della città. Durante le riprese la stavano puntellando dall’interno perché reggesse il trasporto». La ricerca di un’alternativa unisce i rapper nell’amara constatazione che per i ricordi che andranno persi “la colpa non è di nessuno”: «C’è tanta maturità in loro – tiene a dire Francesco –, per la forza di credere in un sogno e nel linguaggio artistico, cosa che mi ha ispirato tanto, e per la consapevolezza che in questa vicenda esiste una complessità che va compresa». Ovvero: «Il tema delle risorse è rilevante, le superpotenze mondiali stanno combattendo per averle. Sentiamo i grandi del mondo mettere sul tavolo le terre rare come merce di scambio, è fondamentale avere la consapevolezza di cosa sono e di quali costi comportano. Ma non siamo né io né il mio team di lavoro a dare risposte, quelle le deve cercare lo spettatore. Noi abbiamo cercato di sollevare una criticità che non è la semplice contrapposizione tra il buono e il cattivo».

Linguaggio

Classe 1997, Poloni ha una propria idea di cinema ma ha ancora tanto tempo davanti a sé per dire se il documentario sarà l’amore della sua vita: «Quando ho cominciato il Cisa ero molto più affascinato dalla finzione, ma già con il progetto interno alla scuola svolto all’Ospedale della Carità avevo scoperto il potere del documentario sia a livello narrativo che di possibilità, perché ti fa entrare in luoghi magici, ti mette in contatto con la realtà, con le persone, cosa che la fiction non ti dà allo stesso modo. Chiaramente la fiction regala la libertà di inventare, di costruire mondi nuovi, ma il carico emotivo dato dal documentario non è paragonabile».

Il regista ticinese non avrà ancora realizzato l’accaduto, ma è felice per il Cisa e per i ragazzi con cui ha lavorato: il direttore della fotografia Federico Benedetti, il montatore Davide Macchi, Flavio Papa e Norbert Nowak alla produzione e Siro Ressiga-Vacchini al suono. Vede il Pardino come l’inizio di un percorso e come la migliore delle opportunità: «Alcuni festival si sono interessati al film, io spero possa circolare a lungo, sia per portare il tema agli occhi di più spettatori sia perché aiuta a crescere, a costruire collaborazioni e progetti futuri». A questo proposito: «No, non c’è un luogo del mondo in cui ho già deciso di andare. Ho delle idee, le ho discusse con alcuni produttori conosciuti a Locarno, ma è presto per parlarne». L’idea narrativa sarà simile a ‘Tusen Toner’, e cioè «l’individuo relazionato a una collettività e il tema forte e contemporaneo al seguito, che sono poi gli aspetti che più mi coinvolgono come individuo e come regista».