A Ovest la pressione del nuovo imperialismo americano di Trump, a Est il revanscismo imperiale di Putin sostenuto dal Celeste impero di Xi Jinping. In mezzo un’Europa in crisi che fatica ad affermare una visione e un progetto politico, valoriale, culturale alternativo al dominio degli imperi.
L’Europa attuale nasce innanzitutto dalle ceneri delle sue due guerre mondiali e dalla morte, sul campo di battaglia, dei suoi imperialismi e nazionalismi. Nasce in un secondo momento dopo il crollo del muro di Berlino e la fine dell’imperialismo sovietico, quando anche i Paesi dell’Est hanno potuto iniziare a fare propri principi quali libertà, democrazia e autodeterminazione dei popoli. In nome del rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, l’obiettivo era che tra i Paesi europei non ci fossero mai più guerre, e che si potesse creare un progetto di convivenza reciproca alternativo a qualsiasi imperialismo e nazionalismo, di cui l’Europa era stata vittima e artefice. La pressione odierna degli imperi sul vecchio continente non è solo economica e militare, ma anche morale e culturale, oltre che politica. Sia gli Usa di Trump che la Russia di Putin e la Cina di Xi condividono infatti una comune avversione contro i valori fondanti l’Europa, quali un ordine internazionale fondato sulla supremazia della legge sulla forza, la liberal-democrazia, i diritti fondamentali degli individui e dei popoli.
Non è però solo la pressione esterna a mettere in crisi l’ideale di Europa, ma anche l’influenza crescente di quei partiti e governi europei sovranisti che vedono in qualsiasi principio e ordine sovranazionale, Unione europea in primis, un attacco alla loro sovranità e identità nazionale. Non per nulla questi partiti e governi simpatizzano, talvolta identificandosi culturalmente, con gli Usa di Trump e la Russia di Putin, Trump e Putin che a loro volta li usano come cavalli di Troia per indebolire il progetto europeo, al fine di poter affermare con ancora più forza i loro interessi e desideri di egemonia.
I problemi dell’Europa sono noti e sono molti. Uno degli errori di fondo è stato quello di costruire l’Unione sul libero mercato da un lato e su una burocrazia tecnico-giuridica centralizzata dall’altro, come se bastassero l’economia e la sua regolamentazione per dare identità, comunità e diritti ai suoi cittadini. La grande assente è una politica democratica di livello europeo che non rimanga relegata all’interno dei singoli stati-nazione, in grado di affrontare le sfide degli imperi. In particolare in politica estera e di fronte alle violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani in Ucraina e in Palestina, l’impotenza assordante del vecchio continente rischia di schiacciarlo nella morsa di coloro che, negando i diritti fondamentali degli individui e dei popoli, intendono imporre il loro dominio imperiale e coloniale nel mondo in nome della legge del più forte.
La crisi però non è solo dell’Unione europea ma anche della Svizzera, anch’essa incapace di esprimere in maniera chiara i suoi principi e valori fondamentali, in bilico com’è da decenni tra un isolazionismo sovranista e la difesa di diritti sovranazionali da poter condividere con il resto del mondo. Da un lato la narrazione mitologica nazionalista di un Paese che si sarebbe fatto da sé, che lotterebbe da sempre contro i nemici esterni per difendere la sua sovranità unica ed esclusiva. Da qui una neutralità integrale che non vuole prendere posizione di fronte alle violazioni dei diritti fondamentali, al fine di poter fare affari con tutti, anche con i peggiori criminali, oggi come in passato. Dall’altra parte una Svizzera che ritrova, nella sua storia, quegli stessi valori che potrebbe condividere con l’ideale di Europa, quali la libertà, i diritti umani, la democrazia, il federalismo, la resistenza contro gli imperialismi che negano il diritto all’autodeterminazione dei popoli.
Ai Paesi europei, Svizzera inclusa, rischia di imporsi una scelta. Rinchiudersi nei propri nazionalismi e farsi concorrenza a vicenda per essere i vassalli preferiti dagli imperatori. Oppure affermare, insieme, un progetto politico, valoriale e culturale che ribadisca, contro ogni imperialismo e nazionalismo, i diritti fondamentali degli individui e dei popoli e la supremazia della legge sulla forza. Se vincesse la prima opzione, l’ideale di Europa potrebbe diventare solo una reliquia del passato, relegata nei libri di storia e ridotta ad attrazione turistica, un museo a cielo aperto dove si potrà sempre mostrare al resto del mondo e alle future generazioni ciò che avrebbe voluto e potuto essere il vecchio continente.