Dopo la bocciatura calata sul potenziamento delle autostrade, basta con i progetti faraonici e invasivi
La recente bocciatura popolare del progetto di ampliamento della rete autostradale, con un secco ‘no’ emerso soprattutto nel Mendrisiotto, ha inviato un segnale politico e sociale chiaro: i cittadini non vogliono più opere calate dall’alto, disancorate dalle esigenze reali del territorio e prive di una visione sostenibile per il futuro.
In questo contesto, desta preoccupazione la notizia, emersa nelle scorse settimane, che il consigliere federale Albert Rösti, a capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (Datec), abbia commissionato uno studio strategico denominato ‘Trasporti 45’ al professor Weidmann del Politecnico federale di Zurigo (Ethz). L’obiettivo dichiarato sarebbe quello di ridefinire le priorità in materia di interventi infrastrutturali sulla rete stradale svizzera e di riflesso anche ticinese con una visione a lungo termine.
Un’intenzione sulla carta sensata, ma che non può ignorare i recenti segnali provenienti dalla popolazione. Non possiamo permetterci che vengano nuovamente pianificati progetti faraonici e invasivi, slegati dalla realtà vissuta quotidianamente nei nostri quartieri, nei nostri centri storici, lungo i nostri laghi. Il rischio è quello di continuare a sprecare risorse pubbliche in opere dal dubbio valore aggiunto, sia per il benessere della popolazione sia per lo sviluppo socio-economico del nostro cantone.
Il tratto compreso tra il Ponte diga e Chiasso rappresenta un caso emblematico. Lungo questa direttrice si estende una delle aree a più alta densità abitativa del Cantone. Nonostante ciò, per decenni il territorio ha pagato un prezzo altissimo per far spazio a grandi assi viari: dalle rive del lago sottratte alla fruizione pubblica dalla ferrovia, fino alle aree pianeggianti occupate da viadotti autostradali, molte delle quali avrebbero potuto essere valorizzate diversamente, con un impatto più sostenibile per la collettività.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, numerosi Comuni e proprietari privati furono costretti a cedere terreni di pregio in cambio di benefici infrastrutturali minimi. Le conseguenze di queste scelte si fanno ancora sentire oggi, con danni evidenti sia sul piano economico che sulla qualità della vita. L’inquinamento atmosferico, in costante aumento, supera spesso i limiti imposti dalle autorità, aggravando i rischi per la salute pubblica e contribuendo all’aumento dei costi nel settore sanitario.
Oggi è il momento di cambiare direzione. È indispensabile restituire al territorio le aree sacrificate in passato e pianificare interventi che non solo rispettino il paesaggio, ma che contribuiscano concretamente a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Solo così il territorio potrà riacquistare valore, attrattività e una prospettiva di sviluppo sostenibile. Parlare di una galleria o dell’interramento dell’autostrada da Bissone a Chiasso non è più un’utopia, ma una richiesta legittima e fondata. Continuare a sostenere che si tratti di un’idea irrealizzabile è intellettualmente e politicamente insostenibile, soprattutto se si considera il peso strategico di questa zona di frontiera per l’intera Confederazione e per l’Europa.
Con esperienze analoghe in altre regioni d’Europa si è dimostrato che è possibile agire con coraggio con la realizzazione di gallerie e infrastrutture di qualità, che rispettano il territorio e rispondono alle esigenze di mobilità. Vale la pena ricordare che la Svizzera vanta una tradizione ingegneristica d’eccellenza, che ha reso possibili opere tra le più complesse al mondo.
Il Ticino ha dato tanto e merita molto di più.