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La Russia attaccherà ancora l’Europa?

Nessuno possiede la sfera di cristallo per sapere se un giorno la Russia attaccherà nuovamente l’Europa. Prevedere con certezza azioni, reazioni e decisioni future di esseri umani, gruppi sociali e Stati è impossibile. Si possono solo immaginare scenari ipotetici. Uno di questi potrebbe essere il seguente: “Gli Stati Uniti non danno più garanzie di difesa al continente europeo. La guerra in Ucraina termina in maniera favorevole per la Russia, con un’Ucraina disarmata e neutrale che ha ceduto parte dei suoi territori alla Russia o trasformata in una nuova Bielorussia. Le sanzioni contro la Russia vengono viepiù allentate. Putin si prende il tempo per riorganizzare il suo esercito continuando ad armarsi. La Russia decide tra qualche anno, per motivi geopolitici, imperiali e di sfere di influenza, di attaccare e invadere i Paesi Baltici, membri dell’Unione europea, della zona euro e della Nato, con una popolazione complessiva di sei milioni di abitanti e un territorio inferiore a un terzo dell’Ucraina. La vittoria permetterebbe alla Russia di ricongiungersi territorialmente con la sua enclave di Kaliningrad attualmente staccata dal resto del Paese, di annettere territori con minoranze russofone che già le appartenevano durante gli imperi zarista e sovietico, di avere il controllo di una parte considerevole del Mar Baltico e, insieme alla Bielorussia e all’Ucraina, dell’Europa orientale. La vittoria potrebbe inoltre provocare la fine definitiva della Nato in caso non scattasse il meccanismo di difesa congiunto”.

La questione non è se questo scenario si realizzerà di sicuro oppure no, ma quanto alto percepiamo e valutiamo il rischio che possa accadere. Il rischio viene valutato più alto nei Paesi Baltici e in generale nel Nord ed Est Europa che non nei Paesi del Sud. Questa differenza può essere causata innanzitutto dal fattore geografico. La possibilità che la Russia aggredisca, ad esempio, l’Italia o la Spagna (o la Svizzera) è infinitamente più bassa che non i Paesi Baltici.

Ma conta anche la storia e la relativa narrazione e rappresentazione che ogni Paese ha della Russia. Per diversi Stati dell’Est e del Nord Europa la Russia rappresenta l’impero zarista e quello sovietico che li hanno invasi, occupati, represso la loro libertà, cultura, identità. L’invasione russa dell’Ucraina ha fatto riemergere drammi e traumi ancora ben presenti nella loro memoria collettiva.

Il fatto di essere favorevoli o meno alla costruzione di una difesa europea condivisa dipende anche e in particolare dalla percezione e dalla valutazione di quanto sia alto il rischio di una nuova aggressione, e da cosa si è disposti a fare di conseguenza per assicurarsi contro questo rischio. Avere in futuro una forte deterrenza militare che convinca Putin che non gli conviene attaccare? O in caso ci provasse avere un esercito che possa vincere una guerra di difesa e resistenza?

Oppure un’Europa disarmata che riprenda a dialogare e fare affari con la Russia, nella speranza che non ci riprovi e non chieda troppe concessioni in cambio? Chi, in nome della pace, giunge ad accettare un’espansione della sfera di influenza russa in Europa spesso non abita in Paesi dell’ex blocco sovietico e/o che erano parte dell’impero zarista. È più facile e conviene di più politicamente essere “pacifisti” in Italia e in Spagna (o in Svizzera) che non nei Paesi Baltici, scandinavi o in Polonia.

Nei continui appelli e critiche all’Europa cosa si chiede veramente al Vecchio continente? Il bene dell’Europa nel suo complesso o solo la difesa e la promozione del proprio interesse personale e nazionale? Esigere un’Europa di pace significa volere la pace e la sicurezza per tutti i Paesi europei, o si sta pensando solo alla propria pace personale e a quella della propria nazione, perché in fondo poco ci importa del destino dei Paesi dell’Est?

Si immagini solo per un attimo che conseguenze potrebbe avere un’invasione vittoriosa dei Paesi Baltici sull’Europa nel suo complesso. Invece della pace avremmo un’altra guerra che, oltre a nuove morti, tragedie e profughi, potrebbe causare lo sfaldamento dell’Unione europea, un ulteriore rafforzamento dei sovranismi, una crisi economica senza precedenti negli ultimi decenni. Che è poi anche l’obiettivo a cui pare puntare l’amministrazione Trump: i singoli Paesi europei trasformati in vassalli politici ed economici dell’imperialismo americano. Quanto è alto il rischio che ciò accada? E se avvenisse sarebbe veramente nel nostro interesse?