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La giustizia dei pesci piccoli

(Ti-Press)

“Troppo potente per essere accusato in un procedimento penale”. Questa frase è stata appena resuscitata in relazione alla distruzione e alla scomparsa del Credit Suisse, la seconda banca svizzera per importanza. È risuonata in occasione del convegno ‘Echi di Storia’, tenutosi recentemente a Lugano. Era il professore Jakob Tanner dell’Università di Zurigo che ripercuoteva questa frase, rammentando come nel nostro Paese l’eco delle catastrofi generate dall’avidità e dalla negligenza si perda in pareti insonorizzate. “La Svizzera è come una grande pancia: è capace di digerire tutto”, mi spiegava una volta uno psichiatra di Zurigo. Il Consiglio federale si è vantato di avere “salvato” il Credit Suisse, in occasione del weekend del 19 marzo 2023, ma soltanto dopo avere assistito passivamente per anni alla distruzione della banca, malgrado fosse stata annunciata nei risultati delle undici inchieste condotte contro i responsabili del Credit Suisse da parte della Finma, che però non ha saputo tirare nessuna conclusione durante tutti questi anni.

Anche le Camere federali sono pronte a digerire tutto: si stanno preparando a fucilare persino la timida proposta di limitare al livello di 3-5 milioni all’anno i bonus criminogeni dei manager delle grandi imprese svizzere. E ciò malgrado la popolazione svizzera avesse reclamato una riduzione massiccia dei bonus in occasione della votazione popolare del 3 marzo 2013, quando intervenni come copresidente con Thomas Minder. “Too big to jail”, traduzione popolare: la giustizia si occupa soltanto dei pesci piccoli. E proprio questa preoccupazione emersa in occasione dell’ultima conferenza stampa del nuovo direttore della Finma, il quale si era preoccupato proprio di respingere il rimprovero di essere “forte con i deboli e debole con i forti”. Infatti la Finma, il Dipartimento federale delle finanze e i Ministeri pubblici della Confederazione e dei Cantoni coinvolti fino ad oggi hanno forse già iniziato una procedura giudiziaria almeno per chiarire le responsabilità, in particolare di quei manager del Credit Suisse che durante gli ultimi 15 anni hanno incassato 42 miliardi di bonus, quando le perdite raggiunsero 30 miliardi complessivamente? L’impunità garantita ai “pesci grossi” rappresenta una minaccia per la cittadinanza, disorientata a causa dell’impotenza del potere legislativo, di quello esecutivo e della Finma nei confronti dei banchieri, ma ancora di più a causa dell’assenza di rendiconto per i responsabili. Ma non siamo soli: la frase “too big to jail” venne inaugurata negli Usa in occasione del disastro finanziario che innescò la recessione economica del 2008: fu l’Attorney General Eric Holdener, nel marzo 2013, in occasione della sua audizione davanti al Senate Judiciary Committee, che pronunciò questa frase (ripresa poi nel libro di Brandon Garret, 2014, ‘How prosecutors compromise with corporations’), dimostrando che le procedure penali contro le grandi imprese sfociavano piuttosto in negoziati finanziari e non in condanne.

Che fare? Formazione e comunicazione: diffondere nelle università e nelle scuole il film ‘Game Over’, accompagnato dal libro ‘Der Fall der Credit Suisse’, che ha saputo spiegare facilmente su carta la distruzione della banca. Si tratta di un libro per il lobbismo a favore di una giustizia efficace e attiva, piuttosto che di una giustizia spettatrice. La condanna di Marine Le Pen rientra nello stesso dibattito: forse le personalità politiche possono pretendere l’immunità? Ogni volta che una personalità politica viene coinvolta in un procedimento oppure in una condanna penale, specialmente per corruzione, subito si sventola l’obiezione: vittima di un processo politico. È sempre necessario rammentare, ogni volta, che i bersagli preferiti sul cammino dell’autocrazia e della dittatura sono, assieme ai giornalisti, i magistrati giudiziari? Ce lo insegna la Storia, come pure l’attualità: la Cina di Xi Jinping, la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan, l’Israele di Netanyahu, gli Stati Uniti di Trump e dei suoi tecno-miliardari. Di fronte al disorientamento della cittadinanza, spaurita a causa dell’avanzata della legge del più forte, bisogna rispondere spiegando che la prima garanzia di libertà risiede proprio nella difesa della separazione dei poteri. “La perte du droit aux droits entraine la perte de la pertinence et de toutes les relations humaines” (Hannah Arendt, 1949).

Questo articolo è stato pubblicato in francese sulla ‘Tribune de Genève’