laR+ I dibattiti

E poi lui disse: andiamocene a casa!

Provo. Provo a ragionare su fatti irragionevoli. Da comune cittadino, da uno che paga regolarmente le tasse, rispetta le leggi e vota regolarmente (trovandosi quasi sempre tra gli sconfitti).

Settimane fa gli onorevoli (?) Gobbi e Zali si sono presentati al Palazzo dei congressi di Lugano per l’apertura dell’anno giudiziario 2025-2026 per ufficializzare, davanti alla magistratura ticinese, l’arrocco fra i rispettivi dipartimenti: arrocco annunciato il giorno prima dal settimanale “che non è l’organo della Lega”. Dal palco, Gobbi ha sentito la necessità (una volta si sarebbe detto “vaghezza”) di dire che «oggi c’è il bisogno di aprire una pagina nuova», mentre il suo sodale Zali ha gridato: «Torno a casa». Apriti cielo! Dura reazione dei partiti (si fa per dire) e polemiche e indignazioni pubbliche.

Due giorni fa (9 luglio) i cinque Consiglieri di Stato, cui spetta la decisione se accettare o meno ciò che per i due leghisti doveva essere una semplice formalità, si sono dati appuntamento in val Bedretto per risolvere il busillis portandosi sulle spalle un “altolà” dei loro rispettivi partiti, Lega esclusa. Avevano due possibili e chiare soluzioni: accettare l’arrogante mossa leghista o respingerla. Ebbene, sorprendendoci ancora una volta (e quasi sempre in negativo), dopo cinque ore di discussioni (un’ora a testa?) i nostri se ne sono usciti con una terza variante: quella del passaggio di Divisioni e competenze tra i due Dipartimenti leghisti: dal 1° settembre a Claudio Zali andranno «temporaneamente» la «conduzione politica della Magistratura e la responsabilità politica della Polizia cantonale»; a Norman Gobbi, «al fine di riequilibrare i carichi di lavoro, la conduzione politica della Divisione delle costruzioni» e il progetto di semplificazione delle procedure nei rapporti con le cittadine e i cittadini, le aziende e i Comuni. Decisione presa «all’unanimità». Così recita lo scarno comunicato offerto graziosamente alle cittadine e ai cittadini ticinesi. I mass-media hanno subito battezzato questa strana (o indecente?) soluzione come un “arrocchino” – parola che, scommetto, diventerà ‘la parola dell’anno 2025’ – e i partiti, pur esprimendo scetticismo, «si rimettono alla scelta del Governo» (Dante li avrebbe spediti subito subito nell’Antinferno, tra gli ignavi).

Proviamo a ragionare (“ragiona”, gridava il mio allenatore di calcio quando militavo con successo nel Gambarogno in prima divisione). Cosa avrà spinto i cinque ministri verso questa soluzione? Probabilmente il quieto vivere, dovendosi ritrovare settimanalmente, dopo le vacanze, attorno allo stesso tavolo fino all’aprile 2027. Certamente non il bene per il Paese. Questa strana soluzione mi ravviva ricordi recuperati da un mondo che conosco bene, quello della scuola; in particolare certe discussioni che a giugno avevo con (pochi) docenti, i quali pretendevano che io costruissi l’orario scolastico dell’anno nuovo non mettendo avanti, come è sacrosanto, le esigenze degli allievi e delle classi, ma le loro. Il mio quieto vivere andava ogni estate in frantumi.

“Tutti per uno, uno per tutti” è un motto famoso, ricavato dalle pagine di un capolavoro della letteratura universale, che può assumere un senso positivo o negativo a seconda dalle scelte compiute dai singoli. L’impressione mia è che, anche questa volta, il senso sia negativo perché la scelta fatta dai cinque consiglieri è stata fatta per il bene proprio, in particolare per i due leghisti, e non per il bene di tutti.

Provo a cercare delle attenuanti da mettere sul banco della difesa sotto forma di veloci punti, che andrebbero approfonditi.

1. Le prossime elezioni cantonali 2027 vedranno la stessa ripartizione partitica in governo. 2. Unica variante: la possibilità che l’uddicì Piero Marchesi prenda il posto di Zali e ciò spaventa tutti, non solo il diretto interessato, perché Marchesi è “destra-destra”. 3. Con l’assegnazione della «temporaneamente conduzione politica» della Magistratura e della Polizia cantonale verrebbe puntellata la poltrona di Claudio Zali e l’Udc avrebbe meno argomenti, salvo quella dell’antipatia (che pare stia dilagando). 4. Andiamo a casa, che è meglio.

Dopo questo "arrocchino" tutti e cinque andranno anche loro in vacanza: a noi importa poco dove, tanto (apparentemente?) non stanno facendo gli interessi del nostro Paese. Ma forse avranno modo e tempo di gustare un formaggino, quello sì, del nostro Ticino. Prelevo da un libricino che sto amorevolmente curando (uscirà a fine anno) questa riflessione linguistica: "... Molto indirette invece le responsabilità di S. Carlo Borromeo nella denominazione di un formaggio ben maturo; quasi rancido, prodotto in origine con latte di capra: un incomprensibile esito sigerlin (Zieger) diventa sui confini prealpini "sancarlin"...

C’entra poco, è vero, ma questo arrocchino c’entra forse con l’arte del governare?