Di fronte al comportamento inaccettabile di due membri del Consiglio di Stato e all’arrendevolezza degli altri, molti si sono chiesti se l’elettorato abbia scelto bene i propri governanti o se debba essere aiutato a scegliere meglio, modificando il sistema elettorale. La discussione è però viziata da vari equivoci sul termine, che può indicare sistemi molto diversi.
C’è chi chiede il maggioritario di tipo parlamentare (in uso per esempio in Italia, Germania e Regno Unito): il partito (o più spesso ormai, la coalizione) che ha la maggioranza in parlamento designa una persona (il primo ministro) che poi sceglie i suoi collaboratori in governo. Vantaggi: la famosa governabilità, nel senso che chi è al governo ha la possibilità di realizzare il suo programma elettorale. L’alternanza, nel senso che le persone al comando cambiano con il tempo. Svantaggi: si vota per un partito e il suo/la sua leader; governo forte nella misura in cui gli alleati di coalizione o le correnti interne non mettano in crisi il governo; il prossimo governo (di un altro colore) cercherà di disfare quello che il precedente ha realizzato. In Svizzera, e in Ticino, è un modello impraticabile per la separazione dei poteri legislativo ed esecutivo che sono eletti separatamente.
C’è il maggioritario “alla svizzera”: il parlamento è eletto secondo il sistema proporzionale (con soglie di sbarramento più o meno esplicite). Il governo è eletto direttamente dalla cittadinanza: sono nominate le cinque persone (da noi) che hanno ricevuto più voti. Vantaggio: si scelgono direttamente le persone che sono quindi più responsabilizzate per il rischio di non essere rielette. Svantaggio: si tratta ancora di governo di concertazione perché i cinque non condividono necessariamente lo stesso programma. Le differenze con il sistema in vigore in Ticino non sono però così rilevanti come alcuni sperano.
Un partito (o un gruppo di persone) con una maggioranza relativa potrebbe eleggere i suoi cinque candidati. Questi godrebbero però dell’appoggio del parlamento solo se il loro gruppo/coalizione di riferimento avesse una maggioranza anche lì. La governabilità è dunque messa in dubbio da un lato dalla difficoltà di lavorare con un parlamento disomogeneo e dall’altro dal diritto di referendum contro ogni decisione combattuta dall’opposizione. È noto il tentativo di Ginevra, miseramente fallito e non più ripreso. Nel modello svizzero, quindi, ogni gruppo propone pochi candidati, accettando di ottenere una rappresentanza in governo quasi proporzionale (le varie “formule magiche” o di “proporzionale volontario”). Positivo è senza dubbio il fatto che le elette e gli eletti siano stati scelti personalmente. Per esempio nel Canton Zurigo Mario Fehr, dopo essere stato abbandonato dal Ps, è stato riconfermato con una campagna personale. Ma si tratta di un caso molto particolare: in generale per una persona senza un forte gruppo di sostegno e senza i mezzi necessari per una campagna elettorale, è quasi impossibile farsi eleggere.
Poco apprezzato è il numero ridotto di candidature. Nella Città di Zurigo è recente la discussione per le candidature al Municipio per il Ps: l’assemblea (per nove posti) ha riconfermato due uscenti e due nuovi tra le persone più conosciute e attive all’interno del partito, lasciando fuori una candidata con radici migratorie, celebrata dalla base come possibile novità. Il Centro, che non ha municipali in carica, ha presentato una sola candidata. In Ticino ogni lista propone cinque nomi: il numero di candidature è quindi notevole. Anche se è vero che spesso si tratta di candidature riempitive o per acchiappare voti di simpatia. Non è però rara l’elezione di chi non era il più gettonato nei pronostici. Qualsiasi sistema si scelga, in Svizzera i membri di un governo a ogni livello devono realizzare la concertazione senza scadere nel dipartimentalismo e trovare l’appoggio parlamentare senza maggioranze prefabbricate. Un compito non facile, ma degno di uomini e donne di Stato che meritano questo titolo.