La replica di Fiorenzo Dadò non entra nel merito dei fatti e si limita ad attaccare la mia persona con sarcasmo e insinuazioni. È un metodo che impoverisce il dibattito e banalizza un tema tragico che merita serietà. Dadò non mi conosce, non conosce la mia storia né le mie posizioni. Mentre lui faceva politica dal salotto di casa, io ho lavorato come medico in Africa, in zone remote e difficili, salvando vite umane e costruendo reti vaccinali. Ho collaborato anche con medici palestinesi di Gaza, persone di grande valore impegnate come me per i pazienti. Per questo trovo offensivo che mi definisca “fanatico” o “bugiardo” senza sapere nulla di me.
Sì, la guerra è orribile e i primi a soffrire sono i civili, palestinesi e israeliani. Sì, credo anch’io che Israele abbia risposto in modo sproporzionato. Ma proprio per rispetto delle vittime, cerco di spiegare la complessità di un conflitto che non ha una parte sola “con la ragione”. A proposito di genocidio, suggerisco al presidente del Centro di leggere bene: non esiste alcuna sentenza che abbia condannato Israele per genocidio. La Convenzione Onu ne dà una definizione precisa e usare questa parola a sproposito finisce per svuotarla di significato, mettendo in ombra i veri genocidi storicamente accertati: la Shoah, quello degli armeni e quelli avvenuti nei campi/gulag dei regimi socialisti.
Ripeto anche qui: l’associazione Svizzera-Israele è apolitica e civile, con soci provenienti da tutto l’arco politico – incluso del suo partito, la sinistra e la destra –. È una delle associazioni più grandi del Ticino e, se Dadò avesse letto il nostro statuto, avrebbe visto che fra i nostri obiettivi ci sono pace e convivenza. Noi sosteniamo qualsiasi processo di pace che porti alla convivenza tra tutti i popoli della regione, che possano vivere in pace, sicurezza e democrazia. E contrariamente a quanto sostiene il deputato dell’ex Ppd, non abbiamo perso membri: ne abbiamo guadagnati. All’ultimo nostro evento, appena un mese fa, erano presenti oltre 300 persone (il massimo che la sala consentiva). Vi hanno partecipato anche presidenti di molte associazioni ed esponenti religiosi che insieme rappresentano centinaia di persone: tutti hanno espresso solidarietà alla nostra associazione e al lavoro che svolgiamo. Se fosse venuto, avrebbe visto un dibattito vivo e civile, dedicato a pace, convivenza e contro il terrorismo e l’antisemitismo, con la partecipazione anche di una giornalista iraniana dissidente. Forse altri conflitti a Dadò non interessano, ma a noi sì.
Il punto centrale del mio scritto era semplice: costruire una pace fondata sulla verità, sulla dignità e sui diritti di entrambi i popoli. Il presidente del Centro ha preferito ignorarlo per scivolare negli attacchi personali. La verità è che questa guerra poteva finire mesi fa con la liberazione degli ostaggi e il disarmo dei terroristi: gli stessi che hanno lasciato una lunga scia di sangue anche in Europa. La pressione non andava esercitata solo su Israele, ma anche sul governo del Qatar, che ospita i capi di Hamas e della Jihad islamica in alberghi a cinque stelle e li finanzia. E se vogliamo distinguere fra un governo e un Paese, Israele è una democrazia con una forte opposizione, un sistema giudiziario indipendente (i giudici non sono nominati dai politici) e milioni di cittadini che da due anni protestano ogni settimana contro il governo. Che provi piuttosto a fare un reportage dalla Russia o da altri regimi e capirà bene la differenza.
Infine, la storia insegna quanto sia pericoloso diffondere informazioni non confermate. L’antisemitismo è sempre nato da menzogne: dall’accusa di deicidio per la morte di Gesù, ai falsi “Protocolli dei Savi di Sion”, dall’Affare Dreyfus fino a oggi. Anche ora parole usate senza rigore, accuse non fondate e definizioni improprie rischiano di alimentare di nuovo quell’odio. La responsabilità di chi fa politica e opinione dovrebbe essere quella di prevenire, non di accendere, questi incendi. E se vogliamo citare autori e intellettuali, oltre ai nomi già richiamati, suggerisco di leggere anche Pier Luigi Battista, Maurizio Molinari, Paolo Mieli, o sul tema dell’antisemitismo Sergio Della Pergola – che purtroppo nessuno in Ticino sembra interessato a intervistare –. Quanto a David Grossman, è stato nostro ospite a Lugano: lo conosco personalmente da anni e so quanto abbia sofferto, avendo perso un figlio nell’esercito israeliano. Come tutti noi, parla di pace. E come mi disse lui stesso in un incontro recente: “Se quello che accade a Gaza sarà chiamato genocidio, sarà moralmente grave per Israele”. Non dobbiamo manipolare le sue parole.
Per questo chiedo anche a Dadò, ai partiti e alle associazioni di unirsi a noi su una piattaforma comune: per chiedere la fine della guerra, la liberazione degli ostaggi, il disarmo dei terroristi e l’avvio al più presto di un processo di pace che porti tutti i popoli della regione a vivere in pace, sicurezza e democrazia.