È già da un po’ che la PACE soffre di torcicollo a furia di doversi girare dall’altra parte. Ora a Bellinzona leggo che soffre anche dei postumi da protocollo, disturbo che le impedisce di stare esposta alle correnti e alla luce del sole. La risposta del Municipio di Bellinzona a due consiglieri comunali che si chiedevano come mai la bandiera della pace fosse sparita dal balcone di Palazzo Civico, ha il sapore della formula magica o della mossa per svicolare: “Questione di protocollo”.
La bandiera è stata esposta (un po’ “obtorto collo”), per Ucraina e Palestina. Ora secondo il Municipio “può bastare” come se i conflitti nel mondo fossero evaporati. Pacificamente insisto anche io sulla necessità di parole resistenti, come la parola PACE, sul bisogno di coltivarle con pazienza. Mi auguro che la bandiera della pace torni a sventolare per dar coraggio a un modo rispettoso e poetico di sognare e abitare il mondo. Per questo invito il Municipio a ripensare alla possibilità di esporre a Palazzo la bandiera della pace, a ricollocarla, a colloquiare con questa utopia.