Il caso Medacta riporta alla luce un problema che affligge il nostro cantone, e in particolare il Mendrisiotto: aziende di successo, con fatturati milionari, che offrono stipendi insufficienti a garantire una vita dignitosa ai lavoratori indigeni. Un ingegnere con cinque anni di esperienza che guadagna meno di 4’000 franchi lordi è un segnale chiaro di un sistema che punta al massimo profitto senza valorizzare le persone.
Il Mendrisiotto è la regione più esposta al dumping salariale: la vicinanza al confine rende facile il ricorso a manodopera a basso costo, mettendo sotto pressione gli stipendi di tutti. Non è un caso se ogni anno 800 giovani lasciano il Ticino per trovare migliori opportunità altrove.
Non possiamo più permetterci di ignorare questa realtà. Serve un’inversione di rotta, misure concrete che vadano a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici ticinesi, come ad esempio l’implementazione immediata dell’iniziativa per un salario minimo sociale proposta dal Partito Socialista e che è stata sottoscritta da oltre 12mila cittadini. Il mercato del lavoro ticinese deve smettere di competere al ribasso e iniziare a valorizzare chi lavora, garantendo stipendi dignitosi e condizioni eque. Solo così potremo fermare la fuga di talenti e costruire un’economia sostenibile, basata sulla qualità e sul rispetto delle persone, non sul loro sfruttamento.