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Salute mentale: il silenzio che fa rumore

In un’epoca in cui comunichiamo in continuazione, c’è ancora un tema che resta troppo spesso chiuso nel cassetto: la salute mentale. Ed è ora di aprirlo, quel cassetto, una volta per tutte. Viviamo in un mondo che non si ferma mai. Produciamo, corriamo, postiamo, rispondiamo, lavoriamo fino a tardi, sorridiamo anche quando dentro stiamo crollando. Eppure, quando si parla di salute mentale, il silenzio è ancora assordante. È come se ci fosse una vergogna nascosta dietro ogni parola non detta, dietro ogni “sto bene” che in realtà è un grido soffocato.

La depressione, l’ansia, gli attacchi di panico, il burnout… non sono capricci né debolezze. Sono problemi reali, quotidiani, che colpiscono milioni di persone – giovani, adulti, anziani – senza distinzione di genere, età o condizione sociale. Eppure, se hai una gamba rotta, tutti ti chiedono come stai. Se hai il cuore a pezzi, spesso nessuno se ne accorge. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una persona su otto nel mondo convive con un disturbo mentale. Ma il dato più inquietante è che molti non chiedono aiuto. Non lo fanno per paura, per vergogna, per mancanza di ascolto. Non lo fanno perché la società non li ha mai invitati davvero a farlo.

E allora perché se ne parla così poco? Forse perché è più facile ignorare ciò che non si vede. Forse perché parlare di fragilità fa ancora paura. Ma la salute mentale è salute. E come tale merita attenzione, cura, risorse. Merita politiche pubbliche dedicate, spazi sicuri dove potersi aprire senza essere giudicati, professionisti accessibili anche a chi non può permettersi costose terapie private. Serve un cambio di rotta culturale. Serve educazione emotiva fin dalle scuole. Serve che i media smettano di trattare il tema solo quando succede una tragedia. Serve che ognuno di noi impari a chiedere: “Come stai davvero?” – e ad ascoltare la risposta, senza fretta. Parlare di salute mentale non è solo importante: è necessario. Perché il silenzio non ha mai guarito nessuno.