Già: dazi del 39% sulle merci svizzere in entrata negli Usa. Enorme. E non è finita perché l’industria farmaceutica è ancora minacciata. Per la nostra industria d’esportazione si preannunciano tempi duri. Questa mossa del presidente degli Usa smentisce clamorosamente l’ottimismo del Cf e della Presidente, convinti come molti altri dell’invulnerabilità della Svizzera grazie ai buoni rapporti con gli Usa, al fatto che le nostre industrie negli Usa danno lavoro a ben 400’000 persone, agli acquisti di F-35 e Patriot, alla similitudine con il caso della Gran Bretagna, alla vicinanza con l’Ue, al sostegno a Israele ecc.
Qui si continua a credere servilmente e ingenuamente alla buona fede degli Usa che in realtà fanno solo i propri interessi e furbescamente stanno tentando di nuovo di scaricare sul resto del mondo i propri debiti contratti vivendo per decenni al di sopra delle proprie possibilità. Il classico esempio di questa ingenuità è rappresentato dalla politica finanziaria della Bns che ha investito la stratosferica somma di 300 miliardi di dollari in obbligazioni statali Usa: questo investimento strampalato ha già creato un’enorme perdita e altre sono prevedibili perché è plausibile che in futuro gli Usa ripagheranno i loro debiti… però con dollari ridotti a carta straccia. Ovvio che vicende passate come le dot com, i subprime, Nordstream e il gas liquefatto ecc. non hanno insegnato proprio niente. A questo punto, considerando che l’Ue ha ottenuto dazi al 15%, vien quasi da dire che forse era meglio essere membri dell’Ue o che forse valeva la pena continuare a comprare il gas russo, affidabile, buono e a buon prezzo. A questo punto, senza un cambio di rotta, non ci resta che strisciare fino a Washington e forse anche fino a Bruxelles. I veri amici si vedono nei dazi.