laR+ Lettere dei lettori

Però avevano i vestiti

Un ragazzo cresce in una famiglia cattolica. I genitori, desiderosi di dare al figlio un’istruzione scolastica e religiosa di qualità, lo iscrivono al Collegio Papio di Ascona. Sono convinti di fare per lui il meglio.

Qui il figlio trova un “sacerdote”: si presenta bene, è gioviale, empatico, all’ascolto, si siede sull’erba con i ragazzi, riveste una carica di rilievo all’interno della Chiesa. Li accompagna nelle gite, è onnipresente, si conquista la fiducia degli allievi.

I ragazzi vedono in lui un modello, adatto a loro sia per coloro che hanno la fortuna di venire da un ambiente sano che per quelli più sfortunati. Il “sacerdote” agisce con metodi predatori: si prende il tempo, osserva, non se li lascia scappare. Poi passa all’attacco: il suo avambraccio diventa il prolungo della sua mente criminalmente corrotta, malata. I ragazzi sanno che non è corretto. Anche loro si prendono il tempo. Ma è un tempo di paura e di delusione. Riescono a parlare con il Vescovo. Sfortuna vuole che egli sottovaluta (?) la gravità dei fatti. Non se ne fa nulla. Viene nominato il nuovo Vescovo. I ragazzi non si scoraggiano e tornano alla carica. Parte la denuncia, l’arresto e il carcere. Si arriva al processo. Il “nostro” tiene sempre la testa bassa e gli occhi chiusi: che coraggio(so)! Arriva la richiesta di pena, si tira un piccolo sospiro di sollievo. La giustizia esiste ancora. Poi la sentenza: è libero da subito anche se dovrà seguire un percorso rieducativo (in ambito ecclesiastico?). Infine, tra le motivazioni di una pena così blanda si legge: le vittime erano vestite! Difficile non pensare che la giustizia in effetti in questo caso, a mio modo di vedere, sia stata estremamente “caritatevole”.